Capitolo 27 - L'Assassina

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La partenza per Malibu è arrivata prima di quanto pensassi.

Il tempo mi è scivolato via tra le dita.

Da sempre la mia ansia mi ha portata a essere spaventata dagli esami, a pensare di non farcela, di non essere all'altezza; ma poi, in un modo o nell'altro, grazie alle mie capacità, sono sempre riuscita a portare a termine, con ottimi risultati, tutte le sfide che la vita mi presentava davanti.

Nelle situazioni di forte ansia emotiva come questa mi sono sempre detta per calmarmi: qualunque cosa accada

Questa volta il mio mantra è stato qualunque cosa accada domani sarai in viaggio per Malibu. Ho sempre avuto la necessità di sperare in qualcosa, di credere che dopo la pioggia viene l'arcobaleno, o che dopo una notte buia c'è sempre un'alba luminosa, o altre stronzate del genere. Malibu sembrava la scelta perfetta in questa occasione ma, ora che sono libera dalle incombenze degli esami, comincio a chiedermi: chissà cosa mi aspetterà davvero?

La mia ansia è capace di rinnovarsi costantemente perciò, una volta arrivata a casa dei Cook, sono certa che inizierò a ripetere a me stessa qualunque cosa accada tra tre giorni sarai di nuovo alla Usc e, poi, non appena sarò tornata all'università, la voce nella mia testa diventerà qualunque cosa accada a Natale vedrai papà e poi ancora così... per sempre. 

Come l'eterno ritorno di Nietzsche, come l'Uruboro sul petto di Jay, la mia ansia mangia la sua coda e si rigenera, non cessando di fatto mai di esistere.

Le pillole che ingoio come caramelle sono fondamentali perché non mi fanno tremare la voce, sudare le mani, venire i crampi allo stomaco, la bocca asciutta, il cuore palpitante e tante altre cose... ma in fondo, non mi allontanerò mai davvero da quella che sono. Puoi togliere i sintomi dell'ansia da Eva, ma non potrai mai togliere Eva dal suo stato d'ansia. 

"Ci sarà mai una luce in questa oscurità? 

Un fuoco che faccia riattizzare la mia anima [...]

 Non so com'è iniziata e non so come finirà.

 So che c'è. 

Ma ci sono anche io".

«Dai su Eva, è la quinta volta che JJ mi chiama, dobbiamo andare. Sei sempre in anticipo di solito, proprio oggi che dobbiamo partire devi essere in ritardo» Mora bussa insistentemente alla porta della 806.

Mi ridesto dai miei pensieri e comincio a terminare la valigia che non avevo avuto tempo di completare prima. Soltanto stamattina, infatti, ho dato l'ultimo esame di questa prima sessione intermedia, terminando finalmente la mia settimana di totale disperazione.

Butto alla rinfusa un po' di vestiti nel trolley. Cerco di portare con me gli abiti più eleganti che possiedo, non sono mai stata a Malibu, ma ho la netta sensazione che sia un ambiente molto più elegante di quelli che ho frequentato finora qui in California.

Do frettolosamente un bacio a Kate, che è ancora più incasinata di me nella preparazione del suo bagaglio per la sua imminente partenza per le Hawaii, e mi avvio con la mia valigia cigolante verso l'auto.

«Finalmente principessa» mi canzona JJ, aprendomi la portiera e prendendo in consegna le mie cose per posizionarle nel bagagliaio della Porsche di Jay.

«Ciao ragazzi, scusate il ritardo ma dopo l'esame sono crollata e non mi sono resa conto dell'orario».

Se c'è una cosa che odio è proprio essere in ritardo, di solito sono pronta sempre almeno mezz'ora prima dell'orario in cui ho fissato un appuntamento, ma questa volta proprio non ce l'ho fatta. Lo stress dell'ultimo giorno è stato tale che neanche due pillole prese una dopo l'altra hanno avuto alcun effetto sui miei nervi. Sentendomi ancora eccessivamente agitata, pur avendo già superato la dose consigliata, decido di ingoiare una terza pasticca. Mora mi ha raccontato cose abbastanza angoscianti sui suoi genitori, perciò il pensiero di passare dei giorni con loro, tra l'incudine e il martello, mi causa non poca ansia. Rilassarmi il più possibile, prima del nostro arrivo, è quasi vitale per me. Non reggerei una situazione simile se non fosse per le pillole.

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