Capitolo 14- L'origine del mio nome

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Sono passati due giorni dalla sera del compleanno di Kate e, sebbene io sia stata molto impegnata con le lezioni e con un test a sorpresa di arte medievale - che per poco non mi ha causato un esaurimento nervoso istantaneo - non ho mai smesso di pensare al labbro sanguinante di Jay. Quando ho chiesto spiegazioni a Luke, è stato laconico, esattamente come l'altro quando Jaimie ha tentato di avere più informazioni riguardo il loro diverbio. 

Il timore di poter essere stata la ragione del loro ennesimo scontro non ha fatto altro che disturbare il mio sonno. Non ho sognato neppure la mia consueta caduta dalla scala, ma solo immagini tormentate di bassorilievi medievali coperti di sangue. 

Beh, è stato piuttosto semplice unire due dei miei attuali tormenti in un incubo solo.

Mia madre ha sempre amato l'arte medievale e per quanto io abbia tentato negli anni di appassionarmi a ciò che tanto le interessava, non ci sono mai riuscita. Se dovessi scegliere tra la Madonna con il Bambino di Cimabue e anche il dipinto più banale del XV secolo, sceglierei sempre e comunque la seconda opzione.

Il professor Caulfield, lunedì mattina, si è presentato a lezione prima del previsto e già questo aveva cominciato ad agitarmi, infatti sentivo fin dentro le ossa che qualcosa sarebbe accaduto. Aveva poi proseguito distribuendo a ciascuno di noi un'immagine di un dettaglio di un'opera d'arte, dandoci tempo un'ora per descrivere esattamente quello che vedevamo, tentando una proposta di datazione, di autore e di contesto geografico. Fortunatamente mi è capitato un secchiello liturgico di età Ottoniana che ho riconosciuto subito, soltanto perché in realtà lo avevo già visto in un libro in passato. Purtroppo però non credo che la sezione dedicata alla lettura iconografica sia stata altrettanto all'altezza.

La paura di fallire mi insegue ovunque io vada, come un'ombra scura attaccata alle mie gambe. Continuo a fuggire, ma essendo una parte di me, non ha neanche bisogno di rincorrermi per raggiungermi.

Oggi, ho deciso di saltare la prima lezione della giornata perché l'ansia della correzione del test non mi avrebbe comunque permesso di essere minimamente attenta. Jay si è offerto di prendere appunti per me e di portarmeli nel pomeriggio, così da proseguire un po' il nostro progetto per il corso di storia. Tra l'altro questo periodo si sta rapidamente trasformando in un incubo, considerando che all'inizio della prossima settimana dovremo presentare davanti a tutta la classe la prima parte del nostro elaborato.

«È occupato?».

Mi volto di scatto verso il mio interlocutore, mi capita sempre troppo spesso di perdermi nei miei flussi di coscienza e di non rendermi conto di ciò che accade intorno a me.

Una ragazza dalla pelle chiara, con grandi occhi di un azzurro scuro troppo bello finanche per descriverlo e lunghi capelli castani, mi guarda, sorridendo in attesa di una mia risposta.

«C-certo» abbozzo un sorriso, ripresami appena dal mio lungo riflettere.

«Piacere, mi chiamo Sophie» mi porge la mano in attesa che io gliela stringa.

«Eva» annuncio con voce roca, mentre ricambio cordialmente il suo gesto. Quando la mia mano tocca la sua, lei si sporge, stampandomi poi ben tre baci sulla guancia.

Mi viene automatico guardarla un po' stranita, considerando che qui in America è inusuale presentarsi a qualcuno così.

«Perdonami, dimentico sempre che non sono più in Francia e che la bise qui non si usa».

«Oh sul serio, sei francese? Io sono italiana» pronuncio con entusiasmo, come se le due nazioni fossero un tutt'uno. Ho sempre desiderato conoscere altri europei qui alla Usc e non mi sembra vero di poter finalmente parlare con lei che tra l'altro, per essere qui, deve anche frequentare il mio stesso corso di laurea.

The Art Of Being ArtWhere stories live. Discover now