Capitolo 0.1 - Matricola

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Note alla lettura di TAOBA (23/07/2023): i primi tre capitoli sono ambientati un anno prima della storia effettiva, e servono per darvi il contesto di partenza della nuova vita di Eva in America e per mostrarvi la differenza tra un prima e un dopo che poi avrete modo di comprendere meglio. Non sono molto fiera dell'inizio, ma posso assicurarvi che man mano andrete avanti tutto diventerà più intenso. Grazie e buona lettura.

ps. Questa Pirandello l'avrebbe definita premessa a mo' di scusa e io mi scuso per questo inizio non all'altezza del resto.

Sono su una piattaforma rialzata.

Non riesco a vedere, malgrado mi stia sporgendo al massimo delle mie possibilità, quanto sia in alto il punto in cui mi trovo sospesa.

L'unico modo per scendere da questa esigua superficie è attraverso una scala a pioli.

Peccato, però, che io abbia paura delle scale.

Deglutisco.

Mi giro di spalle, provando a concentrarmi sul cielo chiaro che si staglia tutto intorno.

Provo a respirare.

Inspiro ed espiro, più volte.

Dopo un po', mi autoconvinco di essere pronta, pertanto decido sia giunto il momento di tentare di scendere.

Appoggio prima il destro e poi il sinistro.

Un passo, poi un altro.

Ce la sto facendo, mi dico.

Un rumore metallico, però, mi contraddice all'istante.

La scala si stacca ed io, ancora ancorata ad essa, precipito nel vuoto.

Sobbalzo nel letto.

Era solo un incubo, mi ripeto come fosse una cantilena.

Ormai, ciclicamente, alla vigilia dei momenti più importanti della mia vita faccio sempre lo stesso sogno.

Mai, in tutti questi anni, sono riuscita a scendere da quella scala.

Mi alzo dal letto, trascinandomi verso il bagno.

Mi siedo controvoglia sul water gelido.

Alzo lo sguardo alla ricerca della mia immagine.

«Ho l'aspetto di chi non conosce vittoria» affermo, fissando il mio riflesso perennemente sconfitto.

Ho delle occhiaie profonde e il viso di un color bianco cadaverico.

Sono arrivata a Los Angeles da ormai due giorni, ma ancora non mi sembra possibile abituarmi al fuso orario. Ho trascorso le ultime quarantotto ore dormendo in maniera disordinata, appisolandomi a qualsiasi ora del giorno e della notte.

Il mio udito infallibile mi segnala, malgrado il rumore dello scarico, una lieve vibrazione provenire dall'altra stanza. Mi trascino a prendere il mio cellulare, per controllare chi sia il mittente di questa improvvisa telefonata.

Il display si illumina con la scritta Sconosciuto.

«Pronto?»

«Parlo con Eva Neri?» mi domanda, dall'altro capo della cornetta, una voce che non riconosco.

«Sì, sono io» rispondo, con un tono che tradisce il mio sonno interrotto.

«Buongiorno, sono la signora Devon dalla University of Southern California, le volevo comunicare che il suo piano di studi è pronto e che può ritirare dalle dodici la chiave della stanza del suo dormitorio all'edificio C20», ripete quello che immagino essere diventato per lei un copione.

The Art Of Being ArtWhere stories live. Discover now