Capitolo 24 - Polvere e macerie

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EVA

9 Novembre ore 2.35

«Mi hai sentito? Che cazzo ci fai qui?».

Luke mi rivolge un sorriso inquietante, mentre fa un passo in avanti per entrare nella mia camera. Prontamente, capendo perfettamente le sue intenzioni, gli sbarro l'accesso, frapponendomi tra la porta e l'uscio. Nell'avvicinarmi a lui sento un forte odore di alcool.

«Fammi entrare» annuncia convinto, con un fare un po' troppo autoritario per i miei gusti.

«Ma col cazzo che entri» non riesco a farmi capace del fatto che sia qui, va bene che è ubriaco, ma gli è forse andato di volta il cervello?!

«Sei con lui eh?!» alza la voce, brandendo un dito verso di me.

«Ma lui chi? Tu non stai bene, buonanotte!» faccio per sbattergli la porta in faccia ma il suo piede si inserisce scaltro prima che io possa chiuderla. Così facendo non solo riesce a bloccarla, ma con una spinta la apre, facendomi leggermente balzare all'indietro.

«L'ho visto uscire poco fa, è qui dentro».

«Mi stai facendo paura, qui non c'è nessuno, sono sola» decido di lasciarlo entrare cosicché possa controllare da solo, magari si calmerà. 

Non capisco cosa gli sia preso, ma poi a chi si riferisce, a Jay?

«É a piedi, magari ancora non è ancora arrivato, ti dispiace se lo aspetto qui?» ecco che nuovamente quel ghigno gli compare sul volto.

«Certo che mi dispiace! Non voglio che resti, devi andare, davvero... non costringermi a chiamare i ragazzi» provo a essere il più ragionevole possibile, ma non voglio continuare a stare da sola con lui. Il suo atteggiamento mi sta spaventando. Mi sembra che in lui stiano convivendo in questo momento mille personalità diverse, tutte però ugualmente ambigue e malvagie.

«Ah, i ragazzi! Intendi quell'esercito di idioti che ti scopi?» scoppia a ridere in una maniera inquietante, quasi diabolica.

«Sei più ubriaco di quello che pensavo! Tu hai il coraggio di venire qui e parlarmi in questo modo?» la paura lascia spazio al nervosismo. Non gli permetterò di insultarmi ancora, l'ha già fatto più volte questa sera, ma adesso non sono disposta a tollerare altro.

«Stai riprendendo le pillole noto» constata con una punta di cattiveria «avresti dovuto continuare a prenderle anche quando stavi con me, non avremmo fatto questa fine».

«Adesso sarebbe colpa mia?!» mi volto dandogli le spalle, ora sono io a non riuscire a trattenere le risate.

«Tu sei due persone, prima o poi lo scopriranno anche "i ragazzi" chi sei veramente» mima delle virgolette con le dita, ironizzando volutamente sull'appellativo che ho utilizzato per chiamare i miei amici «lo scoprirà anche lui e ti tratterà come ha trattato Beth. Sarai presto un mio avanzo che non gli piacerà più».

«Non credo siano affari tuoi» mi sistemo una sigaretta tra le labbra. Mi sta facendo arrabbiare talmente tanto che mi è venuta un'incontrollabile voglia di fumare.

«Sono affari miei dal momento che io sono quello che qui ti conosce meglio, e anche più a fondo, direi» sembra che con queste parole stia alludendo più alla sfera sessuale che non ad altro.

«Non credo, penso che lui mi conosca molto più di te, se proprio lo vuoi sapere».

Avanza verso di me, mi strappa la sigaretta dalle mani e la getta per terra pestandola nervosamente con la suola. Nel fare tutto ciò si spinge molto oltre il limite, arrivando a un palmo dal mio naso.

The Art Of Being ArtWhere stories live. Discover now