Capitolo 9 - Preziosa

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Sono su una piattaforma rialzata.

Il cielo sopra di me è pieno di nuvole scure e minacciose.

In lontananza, vedo un fulmine abbattersi su un albero.

L'albero crolla al suolo irrimediabilmente reciso.

«Eva» una flebile voce mi chiama.

«Eva» continua a insistere, ma non capisco da dove provenga.

«Chi sei?» domando al vento, mentre mi volgo a destra e a sinistra.

«Chi sei?» ripeto, quando non odo risposta.

«Eva scendi, solo tu puoi salvarmi» un sussurro arriva alle mie orecchie, è solo in quel preciso momento che la riconosco.

«Mamma?!» grido più forte che posso.

«Mamma dove sei?» mi agito.

Corro da una parte e dall'altra della piattaforma, ma lei non c'è.

«Devi scendere Eva, sono qui sotto. Ti sto aspettando amore, scendi!» finalmente riesco a sentire chiara la sua voce, è forte, mi sta supplicando.

Devo affrontare nuovamente la scala.

Nel frattempo, una goccia di pioggia mi riga il volto.

Alzo lo sguardo verso l'alto e sul mio viso cominciano ad abbattersi rapidamente una miriade di gocce.

Non ci faccio caso, cerco la scala.

È lì in un angolo della piattaforma ad aspettarmi.

Sono troppo determinata a raggiungere mia madre.

Non ho nessuna paura, questa volta ce la farò, per lei.

Comincio a scendere verso il basso, senza mai guardare giù.

La pioggia nel frattempo si è fatta ancora più insistente.

A ogni passo sono sempre più vicina a mia madre, ma le mie mani si fanno sempre più madide, così come i pioli della scala.

«Eva ci sei quasi, sono qui» sussurra di nuovo.

«Arrivo mamma» riesco a pronunciare tra i singhiozzi.

L'acqua diventa troppo forte, mi impedisce di vedere.

La presa è troppo scivolosa.

Perdo aderenza.

E come sempre, crollo rovinosamente.

Apro gli occhi di scatto.

So che sto urlando, ma sono come paralizzata, non riesco a sentire nemmeno la mia voce.

«Eva sono qui, è solo un incubo» le braccia di Kate mi cingono forte a sé.

Sento le lacrime scendere prepotentemente dagli occhi.

Non ho nessun controllo di quello che sta accadendo.

Non mi era mai capitata una versione così terribile del mio sogno.

 Sono anni che di notte si ripete nella mia mente allo stesso modo, anche se, da quando sono venuta negli Stati Uniti, la frequenza si è intensificata. Ormai, mi ritrovo su una piattaforma, un tetto, un trampolino, un traliccio ogni volta che, chiudendo gli occhi, mi lascio andare. 

Mai prima d'ora però c'era stato qualcuno di sotto a chiamarmi. 

Mai c'era stata mia madre.

Comincio a singhiozzare, ancora incapace di pronunciare anche solo una parola.

The Art Of Being ArtWhere stories live. Discover now