E a quel punto non mi importava di averle detto implicitamente che la amavo... Perché in fondo, sapevo sin dall'inizio anche di amarla.

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MOE.

Ormai avevo smesso quasi del tutto di piangere, anche perché, dopo più di due ore in cui non avevo fatto altro, le mie lacrime erano letteralmente finite e la mia testa era così dolorante che non mi sarei stupita se fosse esplosa da un momento all'altro.

Ora ero sdraiata sul piccolo letto ad una piazza che si trovava al centro della stanza di Michael, mentre lui continuava ad accarezzarmi i capelli e lasciarmi leggeri baci sulla fronte. Non ricordavo come fossimo finiti lì, né cos'avessi pensato nel momento in cui mi ero accorta di quanto la sua camera fosse ordinaria: niente poster o fotografie, niente vestiti sparsi da tutte le parti, tutto in ordine e perfettamente pulito. Tutto il contrario della mia camera a casa di zia Beth, piena di immagini e quadri, di lucine al neon attaccate alle finestre e al soffitto, di libri sparsi ovunque e fogli mezzi scribacchiati sulla scrivania e sul letto.

- Mi dispiace per aver pianto in quel modo. - bisbigliai, sospirando e accoccolandomi maggiormente contro il suo petto.

- Non scusarti, Moe. - lo sentii respirare profondamente e scuotere a fatica la testa. - Hai reagito nell'unico modo in cui avresti potuto reagire. Il coglione come sempre sono io. - sospirò a sua volta, stringendomi un po' di più.

- Non sei un coglione. - lo rassicurai, soffiando leggermente sul suo collo. - Non in quest'occasione, almeno. - scherzai, facendolo ridere brevemente.

Un confortevole silenzio scese tra di noi ed io mi limitai a godermi la sensazione che mi provocava stare tra le sue braccia. Era una benedizione poter sentire di nuovo il calore del suo corpo accanto al mio, il suo odore così rassicurante e il suo viso nell'incavo del mio collo.

- Come hai fatto? - mormorò, provocandomi un brivido che percorse rapidamente la mia spina dorsale.

- A fare cosa? - sussurrai a mia volta, staccandomi leggermente da lui per guardarlo in faccia e rivolgergli un'occhiata confusa.

- A tenerti dentro un segreto così grande. -

Sorrisi tristemente e abbassai lo sguardo sul suo mento, non riuscendo più a sostenere il contatto visivo con lui. - Non lo so, l'ho fatto e basta. È che non sono molto brava a condividere i miei sentimenti e a parlare dei fatti miei. - alzai le spalle, cercando di dare poco peso alla cosa.

- Chi altro lo sa? - domandò ancora, stringendomi di nuovo a lui e permettendomi di nascondere il viso nel suo petto.

- Solo tu. - ammisi, con voce così flebile da farmi dubitare che mi avesse sentita.

- Colton non l'ha nemmeno detto a Jenna? - sussurrò dopo un po', con voce leggermente stupita.

- No, voleva che fossi io a farlo. - replicai, prendendo un profondo respiro e riempiendomi le narici del suo profumo. Gli ero grata per non aver cambiato bagnoschiuma in quel mese.

- Ma tu non lo hai ancora fatto. - constatò, in tono ovvio.

- Già. - fu tutto ciò che uscì dalle mie labbra, prima che un altro silenzio si impossessasse della stanza.

- Raccontami di loro. - bisbigliò Mike dopo un po', con la voce attutita dai miei capelli.

- Dei miei genitori? - sussurrai a mia volta, senza muovermi di un millimetro.

- Si. - annuì lui, sospirando leggermente. - Solo... solo se ti va ovviamente. -

Mi staccai ancora una volta dal suo petto e spostai il mio viso sul cuscino, così da averlo esattamente di fronte, poi sospirai e mi decisi ad iniziare la storia dei miei genitori.

Shiver || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora