- Alla stazione? - ripetei, rivolgendogli un'occhiata confusa.

- Si da il caso che io non abbia una macchina. - sospirò, infilando le mani nelle tasche dei pantaloni neri e alzando leggermente le spalle.

- Ma si da il caso che ce l'abbia io. - sorrisi un'ultima volta, prima di rientrare in camera e di richiudermi la porta alle spalle.

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- Io non ci salgo su quell'affare. - sentenziò Michael, squadrando la mia macchina con occhio fin troppo critico.

- Oh andiamo, Harvey non ha nulla che non va! - protestai scherzosamente, dando una leggera pacca al veicolo verde scuro.

- Moe... ha i sedili zebrati. - bofonchiò lui, alzando un sopracciglio e facendo una smorfia buffa.

- È una storia lunga. - ridacchiai, aprendo lo sportello del guidatore e apprestandomi a sedermi.

- Ferma. - mi bloccò lui, sospirando profondamente. - Se proprio dobbiamo usare questo trabiccolo, almeno voglio guidare io. -

- Ok. - replicai, allungando leggermente la "o" e spalancando gli occhi per la sorpresa. - Ma sta' attento, quando metti la seconda fa un po' di resistenza e a volte la retromarcia non entra alla prima. - spiegai, lanciandogli le chiavi e spostandomi dal lato del passeggero.

- Oh andiamo, Harvey non ha nulla che non va! - ripeté lui in un borbotto, imitando la mia voce in modo buffo. - Questa macchina è un catorcio. -

- Disse il tizio che una macchina nemmeno ce l'aveva. - ribattei, sedendomi nell'auto e rivolgendogli un sorriso sarcastico.

- Almeno le cinture ce le ha o devo recuperare una corda per legarmi al sedile? ... zebrato, non dimentichiamolo. - continuò a stuzzicarmi lui, rivolgendomi una breve occhiata di traverso.

- Puoi sempre andare a piedi se così non ti va bene. - alzai le spalle, simulando indifferenza, e premetti il pulsante di accensione della radio.

- Addirittura la musica, wow. - ironizzò ancora, facendomi alzare gli occhi al cielo.

Michael accese la macchina, non senza qualche intoppo, ed uscì lentamente dal parcheggio quasi deserto del college, mentre il solito silenzio confortante scendeva tra di noi, riempito solamente dalle note della canzone in sottofondo. Non smettevo mai di stupirmi per quanto potessero essermi mancate cose così piccole di lui e di noi che, nel tempo in cui io e quello strano ragazzo dai capelli colorati avevamo passato insieme, mi erano diventate familiari. Come il modo in cui sembravamo completamente a nostro agio anche se nessuno dei due parlava, o il modo in cui lui si grattava il naso arricciando leggermente le labbra, o ancora, la sua semplice presenza al mio fianco.

- I Muse? - domandò dopo un po', senza staccare gli occhi dalla strada. Mio fratello brontolava sempre quando mettevo un loro cd durante i lunghi viaggi in macchina, ma non potevo farne a meno: erano una delle mie band preferite.

- Li conosci? - chiesi distrattamente, raccogliendo le gambe al petto e poggiandovi sopra il mento.

- Chi non li conosce? - sorrise brevemente e mi lanciò una velocissima occhiata di traverso.

- A Colton non piacciono. - alzai le spalle e sporsi in fuori il labbro inferiore. - Io invece li adoro. Sono stata ad un loro concerto l'anno scorso, è stato pazzesco. -

- Qual è la loro canzone che preferisci? - domandò, spostando la mano per cambiare marcia e scontrando, forse non del tutto accidentalmente, la mia coscia.

- Supermassive Black Hole, decisamente! - annuii, mantenendo solo per un secondo gli occhi chiusi, ripensando a quanto adorassi quella canzone.

Shiver || Michael CliffordWhere stories live. Discover now