- Lo so. - bisbigliò, abbassando lo sguardo e avanzando di qualche passo verso di me.

- E allora perché non l'hai fatto? - sussurrai, trattenendo a stento le lacrime.

- Stavo cadendo a pezzi, Moe. - ammise, anche lui a voce bassissima. - Mi sentivo di merda e la colpa era soltanto tua. Ma ero anche consapevole che tu fossi l'unica cosa che potesse farmi stare meglio. - sospirò, sfregando leggermente la scarpa contro la moquette del corridoio. Poi si avvicinò ancora di qualche passo, mentre io rimasi completamente immobile, limitandomi ad osservare ogni sua singola mossa e ad imprimere le sue parole nella mia mente.

- Non volevo più avere nulla a che fare con te, ma allo stesso tempo trovavo un senso alla mia giornata solo se Luke pronunciava il tuo nome almeno una volta. - si appoggiò alla parete del corridoio con la schiena, alzò leggermente la testa e si passò entrambe le mani negli scompigliati capelli bianchi. - E ora sono qui perché non riesco a lasciarti andare... Non voglio lasciarti andare. - concluse, voltandosi nuovamente verso di me e rimanendo ad osservarmi con uno sguardo indecifrabile sul volto.

Sentii il mio cuore perdere un battito e tutta la tristezza, la rabbia, il dolore svanire dal mio corpo. Michael era lì, di fronte a me, dopo un intero mese in cui avevo creduto che lui mi odiasse più di ogni altra cosa al mondo, e mi stava dicendo che nonostante tutto lui non poteva fare a meno di me. Così come io non potevo fare a meno di lui.

- Ma niente più bugie, Moe. - scosse la testa, rivolgendomi uno sguardo pieno di speranza.

- Niente più bugie. - annuii, rivolgendogli un piccolo sorriso che, dopo solo una minima esitazione, lui ricambiò.

- Quindi ora verrai con me? - domandò, tornando allo sguardo speranzoso e inclinando leggermente la testa verso di me. A quel punto sorrisi un po' di più e mi limitai ad annuire.

- Va' a prendere un cambio di vestiti e il tuo spazzolino da denti. - istruì, restando attaccato al muro con la schiena e attendendo che io facessi quello che mi aveva detto.

Gli lanciai un'ultima occhiata, ancora terrorizzata all'idea che potesse sparire da un momento all'altro, e poi ripercorsi velocemente i miei passi per tornare in camera. Non sapevo cosa avesse in mente, ma ero consapevole che, nonostante tutto quello che avevamo passato e tutto il dolore che avevo sofferto a causa sua, io con lui sarei andata ovunque.

- Ehi Moe! - mi richiamò all'ultimo minuto, facendomi voltare e corrugare le sopracciglia. - Non sapevo che portassi gli occhiali. - sorrise maggiormente, indicandomi.

Alzai le mani e verificai quello che aveva appena detto, rendendomi conto di non averli ancora tolti dal mio viso. - Non li porto, infatti, li metto solo qualche volta quando leggo. In realtà sono di mia madre. - gli spiegai, sentendo nascere un groppo nella mia gola alla menzione della mamma.

- Mi piacciono. - sorrise di nuovo, mordendosi brevemente il labbro inferiore.

- Uhm, grazie. - sorrisi in imbarazzo, sentendomi ancora piuttosto strana a parlare normalmente con lui. Sempre ammesso che noi due avessimo mai avuto una conversazione normale.

- Perché non li tieni? - propose, e questa volta non c'era traccia di malizia nel suo commento, era totalmente serio. - Potresti leggere di nuovo qualcosa per me. -

Sorrisi al pensiero di quel giorno agli spalti, in cui io gli avevo letto la poesia e lui aveva suonato Disconnected per me, quando ancora non si chiamava così e non aveva nemmeno una parola. Nel profondo sapevo che quel momento sarebbe rimasto nel mio cuore per sempre, perché era stato il primo in cui io e lui avevamo davvero condiviso qualcosa.

- Dimmi dove stiamo andando, - questa volta fui io a sorridere con malcelata malizia. - e io prenderò in considerazione l'idea. -

Lui ricambiò il mio sorriso. - Per prima cosa, alla stazione. -

Shiver || Michael CliffordWhere stories live. Discover now