BORN TO LOVE YOU

By helloire_

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•COMPLETA• 'Le anime più forti sono quelle temprate dalla sofferenza. I caratteri più solidi sono cosparsi di... More

PROLOGO
Sex On The Beach.
Non ti far più rivedere.
Mio fratello gemello.
Perché l'ha fatto?
Perdonami.
Che ci fai a casa mia?
Gabby.
Ricordi che fanno male.
Stanca di soffire.
Non m'interessa nulla di te.
Non toccarmi.
Sei come le altre.
Sono confusa.
Ho bisogno di te.
Bipolare.
Chi turba il tuo piccolo cuore?
Resta con me.
Hai paura di amare.
Non è la mia fidanzata.
Era il mio tutto.
Il tuo viso non ha mai abbandonato la mia mente.
Tutta colpa di Alexander.
Non chiamarmi bambola.
È tornato per vendicarsi.
Fai troppe domande.
Ce la puoi fare.
Mi importa di te.
Non ti abbandonerò Madelyn.
Penso di essere incinta.
Non la merito.
Grazie a te ho capito di avere un cuore.
L'ho fatto solo per te.
Nessuno oserà toccarvi.
A me basta che ci sei tu.
Ti amo da morire.
Sarai un ottimo padre.
Non abbandonarlo.
Sei tutto quello che mi è rimasto.
Sei fortunata.
Addio amico.
Travis Blake.
RINGRAZIAMENTI.
NUOVA STORIA

Non è compito tuo fare giustizia.

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By helloire_

"La paura è l'emozione più difficile da gestire. Il dolore si piange, la rabbia si urla, ma la paura si aggrappa silenziosamente al cuore."

**

Alexander's POV

«Levati dalle palle, Kole.»

Ringhiai spingendolo con forza, mentre continuavo a colpire la faccia di quel pezzo di merda.

Si scansò all'improvviso e mi diede un pugno sullo zigomo destro, girai la testa e sputai a terra subito dopo.

Sorrise sfacciatamente, mettendo in mostra i suoi denti pieni di sangue.

Quella scena mi fece imbestialire ancora di più.

«Io dovrei ucciderti.»

Dissi avvicinandomi al suo viso e guardandolo dritto negli occhi.

«Quella puttana se lo meritava.»

Un altro pugno lo colpì in pieno volto.

«Sei morto, stronzo.»

Urlai mettendo le mani sul suo collo, stringendolo più forte che potetti.

«Basta!»

Mi urlò Kole afferrandomi da dietro.

«Lasciami in pace, io..Devo farlo!»

«No non devi, testa di cazzo..»

Kole lo prese con forza legandolo alle sedia, per poi trascinarmi fuori da quella casa abbandonata, chiudendo alle sue spalle la porta.

«Che cazzo combini? Può scappare!»

«Alexander, calmati cristo santo!»

Urlò così tanto che si potettero vedere le vene fuoriuscire dal suo collo.

«È ben legato a quella fottuta sedia.»

«Non può cavarsela così. Deve pagare per quello che ha fatto a quella ragazza cristo!»

«Pagherà stando in galera, smettila di fare queste stronzate, non sei un poliziotto!»

Mi disse incrociando le braccia, mentre io sbuffavo sonoramente.

«Ci penso io adesso, appena ti calmerai chiamami.»

Entrò dentro lasciandomi solo con i miei pensieri.

Mi buttai a peso morto sull'erba bagnata, appoggiandomi al muro di quell'orripilante casa.

Chiusi gli occhi per un istante godendomi del silenzio che inondava quel giardino, mentre posavo le mani sui miei capelli perfettamente in ordine.

La rabbia che avevo dentro non riuscivo neanche a spiegarla a parole, era capace in un solo istante di indebolirmi sia il corpo che l'anima.

Ed ero così stanco di sentirmi debole, soprattutto agli occhi di Kole.

Era un fratello per me, ma non volevo farmi vedere debole e spaventato.

Io non ero così, ero forte.

Dopo tutto ciò che era successo a me e Austin, avevamo la forza di alzarci sempre, non importava come e quando.

I miei occhi, anche se chiusi, erano lucidi.
Non volevo piangere, era da deboli ed io non volevo esserlo.

Mia madre non sarebbe stata d'accordo; era convinta che piangendo, avrei buttato fuori tutta la rabbia repressa che avevo dentro di me e sfogarmi senza usare le mani.

Ho sempre avuto problemi d'ira, ma non era solo colpa mia.

Una parte di colpa andava a quel fottuto bastardo di mio padre.

Lui faceva uscire fuori la mia debolezza e soprattutto la paura.

Ero terrorizzato da lui, da quello che faceva a me e a mia madre.

Agli occhi suoi ero soltanto una delusione che non valeva niente, quando ritornava da lavoro tutte le sere mi diceva che avrebbe preferito non avermi e meritavo di morire.

I giorni seguenti mi sfogavo sui miei compagni, pestandoli finché non vedevo il sangue.

A scuola non ero particolarmente bravo a differenza di mio fratello, lui era sempre stato il cocco di nostro padre, mentre io uno sbaglio.

Mi picchiava in continuazione, mio fratello piangeva, mia madre si metteva in mezzo per fermarlo e colpiva anche lei.

Dopo un po' i colpi non mi facevano più nulla, ormai il corpo si era abituato, il problema era mentalmente.

A causa sua ero diventato quello che sono oggi: stronzo e arrogante.

Ma così nessuno più mi faceva del male e mi andava bene così.

Mia madre era distrutta per quello che faceva a me e a lei, la trovavo sempre nel letto mentre singhiozzava e cercava ogni giorno di nascondere i lividi che le causava.

Morì in un incidente nove anni fa, il giorno più brutto della mia vita, avevo tredici anni e il mio cuore si spezzò.

Neanche Austin era addolorato quanto me, lei era la mia unica salvezza.

Mio padre ci abbandonò poco dopo senza dire nulla, ero sollevato ma anche impaurito perché non sapevo che fare.

Nostra zia ci salvò, ci portò a casa sua e da lì abbiamo iniziato di nuovo a vivere, finalmente.

Da quel giorno promisi a me stesso che avrei preso a pugni chiunque avesse toccato con un solo dito una ragazza.

Dopo tutto avevo anch'io un cuore, anche se non sembrava.

«Alex.»

La voce di Kole mi fece riportare alla realtà, aprii gli occhi e mi girai velocemente nella sua direzione.

Aveva le mani in tasca ed era così tranquillo.

Mi chiedevo il perché mi fosse amico, visto che eravamo completamente diversi.

Mi grattai la nuca sospirando e alzandomi, andandogli incontro.

«Dov'è?» Chiesi senza togliere lo sguardo dal suo. «E ti ho detto mille volte che non devi chiamarmi così.»

Ridacchiò.

«L'ho lasciato andare.»

«Cosa?»

Urlai.

«Non sono così idiota, ho spiegato alla polizia tutto e ho dato loro l'indirizzo di quello sfigato. Lo prenderanno, tranquillo.»

Sorrise, cercando di appoggiare una mano sulla mia spalla, ma mi scansai.

Mi incamminai verso la macchina ed entrai dentro, sbattendo la portiera.

Kole entrò subito dopo.

«Stai bene?»

Mi chiese guardandomi.

«Sì, certo.»

Risposi accendendo la macchina.

Sbuffò.

«Stronzate. Alexander, smettila di fare così. So quello che hai passato, e capisco anch..»

«No, tu non capisci un cazzo, Kole.»

Sputai continuando a guardare la strada.

«Okay, forse hai ragione, ma..Senti non è compito tuo fare giustizia, ma della polizia. Per favore ascoltami, ti voglio bene e non voglio vederti così.»

Annuii lentamente.

«Come si chiama quella ragazza?»

Aggrottai le sopracciglia.

«Di chi stai parlando?»

«Di quella ragazza con cui hai parlato l'altra sera sulle scale.»

Mi guardò malizioso.

«È carina.»

«Oh Madelyn Cooper, sì.»

Dissi stringendo le mani sul volante.

«Ti piace?»

«Cosa? Ma piantala. No, certo che no! La stuzzico solo, mi piace vederla debole ai miei occhi. È così timida e si imbarazza subito, non è il mio tipo.»

Dissi ridacchiando.

«Vedremo.»

Quella ragazza era così strana, ma allo stesso tempo bella, i suoi occhi castani mi ricordavano tanto quelli di mia madre e non potevo fare a meno di sorridere.

Un piccolo dettaglio che avevo notato: era molto diversa da quelle con cui sono stato, cercava così tanto di fare la dura e la stronza con me, anche se non ci riusciva.

Ed era questo che mi intrigava particolarmente in lei. E mi piaceva questa cosa, perché era diversa da quel mondo tutto uguale, ti teneva testa.

Ho sempre amato le persone diverse, o uguali a me che mi incendiavano la testa in qualche modo. Ho odiato il mio carattere tante volte, perché per colpa sua ho mandato via tante persone, e la scusa del "sono fatto così" non poteva reggere per sempre.

Volevo tanto essere il ragazzo perfetto, quello di cui ne parlano sempre bene, ma era come se qualcosa me lo impedisse.

Ho sempre dato la colpa a mio padre, ma se invece era stata colpa mia?

Io ho voluto cambiare, ho voluto essere così.

«Cazzo, sta piovendo.»

Sbraitai, mentre Kole dormiva beatamente sul sedile.

Fermai la macchina di fronte la sua casa e lo guardai.

«Kole!»

Urlai vicino al suo orecchio.

Aprì gli occhi di scatto guardandosi prima intorno, poi verso di me.

«Sei uno stronzo.»

Mi disse fulminandomi con gli occhi.

«Mi hanno detto di peggio.»

Ridacchiai.

Kole aprì la porta salutandomi e se ne andò.

Odiavo la pioggia, la detestavo. Mi faceva riaffiorare i ricordi, quelli più brutti, quelli di mio padre.

Strinsi di più il volante, la rabbia si stava facendo sentire.

«Cazzo!»

Diedi un pugno nello specchietto e urlai.

Arrivai a casa e scesi dalla macchina, prendendo il mio borsone.

Chiusi gli occhi stringendo i pugni, le gocce di pioggia cadevano interrottamente su di me e mi ritrovai già bagnato. Entrai a casa sbattendo la porta, respiravo affannosamente e la testa abbassata fece cadere delle gocce d'acqua sul pavimento.

Sentii delle risate provenire dal salotto e capii subito che si trattava di mio fratello e di Madelyn.

Buttai a terra il borsone e sentii gli occhi dei due puntati su di me.

«A-alexander.»

Sussurrò quest'ultima alzandosi e mettendosi una mano sulla bocca.

Posizionai lo sguardo su mio fratello e poi sul suo. Strinsi i pugni guardandoli.

Perché mi dava così fastidio?

M'incamminai verso le scale, non calcolandola minimamente.

Corse verso di me, appoggiò la sua mano sulla mia spalla, ma mi scostai velocemente.

«Non mi toccare.»

Sputai freddamente senza guardarla, per poi andarmene di sopra.

Entrai in camera mia andando verso la finestra, guardando con sguardo perso la pioggia che cadeva su di essa.

Qualcuno appoggiò una mano sulla mia spalla, sussultai dallo spavento e mi girai guardandola, per poi attaccarla al muro.

Ero così arrabbiato, cercava in ogni modo di capirmi, di farmi calmare ed io la trattavo sempre male.

«Ti ho detto di non toccarmi.»

«Cosa ti è successo?»

Mi guardò dolcemente accarezzandomi la guancia.

Trasalii allontanandomi.

«Alexander, guardami.»

Abbassai lo sguardo, ma lo rialzai subito.

Guardai le sue labbra, erano così belle e avevo una voglia matta di baciarle.

«Oh, fanculo.» Dissi avvicinandomi.

Le mie labbra si fiondarono su di lei con violenza.

La mia lingua cercava la sua, il mio bacino premeva sul suo.

Ero così eccitato dalla voglia di baciarla, lo volevo fare dalla prima volta in cui l'ho vista.

Le palpai il seno e le baciai il collo.
Afferrai la sua gamba destra e la portai a cavalcioni su di me continuando a baciarla.
La buttai sul letto ed urlò per la sorpresa.

Doveva essere mia, fanculo le conseguenze.

_______________________
Hey, come state?
Questo capitolo è un po' più lungo del solito, ma dovevo raccontare la storia del nostro Alexander.
Spero che capite e che vi piaccia.
Grazie del supporto, un bacio
-Ire.❤️

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