Crystallum Sogni Perduti

By GiovanniCacioppo

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#1 Romanzo Fantasy della saga "Crystallum" Attenzione - Cartaceo ed Ebook disponibili su Amazon. Gratis se si... More

Comunicazione Importante
Prologo
Capitolo 1 - Prima Parte
Capitolo 1 - Seconda Parte
Capitolo 2 - Prima Parte
Capitolo 2 - Seconda Parte
Capitolo 3 - Prima Parte
Capitolo 3 -Seconda Parte
Capitolo 4 - Prima Parte
Capitolo 4 - Seconda Parte
Capitolo 4 - Terza Parte
Capitolo 5 - Prima Parte
Capitolo 5 - Seconda Parte
Capitolo 5 - Terza Parte
Capitolo 6 - Prima Parte
Capitolo 6 - Seconda Parte
Capitolo 7 - Intero
Capitolo 8 - Prima Parte
Capitolo 8 - Seconda Parte
Capitolo 9 - Prima Parte
Capitolo 9 - Seconda Parte
Capitolo 10
Capitolo 11 - Prima Parte
Capitolo 11 - Seconda Parte
Capitolo 12 - Prima Parte
Capitolo 12 - Seconda Parte
Capitolo 13 - Prima Parte
Capitolo 14
Capitolo 15 - Prima Parte
Capitolo 15 - Seconda Parte
Capitolo 15 - Terza Parte
Capitolo 16 - Prima Parte
Capitolo 16 - Seconda Parte
Capitolo 17 - Prima Parte
Capitolo 17 - Seconda Parte
Capitolo 17 - Terza Parte
Capitolo 18 - Prima Parte
Capitolo 18 - Seconda Parte
Capitolo 18 - Terza Parte
Capitolo 19 - Prima Parte
Capitolo 19 - Seconda Parte
Capitolo 20 - Prima Parte
Capitolo 20 - Seconda Parte
Capitolo 21 - Prima Parte
Capitolo 21 - Seconda Parte
Capitolo 22 - Prima Parte
Capitolo 22 - Seconda Parte
Capitolo 23 - Prima Parte
Capitolo 23 - Seconda Parte

Capitolo 13 - Seconda Parte

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By GiovanniCacioppo

Entrambi cercarono di comportarsi in modo naturale, ma la condizione in cui versavano i loro abiti non avrebbe ingannato un cieco. Aran ravviò i capelli unti. «Possiamo affrontarli.»

Cora spalancò gli occhi. «Cosa? Ci uccideranno!»

«Pensaci, non possono usare le loro armi.»

«Sei impazzito, Aran?»

«E l'unico modo per scoprire cosa sanno.» Indicò due pezzi di legno, resti di una cassa distrutta. «Gli tenderemo una trappola e poi ci penserà Camiel.»

Cora aveva entrambe le mani a scivolare sul volto. «Hai detto che dobbiamo uscirne vivi! E adesso vuoi provare a stenderli?» Lo spinse con forza. «Le ragazze, Aran! Le ragazze!»

Aran sembrò rinsavire. Annuì, ma lo sguardo era perso nel vuoto. «Marmorel, giusto» sussurrò infine.

Ritornarono alla piazza del palazzo e imboccarono nuovamente il vicolo stretto percorso quella stessa mattina.

Aran si bloccò sul posto e Cora lo scansò di un soffio. Stava per chiedergli spiegazioni, quando lo vide anche lui: il terzo kharzaniano li aspettava, seduto su un barile e con le mani giunte. «Salve» fece questi.

Uno sguardo, e i ragazzi scattarono verso la strada da cui erano arrivati.

La fuga, però, venne chiusa dalle sagome degli sgherri che credevano di aver seminato. Uno di loro trattenne Cora per la spalla. Aran si fermò, scattò verso il soldato e lo spintonò. «Ehi, lascialo stare!» urlò. Ma l'altro uomo bloccò anche lui.

Cora cercò di divincolarsi inutilmente, «Chi siete? Cosa volete da noi?»

L'uomo che era seduto sui barili si avvicinò a loro. Era pallido e ben curato, con una strana giacca color prugna su cui brillava lo stemma kharzaniano e il grado militare; le scarpe fresche di negozio.

«Mhmm... cosa abbiamo qui?» esordì il soldato. «Sapete» disse soddisfatto, «mi avete fatto penare, davvero. Non pensavo di essere così fortunato da trovarvi ad Amanastre.» Parlò lento.

Cora raggelò. Sentì le budella contorcersi e l'istinto che premeva per scappare, ma la presa di chi lo bloccava sembrava fatta di ferro.

«Bene, andiamo alle presentazioni,» continuò il kharzaniano. «Sono il Capitano Nelson Vega, Sezione Speciale Recupero Seorite... chi di voi è Aran Allet?» disse e si accese una sigaretta.

«Avete sbagliato persona» urlò Aran, ma Vega gli rispose con un ghigno malefico. Un'espressione talmente artefatta da far venire la nausea.

«Oh, no, non credo... e se dovessi scommettere, a una prima occhiata direi che sei il figlio di Ludvig Allet. Non ti manca proprio niente di tuo padre; magari la barba e qualche ciuffo bianco qua e là. Lui, invece, è l'orfano.» Schioccò le labbra. «Ho indovinato?»

Aran si dimenò e scalciò, ma la sua rabbia colpì solo l'aria.

«All'inizio della ricerca... e intendo dopo le sfortunate vicissitudini che hanno colpito Lud, pensavamo che foste in giro per quella regione. Ma con molta sorpresa abbiamo scoperto che siete persino stati a Edel. Molto astuti» aggiunse. Inspirò una boccata e sbuffò un paio di anelli di fumo.

«Avete distrutto la nostra città» abbaiò Cora.

«Non ho molto tempo da perdere... basta solo che mi diciate dove si trova il carico...» Nelson Vega socchiuse gli occhi. «Lo state piazzando ad Amanastre? Volete farlo partire per Hozma? Siate sinceri e prometto che vi tratterò bene.»

«Cosa avete fatto ai miei genitori?» Aran si dimenò con così tanta forza che quasi sembrò riuscisse a liberarsi. Il soldato che lo teneva lo scrollò e lo mise fuori gioco con un pugno alla nuca.

Nelson Vega si voltò verso Cora. Il volto impassibile nonostante il gesto brutale. «Puoi rendere il tutto più semplice e avere la libertà di lasciare questo posto con le tue gambe» disse il Capitano.

«Avete sterminato centinaia di persone senza pietà» sputò Cora. Un forte odore di rancido gli invase le narici.

L'ufficiale fece una smorfia e gli diede uno schiaffo. Il bruciore arrivò subito, ma più leggero di quanto Cora si fosse aspettato. Non era un colpo per ferire, era un messaggio chiaro su chi fosse a comandare.

«Abbiamo soltanto fatto valere i nostri diritti. Chi non si è adeguato, purtroppo, si è dovuto sottomettere alla legge. Adesso, dimmi, dove avete lasciaro la Seorite?» Lo sguardo di Vega divenne ferale. «O giuro che ti trapasso il cuore!»

Cora tremò e le gambe non riuscirono a mantenere il peso del corpo.

Vega rilassò le spalle. «Scusa i miei modi, ma penso converrai con me che seguirci fuori dai confini di questa città sia la soluzione migliore» sussurrò. Nei suoi occhi Cora poteva vedere la follia di un predatore. La sete di sangue che lui avrebbe saziato.

Il kharzaniano che lo tratteneva lo scosse con più vigore e la medaglietta, che Cora teneva in tasca, cadde a terra con una manciata di monete. Vega alzò un sopraccigliò e si chinò per raccogliere la placca spaccata. «E questa cos'è?» domandò. La tenne con due dita e l'osservò più volte.

«Ridammela! È mia!»

«Beh, sembrerebbe propio di un soldato di Edel. Lo avete ucciso? Lo avete derubato? Come l'hai ottenuta?»

Cora strinse i pugni. «È MIA!» allungò il braccio, invano. «È di mio padre!»

Sul volto di Nelson Vega spuntò un sorriso. «Davvero?» Lo fissò. «Mhmm, siamo dalla stessa parte, allora.» Ritornò sulla medaglietta e poi la rimise nel taschino del ragazzo. «Ethan non sarebbe fiero del tuo atteggiamento.»

Cora aprì la bocca ma non uscì alcun suono. Scosse il capo e puntò Aran. «No che non siamo dalla stessa parte! Siete degli assassini!»

Vega fece cenno al suo uomo di lasciare Cora. Questi voltò lo sguardo verso il soldato, deglutì.

«Capisco» fece il Capitano Nelson Vega. «Pensi che tradiresti i tuoi amici, se mi dicessi dove si trova il carico... giusto, onorevole sotto certi aspetti.» Annuì senza convinzione. «Ma se quella placca di riconoscimento appartiene davvero a tuo padre, non stai tradendo nessuno, hai sangue kharzaniano e per diritto di nascita puoi richiedere la cittadinanza,» la voce calma, «io posso aiutarti con le scartoffie a Edel.»

Cora aggrottò la fronte. «Kharzaniano per diritto di nascita?» mormorò.

Qualcuno apparve all'ingresso del vicolo. «Kallup, guarda un po' chi c'è?» disse Hyon. Si appoggiava al proprio bastone e a ogni passo lo sbatteva a terra. La pietra azzurra bene in vista.

«Dove sono i lacci amanastriani?» mormorò uno degli uomini di Vega.

Al fianco del maestro c'era una persona molto più alta di lui: uno zalesiano da ciò che diceva la sua carnagione, con un occhio totalmente bianco e un volto poco raccomandabile. Mostrò lo stemma del ducato tatuato sull'avambraccio e raggiunse i kharzaniani. «Capitano Vega... Capitano Vega» disse con voce possente. Con una sola mano, strattonò come un ramoscello l'uomo che teneva Aran. «Ha già conosciuto i miei ospiti!»

Nelson Vega gettò la sigaretta a terra e ordinò ai suoi uomini di indietreggiare.

Kallup indicò il mozzicone. «Gentilmente... la raccolga.» Ritornò sul Capitano. «Ci teniamo alla pulizia delle strade e mi sembra che quest'oggi siano state imbrattate abbastanza.»

Vega forzò un sorriso. «Oh... forse avete frainteso. Stavamo solo discutendo.» Si avvicinò a Cora, allungò la mano su di lui per accarezzargli i capelli, ma il ragazzo la scacciò via.

«Non mi toccare!» urlò.

Intanto, Hyon prese Aran e lo adagiò al portone di un'abitazione vicina.

«Kallup Yazzan, il "Gallo d'Ebano"» bofonchiò Vega. «È passato molto tempo dal nostro ultimo incontro... spero che non sia rimasto rancore tra noi. Adesso, persino a Edel conoscono il suo nome. Ma non ho mai capito cosa sia passato per la mente di quel grand'uomo del Duca quando ha scelto uno zalesiano come fidato Comandante.» Si voltò per andarsene, ma diede un ultimo sguardo a Cora. «In quanto a te, avvisa i tuoi amici che ci incontreremo presto.»

Quando tutti e tre gli inseguitori si furono dileguati, Cora riprese a respirare normalmente. Kallup raccolse Aran da terra e se lo caricò in spalla.

«Perché li hai lasciati andare?» domandò Cora.

«È stato meglio così» spiegò il maestro. «Dobbiamo essere cauti e affrontare i kharzaniani senza protezione non lo è.»

Cora osservò Kallup. Aveva una robusta mascella squadrata, il naso a punta e una cresta di capelli che svolazzava simile a una spazzola per le scarpe. Due grossi cerchi d'oro scintillavano ai lobi delle orecchie. «Grazie, signore» gli disse. «Ci ha salvato la vita.»

Lui ricambiò, strizzando l'occhio buono.

«Cora! Aran!» urlò Elidana dal fondo della strada. Era con Camiel ed entrambi gli corsero incontro. Il guerriero, non appena vide Hyon, rallentò. La ragazza, invece, si tuffò su Cora. «Tutto bene? Dove sono quegli uomini?» chiese.

«Sono andati via» rispose lui.

Kallup allargò un sorriso, raggiunse Camiel e lo abbracciò. «Mai una volta che vieni ad Amanastre senza portare guai, eh?»

Camiel inspirò profondamente e si voltò verso il maestro.

Hyon scosse la testa. «Almeno per ora non dobbiamo preoccuparci. Andiamo dagli altri, parleremo una volta a casa.»

Aran si risvegliò dopo una decina di minuti. Aprì gli occhi, si tirò su e stirò la schiena, seduto su una sedia. Marmorel si affrettò a porgergli un bicchiere d'acqua. Per tutto il tempo in cui era stato svenuto, lei non aveva abbandonato il suo fianco.

Camiel e Kallup stavano parlano tra loro e quando l'hozmano si accorse che Aran si era ripreso gli fece un cenno.

«Da una settimana continuano ad arrivare piccole squadre kharzaniane sia da nord che dal mare» disse Kallup. «Ci sono due navi militari ormeggiate al porto e la loro attività si è intensificata in questi giorni. Hanno vagato per Amanastre cercando informazioni tra le strade, tra i mercanti e i cittadini. Ma per vostra fortuna non possono fare altro.»

Aran si sfregò la nuca con la mano. «Adesso però ci hanno riconosciuto e diventerà impossibile sfuggirgli. Sanno chi siamo e sanno dove siamo.»

«Non credo che lasceranno perdere facilmente. È il Capitano Vega il problema più grosso.» Kallup si tastò l'addome e fece una smorfia, osservò uno per uno i ragazzi e tornò su Camiel. «È un maniaco degenerato, arrivato all'apice della Sezione Speciale Recupero Seorite per la sua brutalità. Rimane al guinzaglio solo grazie alle leggi di Amanastre.» Ravviò la cresta. «Se mette gli occhi su qualcosa, non molla la caccia fino a quando non l'ha ottenuta, a qualunque costo... senza scendere a compromessi.» Marmorel portò una mano alla bocca. «Dovete trovare il modo di sparire il più lontano possibile» continuò Kallup mentre si riempiva un bicchiere di liquore.

«Vega?» chiese Camiel. Il comandante amanastriano annuì.

Fez osservava Kallup, lo studiava dalla testa ai piedi come se non avesse mai visto un altro della sua gente in tutta la sua vita.

«L-Lei chi é?» balbettò il giovane.

Kallup gli tese la mano. «Mi chiamo Kallup Yazzan, e tu?»

«Fez, Fez Shadid.»

«Suppongo che tu non venga dalla Zalesia.»

«No, sono cresciuto a Lud» rispose con in mano il bullone.

«Anche io arrivai ad Amanastre da piccolo. Sua maestà il Duca Valiante è stato come un padre per me.»

«Sai, Fez, Kallup è uno dei comandanti di Amanastre... e pilota uno dei sette Goliath» disse Hyon.

Fez rimase in silenzio a fissarlo.

Kallup Yazzan si sedette e finì di bere. «Andiamo al motivo per cui mi trovo qui.» Si voltò verso Camiel, le dita che tamburellavano sul tavolo. «Il Duca mi ha chiesto di cercarti, e l'unico posto in cui sapevo ti saresti nascosto è casa del maestro Hyon» spiegò.

«Mi hanno riconosciuto?» chiese l'hozmano preoccupato e Kallup annuì.

«Sì. Degli uomini di Meliro ti hanno visto davanti al Palazzo Ducale questa mattina.»

«Cosa ti ha chiesto esattamente il Duca?» domandò Hyon.

«Solo un incontro. Ma non mi ha informato dell'argomento» rispose Kallup.

Camiel grattò il mento. «Vedrò di trovare una soluzione.»

«Questo posto non sarà sicuro a lungo e ho paura che il Duca possa cedere alle pressioni del governo di Edel. Io ho solo preso un po' di tempo.» Kallup si alzò e si congedò con un cenno della mano. «Domattina verrò per scortarti all'udienza. Chiederò di assistere anch'io.»

Camiel annuì. «Va bene, grazie.»

Prima di cena, i cinque giovani si lavarono all'esterno e si sedettero a tavola ancora gocciolanti.

Nemmeno il bagno caldo era riuscito a lavare via la tensione del pomeriggio. Cora assaggiò appena il cibo e dopo averci giocherellato lo abbandonò quasi tutto nel piatto. Lasciò scorrere ogni tentativo di conversazione e a malapena alzò la testa quando interpellato. Avrebbe voluto vuotare il sacco sulla storia dell'albero e della Seorite, della medaglietta, di Ethan e della cittadinanza kharzaniana. Ma il pensiero di quanto sarebbe stato difficile affrontare l'argomento lo ammutoliva ogni volta. L'idea di poter essere accostato a quegli assassini divenne un nodo in gola che gli impediva di respirare.

Quando tutti iniziarono a sbadigliare con troppa frequenza, Camiel li accompagnò al piano di sopra, dove aveva preparato cinque giacigli fatti di tende e stracci. Cora, come ogni notte, donò il sassolino ad Elidana e s'infilò in quel letto di fortuna, ma a confronto con il duro terreno di una grotta o il ramo di un albero gli sembrò quasi di stare a casa.

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