Crystallum Sogni Perduti

By GiovanniCacioppo

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#1 Romanzo Fantasy della saga "Crystallum" Attenzione - Cartaceo ed Ebook disponibili su Amazon. Gratis se si... More

Comunicazione Importante
Prologo
Capitolo 1 - Prima Parte
Capitolo 1 - Seconda Parte
Capitolo 2 - Prima Parte
Capitolo 2 - Seconda Parte
Capitolo 3 - Prima Parte
Capitolo 3 -Seconda Parte
Capitolo 4 - Prima Parte
Capitolo 4 - Seconda Parte
Capitolo 4 - Terza Parte
Capitolo 5 - Seconda Parte
Capitolo 5 - Terza Parte
Capitolo 6 - Prima Parte
Capitolo 6 - Seconda Parte
Capitolo 7 - Intero
Capitolo 8 - Prima Parte
Capitolo 8 - Seconda Parte
Capitolo 9 - Prima Parte
Capitolo 9 - Seconda Parte
Capitolo 10
Capitolo 11 - Prima Parte
Capitolo 11 - Seconda Parte
Capitolo 12 - Prima Parte
Capitolo 12 - Seconda Parte
Capitolo 13 - Prima Parte
Capitolo 13 - Seconda Parte
Capitolo 14
Capitolo 15 - Prima Parte
Capitolo 15 - Seconda Parte
Capitolo 15 - Terza Parte
Capitolo 16 - Prima Parte
Capitolo 16 - Seconda Parte
Capitolo 17 - Prima Parte
Capitolo 17 - Seconda Parte
Capitolo 17 - Terza Parte
Capitolo 18 - Prima Parte
Capitolo 18 - Seconda Parte
Capitolo 18 - Terza Parte
Capitolo 19 - Prima Parte
Capitolo 19 - Seconda Parte
Capitolo 20 - Prima Parte
Capitolo 20 - Seconda Parte
Capitolo 21 - Prima Parte
Capitolo 21 - Seconda Parte
Capitolo 22 - Prima Parte
Capitolo 22 - Seconda Parte
Capitolo 23 - Prima Parte
Capitolo 23 - Seconda Parte

Capitolo 5 - Prima Parte

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By GiovanniCacioppo


Il Proiettile d'Argento superò la galleria e decelerò, le luci all'interno della carrozza diminuirono d'intensità.

Cora era già sveglio e fu il primo ad avvistare la città di Edel: una foresta di vetro e acciaio che s'innalzava lungo l'altopiano. Un giardino di ferro custodito da due mastodontiche statue al centro esatto dell'agglomerato urbano; entrambe alte almeno il doppio del grattacielo più imponente.

Elidana si voltò con aria assonnata e il ciuffo biondo le cadde sul viso. «Siamo arrivati?» sussurrò mentre sistemava il fermacapelli.

«Sì» Cora sussultò. Il volto di Elidana era a nemmeno una spanna dal suo, il respiro di lei gli solleticava la pelle del collo. Vicino, troppo vicino. Spalancò gli occhi: gli serviva una via di fuga. Il finestrino! Pensò. Ci si attaccò come un mollusco allo scoglio. Era salvo da quella situazione imbarazzante, ma intanto Elidana si era schiacciata al sedile per non sbattere la testa.

«Scusa» le disse il giovane che cercava di non crollarle addosso.

«Non fa nulla, ma adesso spostati.»

«Fez, Aran, presto! Guardate da questa parte» fece Cora, infine. Preso di soprassalto, Fez colpì Aran con la mano bene aperta sulla guancia. Un manrovescio in piena regola. Il giovane Allet spalancò gli occhi e solo un attimo dopo li socchiuse in direzione dell'amico. «Fez, fallo di nuovo e ti lancio dal treno...» sbottò, «ma quando è in corsa!»

Tuttavia Fez non sembrò ascoltarlo, rapito com'era dalla visione all'esterno. Ben presto anche Aran seguì il suo sguardo e rimase a bocca aperta. «È immensa!» biascicò.

Quattro, cinque volte più ampia di Clodia, sembrava quasi non avere fine. Il cielo stellato dell'alba sbiadiva al confronto delle luci di Edel. Un panorama che poteva essere contemplato appieno solo da quella posizione sopraelevata. I palazzi erano rigide stalagmiti dalle punte affusolate, ognuna di diversa armonia. Interi quartieri accoglievano simmetrici laghi artificiali circondati dalla vegetazione. Lì, con una cadenza lenta e regolare, l'acqua schizzava tra i bagliori e assumeva la forma di ordinate geometrie.

«Quella sulla piattaforma è Edel superiore» disse Lucas con voce divertita. Indicò un punto imprecisato in basso. L'intera città era disposta su due livelli ben distinti. Abbassando lo sguardo sotto il ponte che stavano percorrendo, Cora vide tante piccole abitazioni ammassate tra loro. Le strade erano disposte senza una logica apparente e vi scorrazzavano mezzi di trasporto alimentati dalla Seorite e che lasciavano la loro pallida scia visibile anche di giorno. Una festa di colori che si mischiava in un arcobaleno dalla forma cangiante.

Lucas si voltò verso Marmorel con il bagaglio già in spalla. «È stato un piacere conoscerti. Godetevi il soggiorno e buon Gran Premio.» Salutò tutti con un sorriso. «Adesso devo raggiungere i miei compagni, altrimenti mi becco un rimprovero» concluse.

«Lucas, anche per me è stato bello conoscerti e spero di incontrarti di nuovo» cinguettò Marmorel in tono sconsolato.

«Attenzione: a breve giungeremo a destinazione. I passeggeri sono pregati di recuperare i propri bagagli e di disporsi in fila in prossimità delle porte» gracchiò la voce dall'altoparlante.

Rimasero tutti e cinque al centro del corridoio, mentre il treno frenava per brevi tratti e continuava la marcia sul ponte di collegamento che raggiungeva la stazione. La città alta era sempre più vicina e nell'area in cui si erano appena introdotti dominava un ordine generale nella disposizione degli edifici. Il treno passò sotto una serie di archi che illuminavano i binari ognuno di un colore differente, regalando un'ipnotica alternanza di luci. «Benvenuti a Edel» disse l'altoparlante.

Quando il treno si arrestò, le porte si aprirono in un silenzioso scatto. La stazione era gremita di gente. Anche se erano soltanto le prime ore del mattino sembrava che non ci fosse pace.

I cinque scesero ordinati e stirarono i muscoli indolenziti. Aran perse qualche istante a studiare la fitta sequenza di pannelli luminosi, pieni di indicazioni.

«Andiamo fuori, le orecchie mi stanno per esplodere...» borbottò impaziente Cora. Nell'aria si percepiva un ronzio monotono. Era poco più che un sottofondo ma, non appena Cora se ne rese conto, non riuscì più a sentire altro. Era insopportabile. Portò le mani alle orecchie e finalmente prestò attenzione ad Aran: stava indicando i tubi di alimentazione che si snodavano sulle pareti. «È la Seorite! Con tutti i sistemi Cec attivi dovrebbe esserci un frastuono incredibile. Avranno qualcosa per isolare il rumore» disse questi.

«Ma già così è dannatamente fastidioso!» esclamò Cora e osservò con disappunto i cittadini ormai assuefatti al rumore.

Uscirono rapidamente dalla stazione; lì, si apriva un ampio parcheggio con una marea di veicoli per il trasporto dei passeggeri. Uno stormo di avvoltoi pronti ad accaparrarsi la corsa.

«Turisti? Prego... prego... da questa parte» esordì un uomo tarchiato col berretto azzurro e stampato con lo stemma kharzaniano. Li trattò come un prezioso tesoro da nascondere e per poco non li spinse a forza dentro il vecchio veicolo color porpora poco distante. Una coppia di suoi colleghi era già a ridosso di Fez. «Sono con me!» ringhiò, quasi a strapparglielo dalle mani.

«Dove volete andare? Avete intenzione di fare il giro panoramico della città o semplicemente vi porto a destinazione?» chiese d'un fiato.

Marmorel si sottrasse alla presa dell'autista e inciampò sulla sacca di Fez. «Un attimo... ma che modi sono? Si dia una calmata!» urlò all'uomo.

L'autista mantenne il sorriso d'ordinanza, sistemò la giacca, e raccolse il bagaglio. «Scusami, ci penso io» continuò in tono formale.

Dopo aver riempito il portapacchi sul tetto, i giovani entrarono nell'angusto veicolo.

«Potete chiamarmi Mansell ed è un onore farvi da guida per le vie della città. Fanno cinquanta scudi» disse espirando tutta l'aria dai polmoni e rilassandosi sul sedile.

Aran, seduto davanti, aveva appena estratto il salvadanaio quando Mansell gli passò sopra il terminale e accreditò sul proprio conto la somma di scudi pattuita.

«Avete già una destinazione? Un alloggio? Qualche amico? Giriamo a vuoto per Edel?» incalzò. Sistemò lo specchietto retrovisore e strofinò le mani.

«Ci porti in un posto dove poter lasciare i bagagli e dormire la sera, lontano da qui, per favore» disse Cora che stretto tra Fez e Marmorel era impossibilitato a muoversi come voleva. L'abitacolo puzzava di vecchio e alcune rifiniture erano arrugginite. Si sentiva come una sardina in scatola, di quelle dall'odore pungente che apriva con Aran nelle cucine degli Allet quando la madre non era in casa.

«D'accordo, conosco qualcosa di carino vicino al Giardino dei Sensi.» Il veicolo si accese e le portiere si chiusero senza che nessuno le toccasse. Mansell imboccò la rampa d'uscita collegata alla sopraelevata.

«Cos'è il Giardino dei Sensi?» chiese Marmorel con il naso tappato.

Mansell prese un percorso dove le indicazioni intimavano la circolazione solo ai veicoli forniti di alimentazione Cec. Un raccordo che circondava Edel in un abbraccio e passava di fianco ai piani alti dei grattacieli. «Il Giardino dei Sensi è il posto dove si va per ritemprarsi dopo una settimana di lavoro. Con i Cec sparsi per Edel alla lunga i rumori della città diventano difficili da sopportare.»

«Anch'io impazzirei in queste condizioni» sottolineò Cora.

«Dopo un po' ci si abitua, ma una pausa ogni tanto non fa male. È il prezzo da pagare per l'alto tenore di vita che ci offre il nostro meraviglioso governo.»

Mansell scartò di lato e il veicolo accelerò all'improvviso, superò un altro mezzo e rientrò nella corsia. Una volta ripresa la velocità normale, Cora si rese conto di aver artigliato la gamba di Fez, ma l'amico non sembrava nemmeno averci fatto caso, stretto com'era alla maniglia della portiera.

Passarono vicino a un palazzo più alto degli altri. La sagoma a spirale terminava in una punta che perforava il cielo. Una costruzione circondata da altri tre edifici dalla stessa forma, ma più contenuti nelle dimensioni.

Elidana schiacciò la faccia contro il finestrino. Davanti a lei si stagliavano le gigantesche statue che aveva visto dal treno. «E quelle?» domandò. Una di esse raffigurava un guerriero dalla folta barba, abbigliato con pelli di animale; impugnava una spada di pietra scheggiata e spaccata in punta. L'altra imponente opera era un uomo con occhiali rotondi, vestito con un doppiopetto. Sul palmo aperto reggeva una pietra rotonda.

«La statua a destra rappresenta Emil Croden: il genio che ha scoperto come utilizzare la Seorite e ci ha donato questi anni di gloria» spiegò Mansell, indicando la figura con gli occhiali.

«L'inventore dei sistemi Cec» fece Elidana, annuendo debolmente.

«Ma non è troppo... come posso dire... grande?» aggiunse Cora.

«Beh, merita di certo un posto d'onore. La nazione gli deve tutto» rispose Mansell.

«Ma l'altro chi è? Sembra un barbone» chiese Aran con voce curiosa.

«Bada a come parli, ragazzo! Quello è Orghein e non è un barbone. È il vero Primo Scudo. L'eroe che quattrocento anni fa radunò tutte le tribù dal mare dei Folli al confine con il deserto della Zalesia, formando il Kharzan per come è adesso» Mansell rispose con fervore e Aran alzò le spalle. «Scusa... non lo sapevo.»

«Signor Mansell, sa dirmi dove si trova il circuito del Gran Premio?» chiese Fez.

«Non è molto lontano da qui.» Mansell ritornò al tono compiacente. «Bene bene, quindi siete in città per la corsa? Fate il tifo per Vernon Zalan degli Unicorni Rampanti, mi raccomando.» Colpì con la mano l'unicorno giallo che dondolava dallo specchietto. «È un ragazzo che se lo merita, ha sudato parecchio per arrivare dov'è adesso.»

Marmorel che aveva giocato con piccole leve e pulsanti per tutto il tempo, abbassò il finestrino d'un colpo e una folata di vento diede ossigeno all'auto.

«Mhmm... da quello che ho letto, Laratt è il migliore pilota di vaasp degli ultimi vent'anni» controbatté Fez.

Mansell fece una smorfia di disapprovazione. «Mah, i giornali possono scrivere quello che vogliono. Ma Vernon è il più abile e veloce. Quest'anno ha dimostrato il suo valore stabilendo nelle prove i migliori tempi sul giro.» Ritornò sulla strada. «Vincere un Gran Premio è qualcosa che ti cambia la vita.» Sterzò a destra.

«Ehi! Rallenta!» urlò Cora, pallido in viso.

L'auto scese dalla grande strada ed entrò in picchiata all'interno del percorso cittadino. Videro una gigantesca cupola di vetro sorretta da un'intelaiatura di metallo. Custodiva un lussureggiante prato popolato da alberi e piante dai molti colori, in contrasto con le atmosfere artificiali e grigie del quartiere. Cora notò dei bambini giocare mentre numerosi anziani conversavano seduti su comode panchine.

«Siamo quasi arrivati. Questo di fianco è il Giardino dei Sensi di cui vi parlavo. Il vostro albergo invece è tra quei palazzi» disse Mansell, mostrando la destinazione. Seguì la strada che cingeva l'isolato e si fermò davanti a un edificio a tre piani. «Se volete fare un giro per la città o semplicemente spostarvi, potete chiamarmi con questo.»

Diede ad Aran un biglietto da visita con il suo nome e il numero del veicolo: stampata nell'angolo in basso a destra vi era una casella rossa.

«Basta passare il dito sul quadratino rosso più volte fino a quando cambia colore, così posso raggiungervi in pochi minuti.»

La portiera si aprì, e Cora e Fez balzarono fuori. «Finalmente... finalmente, ho bisogno d'aria!» fece Marmorel intenta a togliere le pieghe al vestito.

«Riposiamoci, più tardi gireremo per la città» suggerì Aran che osservava tutt'intorno.

«Non dimenticatevi di contattarmi, sono a vostra disposizione, tutte le ore del giorno, in qualsiasi parte di Edel vi troviate.» Mansell ripartì a gran velocità. Cora ne approfittò per riprendersi e si tenne lo stomaco con entrambe le mani. «Dobbiamo per forza ritornare in quella macchina mortale?» domandò. Aran ed Elidana lo guardarono sconsolati. «Beh, non è che abbiamo molte alternative» disse lei.

Sopra l'entrata dell'albergo spiccava la dicitura: "Vecchia Casa Azul" fatta di un blu così acceso che risaltava in contrapposizione al bianco spento del prospetto.

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