Crystallum Sogni Perduti

By GiovanniCacioppo

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#1 Romanzo Fantasy della saga "Crystallum" Attenzione - Cartaceo ed Ebook disponibili su Amazon. Gratis se si... More

Comunicazione Importante
Prologo
Capitolo 1 - Seconda Parte
Capitolo 2 - Prima Parte
Capitolo 2 - Seconda Parte
Capitolo 3 - Prima Parte
Capitolo 3 -Seconda Parte
Capitolo 4 - Prima Parte
Capitolo 4 - Seconda Parte
Capitolo 4 - Terza Parte
Capitolo 5 - Prima Parte
Capitolo 5 - Seconda Parte
Capitolo 5 - Terza Parte
Capitolo 6 - Prima Parte
Capitolo 6 - Seconda Parte
Capitolo 7 - Intero
Capitolo 8 - Prima Parte
Capitolo 8 - Seconda Parte
Capitolo 9 - Prima Parte
Capitolo 9 - Seconda Parte
Capitolo 10
Capitolo 11 - Prima Parte
Capitolo 11 - Seconda Parte
Capitolo 12 - Prima Parte
Capitolo 12 - Seconda Parte
Capitolo 13 - Prima Parte
Capitolo 13 - Seconda Parte
Capitolo 14
Capitolo 15 - Prima Parte
Capitolo 15 - Seconda Parte
Capitolo 15 - Terza Parte
Capitolo 16 - Prima Parte
Capitolo 16 - Seconda Parte
Capitolo 17 - Prima Parte
Capitolo 17 - Seconda Parte
Capitolo 17 - Terza Parte
Capitolo 18 - Prima Parte
Capitolo 18 - Seconda Parte
Capitolo 18 - Terza Parte
Capitolo 19 - Prima Parte
Capitolo 19 - Seconda Parte
Capitolo 20 - Prima Parte
Capitolo 20 - Seconda Parte
Capitolo 21 - Prima Parte
Capitolo 21 - Seconda Parte
Capitolo 22 - Prima Parte
Capitolo 22 - Seconda Parte
Capitolo 23 - Prima Parte
Capitolo 23 - Seconda Parte

Capitolo 1 - Prima Parte

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By GiovanniCacioppo

Uno spiraglio di luce attraversò le crepe della finestra in legno e gli illuminò il viso. Intanto, il rumore dei passi della signora Flint giù per le scale diveniva sempre più greve.

«Altri cinque minuti...» sussurrò Cora. Maledisse quei rumori fastidiosi con un brontolio.

La porta si aprì con uno schianto. Lui si voltò dall'altro lato.

«Per l'ennesima volta, Cora! Sei in ritardo! Svegliati o puoi dimenticare le vacanze estive!» gridò la donna nella penombra della stanza. Senza attendere una risposta, allungò il passo verso la finestra e la spalancò. «Elidana ti sta già aspettando!» Si avvicinò al letto e strappò via la coperta in un unico gesto.

Cora sbuffò indolente e coprì gli occhi con la mano. «Signora Flint! Non deve entrare in questo modo!» abbaiò lui, il viso ancora gonfio. Si sedette sul letto, passò le dita tra i capelli arruffati dalla notte e le mandò un'espressione torva.

«Devi essere puntuale anche l'ultimo giorno!» ribatté la donna imperterrita. Sollevò i pantaloni e la camicia sgualcita, accatastati sulla sedia e glieli lanciò addosso. Infine, impugnò il pomello della porta. «Oggi salti la colazione. Ci vediamo in classe!» E si defilò.

Cora fissò la parete davanti a sé, si diede due buffetti sul volto e si alzò per indossare gli abiti. Sistemò le bretelle rosse e andò in bagno a lavarsi il viso. Non appena fu pronto, afferrò una mezza dozzina di sassolini dalla scrivania e li mise in tasca. Alcuni, tuttavia, scivolarono all'interno dei pantaloni fino a tintinnare sul pavimento.

Fece una smorfia. «Quando si deciderà a comprarmi dei nuovi vestiti, sarò già fuori da questo posto» borbottò.

Ritornò alla scrivania e prese dal cassetto un astuccio verdastro e ammaccato. Lo tenne con entrambe le mani e aprì il coperchio con cura; lì dentro scintillava una placca rettangolare di ferro che gli restituì il riflesso della luce. Sorrise senza accorgersene. Era l'unico dono che la signora Flint gli aveva fatto per i suoi quattordici anni. Gli diede una rapida lucidata con il pollice e la nascose nella tasca della camicia.

Scese le scale cigolanti e oltrepassò, immerso nei suoi pensieri, il corridoio tappezzato di disegni.

Si soffermò un attimo sulla porta che aveva oltrepassato ogni mattina e che finalmente non avrebbe più rivisto per un pezzo. La scritta, incisa con un coltello, recitava "Aula". «Certo, aula...» mormorò Cora: era poco più di un ripostiglio. A malapena ci entravano la vecchia cattedra, i due banchi mezzi rotti e l'armadio traballante, che stava su solo perché l'avevano inchiodato al muro. E l'avevano inchiodato davvero bene. Lui stesso si era assicurato che reggesse, e poi ci aveva aggiunto qualche altro chiodo per sicurezza. Era convinto che adesso non l'avrebbe tirato giù nemmeno un terremoto.

La signora Flint attendeva davanti alla lavagna; il lungo naso adunco era sprofondato tra le pagine del registro.

«Finalmente» disse la giovane che occupava uno dei due banchi. Brillanti occhi azzurri fulminarono Cora, ma lui prese posto in silenzio. Le mani iniziarono a sudare.

Lei era seduta composta, con la schiena dritta e dopo aver scosso il capo con delusione, sistemò il fermaglio dalla fantasia floreale.

«Elidana, ti prego...» Cora si distese con un braccio sul banco, appoggiò la guancia su di esso e osservò la campagna all'esterno.

«Potevi fare un piccolo sforzo, almeno oggi...» infierì lei. La carnagione di Elidana era chiara e candida, ma quando si inalberava, le guance assumevano un colorito febbrile. Con eleganza si tolse dalla spalla il ciuffo ambrato e prese tre libri da sotto il banco. «Spero che tu non abbia combinato qualcosa ieri sera.» Ne aprì uno intitolato Storia di Lamia: dalle guerre kharzaniane all'unificazione della Repubblica e iniziò a sfogliarlo.

«Smettila con queste finte ramanzine» sussurrò lui. «Piuttosto, al termine della lezione andrò da Fez...»

Elidana scosse nuovamente il capo. «Io resto qui, viene a trovarmi Marmorel, deve dirmi alcune cose, ma sono sicura che parlerà di Aran» sbuffò. «Si parla sempre di Aran... e continuerà a farlo ancora di più in questi tre mesi...»

«Non penso di poterla sopportare fino alla festa di fine estate» fece Cora.

«Neanche io.» Si scambiarono un sorriso. Elidana allungò la mano aperta verso di lui. «Hai dimenticato qualcosa?» domandò, adesso con la fronte aggrottata. «Ieri sera, per colpa tua, non ho chiuso occhio» aggiunse. «Avevamo fatto un patto.»

Cora prese uno dei piccoli sassi che aveva in tasca. Lo ripulì per bene e lo adagiò sul palmo della giovane. «Questa storia deve finire...» mormorò.

Elidana chiuse il pugno e lo portò al petto. Fece un lento cenno con il capo. «Grazie» disse infine.

La signora Flint finse un colpo di tosse. «Come ben sapete, oggi è l'ultimo giorno di quest'anno scolastico» disse in tono solenne. Cora ed Elidana annuirono all'unisono. La donna si alzò dalla cattedra.

«Il grembiule» fece Cora, indicandola.

«Il grembiule, giusto... hai ragione» ripeté l'insegnante mentre lo toglieva dalla vita e goffamente lo posava sulla sedia. Finse un altro colpo di tosse e iniziò a scorrere il dito sul registro. «Allora, "Guerre kharzaniane": fatte. "Unione delle Spighe e Sette Senatori": fatti.» Prese una pausa e alzò un sottile sguardo sopra il registro. «Sistemi Cec e schemi di Croden: fatti anche loro.» Abbassò il quaderno e lo portò dietro la schiena. «Bene, direi che abbiamo finito il programma.» La donna osservò Cora. «E per voi iniziano le vacanze.» Avanzò verso la finestra e l'aprì in uno strattone; piccole foglie di vernice si staccarono e dondolarono al suolo. «Però, vorrei conoscere i vostri progetti per questa estate. Non ne abbiamo più parlato e io pensavo di portare i bambini a Virn, per un po' di mare.» Incrociò le dita delle mani, cinse il busto e prese una boccata d'aria. «Vorrei sapere se avete deciso di considerare la mia proposta di trovarvi un lavoretto estivo.»

Elidana affondò la testa in mezzo alle spalle. Cora sapeva che lei avrebbe preferito passare le vacanze all'ombra di qualche albero a leggere i suoi libri.

«Non abbiamo molte disponibilità e le donazioni del consiglio cittadino diventano sempre più rare» continuò la donna.

Fu Cora, stavolta, a schiarirsi per bene la voce. «Io ho già preso un impegno con Aran e Fez. Andremo a Clodia» disse. «È una cosa seria.»

La signora Flint inarcò un sopracciglio, mentre Elidana spalancò gli occhi. «Tu, Aran e Fez... a Clodia? Che lavoro avete intenzione di fare?»

«Camerieri, lavapiatti... cose così. La paga non è un granché.» Tamburellò le mani sul banco. «Ma come ha detto la signora Flint, qualche soldo in più può sempre servire» disse rapido.

La donna tentennò, ma non si oppose. Si voltò verso Elidana. «Per piacere, cara, potresti andare a svegliare i piccoli?» chiese a modo.

«Certamente.» Lei si alzò e sistemò la camicetta di una taglia più grande. Per tutto il percorso fino alla porta, fissò Cora minacciosa.

Una volta soli, l'anziana donna si avvicinò al banco del ragazzo e adagiò la punta delle dita sulla porzione di legno davanti sé. «Come stai?» sussurrò con un sorriso incerto.

Cora divenne serio, ma mantenne lo sguardo sulla finestra. «Lei è stata scorretta nei miei confronti, signora Flint» disse asciutto.

La donna si strinse tra le braccia. «Dovevo proteggerti in qualche modo.»

«Proteggermi? Avrebbe dovuto tenere per sé quel pezzo di metallo. Almeno non l'avrei scoperto» ringhiò buttando via tutta l'aria che aveva nei polmoni. Si sentiva tradito.

«Ti chiedo scusa» continuò lei con voce spezzata.

«Beh, troppo tardi. Ha giocato con i miei sentimenti.»

«Se i kharzaniani ti avessero scoperto, ti avrebbero portato con loro.» La fronte contratta le accentuava le rughe del viso.

«Forse non sarebbe stata una cattiva idea, non crede? Forse dall'altro lato del continente ho una famiglia... una VERA famiglia» appuntò lui.

La signora Flint s'interruppe e singhiozzò. Portò la mano alla bocca e gli occhi s'inumidirono.

Cora ebbe un sussulto e quasi si rammaricò di quella sfuriata. Alzò le spalle e sbuffò. «Non sono stupido. È solo che adesso è tutto un gran casino.» Stavolta il tono della voce era calmo. Prese la medaglietta e la spinse sul banco. «Dovrei pensare che questo Ethan sia mio padre?» La piastra era spaccata a metà e lui indicò il nome e il numero di serie incompleto.

«Non lo so... posso solo dirti che quando ti hanno portato davanti la mia porta, nella cesta, c'era anche questa placca. Ho avuto paura, almeno quanta ne hai tu adesso.»

Rimasero in silenzio alcuni minuti, una parentesi che Cora occupò fissando il vuoto. Il fatto di non aver conosciuto i suoi genitori non era mai stato un problema: si era già posto delle domande in passato. Ma i volti, i comportamenti, le speranze di chi lo aveva messo al mondo scivolavano senza alcun appiglio in un fiume di ipotesi. Adesso, però, il nome era lì; su quella medaglietta. La signora Flint aveva nascosto un segreto che Cora avrebbe avuto il diritto di conoscere.

Elidana ritornò poco dopo, «Signora Flint, sono pronti a fare colazione» disse.

L'anziana donna scosse il capo. «Bene, io vi lascio» fece con un soffio di voce. «Devo pensare anche agli altri.» Quando andò via, accompagnò la porta, tenendo lo stipite con l'altra mano.

Anche Cora si alzò, ma Elidana si mise tra lui e l'unica via d'uscita. «Sai, ci ho riflettuto. Ti conosco troppo bene. Cosa state architettando tu e quel folle?» domandò mentre lo punzecchiava in petto con il dito.

«Perché devi sempre pensar male?» Cora la superò. «Per una volta, rilassati.»

«Rilassarmi? Non me la dai a bere, neanche per un secondo! Non ti ho mai visto spostare un sacco qui dentro. Aran, poi, pensa di essere il principe di Lud. Voi due che servite ai tavoli o che spazzate il pavimento? Non farmi ridere!» Incrociò le braccia in un'espressione minacciosa.

Cora deglutì: era fregato.

«Puoi ingannare la signora Flint con le tue storielle, ma sappi che ti sto addosso!» ribatté lei. Sistemò per bene i quaderni e, stizzita, andò via.

Cora fece un sospiro liberatorio, ne approfittò per uscire all'esterno dell'edificio e sperò di non incontrarla di nuovo durante il tragitto.

Sotto il sole estivo, si sgranchì i muscoli e inspirò a fondo l'aria della campagna; era una delle prime giornate davvero calde della stagione. Proseguì lungo il sentiero battuto fischiettando e oltrepassò la trave che reggeva la scritta: "Orfanotrofio di Lud, la casa per chi casa non ha."

Tirò fuori dalla tasca la medaglietta e la osservò di nuovo. Non ne aveva parlato con nessuno dei suoi amici, né Aran né Elidana. Sapeva già come la pensavano gli abitanti di Lud riguardo ai kharzaniani e non era il caso di smuovere le acque. «Non lo è davvero...» disse ad alta voce.

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