16. Strane Alleanze

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Vorrei dire di essermi svegliata presto per ripassare prima dell'esame, ma la verità è che non ho chiuso occhio. Alle 5 perdo la pazienza e mi alzo, solitamente non vado a correre nei giorni dei test, ma oggi farò un'eccezione, ho troppo da digerire. È molto presto, posso permettermi di correre un po' di più, sono scura mi farà bene. Durante tutto il tragitto non smetto un attimo di pensare a ieri sera, e la cosa che mi preoccupa di più è che sono più spaventata dalla me che ha creduto ciecamente ad un ragazzo che appena conosceva piuttosto che dalla me con gli occhi rosso sangue che ardeva di dolore.

Torno dopo circa 1 ora, mi faccio la doccia, una colazione abbondante, ripasso le ultime cose e mi preparo. Indosso la divisa della scuola, ma faccio le onde ai capelli, mi danno più un'aria da cattiva, calco leggermente il trucco, quanto basta per allungare la forma degli occhi.

Papà è già uscito, non mi sorprende, sembra che tutti gli uomini vogliano fuggire da me ultimamente. Questa è una novità per me, sono sempre stata io la manipolatrice, ed ora il mondo mi sta dimostrando come si sta dalla parte del manipolato. Decido che in biblioteca andrò dopo le lezioni, avrò 5 ore di saggio, voglio rimanere concentrata.

Arrivo in classe all'ultima campana, lo faccio volontariamente, così da non sentire le scuse ed i lamenti di nessuno, mi siedo al mio posto, saluto solo Alissa ed aspetto che il mio foglio voli a me.

Gioisco nel leggere la traccia, è un autore che ho studiato alla perfezione. Mi dedico completamente alla scrittura, non volgo mai lo sguardo verso quel bugiardo di Paride, mi distrarrebbe troppo, ma nemmeno verso Tom. Esattamente 4 ore e trenta minuti dopo, ho finito il mio lavoro e ne sono più che soddisfatta.

Esco dalla classe con Alissa.

- Oggi devo fare un salto in biblioteca, ti va di accompagnarmi? - le chiedo

- si certo, ora? -

- No dopo pranzo, prima devo fare una cosa -

È vero. Prima devo parlare con Tom, merita delle scuse e che io gli spieghi tutta la situazione, anche se non c'è molto da aggiungere. Lo aspetto sulla porta d'ingresso dell'aula, così da fermarlo appena esce. Paride è stato uno dei primi a consegnare, e se n'è andato senza dirmi nulla, si crede così forte, ma è solo un codardo, schiavo della sua stessa arroganza.

Pochi minuti dopo ecco Tom.

- Ehi, ti va di parlare? - lo fermo subito

- Mi piacerebbe - mi risponde

Usciamo in cortile, così da avere più tranquillità. Ci sediamo ai piedi di una quercia centenaria, forse per rubarle un po' della sua stabilità e fermezza. Ha un viso così dolce, non posso credere di aver dubitato di quei due occhioni così amorevoli.

- Ti chiedo scusa, io non avrei dovuto dubitare di te, mi sono fatta raggirare, non è da me te lo giuro, non so cosa mi sia preso, scusa davvero - dico sinceramente, ma anche in modo maldestro, non sono molto brava con le scuse.

- Tranquilla non è colpa tua, è tutto a posto - mi rassicura

La sua espressione sembra così sincera, non capisco come una persona possa essere così buona da non arrabbiarsi, non portarmi rancore, dopo tutte le brutte cose che gli ho urlato.

- No non lo è, ho ascoltato la voce altrui anziché seguire il mio istinto, il mio cuore sapeva che tu non lo avresti mai fatto, ed aveva ragione. Sei una delle persone migliori che abbia incontrato e non voglio perderti - dico con voce tremante

- Sarò con te finché mi vorrai - mi risponde

- Anche se mi comporterò da stupida? Tendo a farlo spesso -

Senza FineWhere stories live. Discover now