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Dopo che fui salita in camera, mi sedetti sul balcone per fumarmi una sigaretta, -che film gli hai messo?-, gli chiesi appena lo vidi entrare in camera, -Lilo e Stitch- rispose facendomi sorridere, -anche io amo quel film- commentai sentendolo abbracciarmi da dietro, -com'è andata oggi?- iniziai lasciandogli un bacio sulla mano, -tutto bene- rispose vago, -potresti anche essere più preciso- risposi facendolo sbuffare, -perché dobbiamo parlare di lavoro se siamo qui insieme?- domandò appoggiando la testa sull'incavo del mio collo, -perché il lavoro stressa, sopprattutto il tuo- spiegai, -poi è da un po' di tempo che non lavoro con te- continuai sentendolo sospirare, -e c'è qualcosa che non vuoi dirmi- aggiunsi girandomi a guardarlo, -amo quando fai così- scherzò lasciandomi dei baci sul collo, -non sto scherzando, prima era diverso, mi dicevi sempre tutto e improvvisamente non accade più nulla?- insistetti facendolo innervosire, -è il mio lavoro non il tuo- iniziò facendomi subito arrabbiare, -talmente tanto è il tuo lavoro che per farmi participare mi sei stato addosso un po' di tempo- ribattei, -è da tre anni che lavoriamo insieme e adesso solo perché non ti dico più nulla...- fece per parlare ma lo interruppi subito, -il problema è che lo decidi tu quello che devo fare io- gli spiegai, -ho accettato di lavorare con te e mi sono trovata benissimo, adesso non ti devi permettere di tagliarmi fuori-, -sei testarda- commentò guardandomi, -tu uno stronzo, se non vuoi più che lavoro con te almeno dimmelo- ribattei, -ti ho aiutato tanto, fare così è da scemi- finii rientrando in casa.
Nervosa da quello che mi aveva detto, o almeno, da quello che mi aveva fatto capire, guardai l'orario notando che erano le cinque emmezza; scesi in cucina a farmi un caffè e dopo averlo bevuto andai a controllare i bambini, che stavano ancora guardando il film.
Ritornai in camera per prepararmi visto che alle sette emmezza dovevamo uscire; non trovai Stephen e così entrai subito nella cabina armadio per scegliere i vesti; optai per una gonna di jeans con la sua medesima giacca e sotto, un top corto a maniche lunghe bianco: per le scarpe scelsi i soliti anfibi neri.
Appena vestita ritornai giù, ritrovando Stephen impegnato col telefono, -i bambini si stanno già cambiando- parlò girandosi a guardarmi, -va bene- risposi evitando di dargli retta, -hai intenzione di non parlarmi più?- chiese prendendomi dalla vita, -tu invece quale intenzione hai?- ribattei liberandomi dalle sue braccia, -allora, tu con me non puoi lavorare, è pericoloso- spiegò facendomi imbestialire, ma evitai di farglielo capire, per quanto mi fosse possibile, -lavorerò da sola allora- finì salendo subito le scale per evitare di continuare quella conversazione, -non credo tu possa riuscirci- sussurrò ma evitai di rispondere per non creare più problemi.

Non capivo il suo comportamento, aveva insistito sempre per farmi lavorare con lui e passati tre anni se ne esce con non puoi lavorare con me? Non mi sembrava giusto sopprattutto se lo veniva a dire così.

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Eravamo al ristorante ed io stavo facendo tutto tranne che divertirmi, ogni volta che vedevo la faccia di Stephen mi innervosivo subito. Lui si comportava normalmente, evitava di parlarmi se non per chiedermi cosa prendevano i bambini. -Ti vedo strana- commentò Hannah attirando l'attenzione di Dorian, che era accanto a lei, -lasciamo stare per favore- parlai passandomi le dita fra i capelli, -mi racconti dopo- sussurrò il ragazzo, facendomi poi l'occhiolino, -non voglio proprio parlarne- ammisi dopo evitando di guardarli. Passai il resto della serata a parlare con i miei due amici, finché, dopo aver finito di cenare, uscimmo fuori dal locale; stavo camminando, sorridendo appena vidi quanto Karine e Diego si divertissero con gli altri.
Dopo aver fatto una passeggiata in città ci fermammo a prendere il gelato per i bambini: i miei figli e il figlio Aleksandr e Hannah, cioè mio nipote.
-Hai freddo?- mi chiese Stephen, portandomi una ciocca di capelli dietro all'orecchio, -poco- risposi notando il suo sguardo, -lo so che sei arrabbiata, ma è tutto più complicato ora-, -è sempre complicato, tu peggiori la situazione però- ribattei cercando di non esagerare con le parole, visto che ero molto arrabbiata, -io non lo rendo più complicato, lo rendo più sicuro- continuò guardandomi negli occhi, -tutta sta storia mi da fastidio e il tuo comportamento ancora di più, non puoi decidire sempre tutto-, -io sono il capo però- disse ancora, -non il mio- finì cercando di allontanarmi da lui per evitare di litigare seriamente. Mi seguì. Mi tirò a se, abbracciandomi forte da dietro, -odio litigare con te- sussurrò sopra il collo, -io no? Cerca per favore di ragionare e capire cosa mi da sui nervi e risolviamo questo problema- replicai con il suo stesso tono, -ora come ora, lavorare con me sarebbe pericolosissimo- ripeté imprigionandomi tra l'auto e il suo corpo, -se è rischioso per me è rischioso anche per te- insistetti facendolo ridacchiare, -tu ridi e di tutta questa storia, mi fa incazzare soprattutto che per te tutto questo è solo un capriccio- sbottai allontanandolo da me, -staremo insieme anche da tanto ma nessuno comanda la mia vita, quindi smettila di comportarti con me come se fossi un tuo uomo- continuai dopo facendolo incazzare, -io sono tuo marito, giusto?- chiese avvicinandosi a me, -ora come ora sei tutto tranne l'uomo che mi ascoltava e che mi appoggiava sempre- finì, delusa dal suo comportamento stupido. 

Mi allontanai da lui per raggiungere i miei due bambini, che stavano giocando in un parco non tanto lontano; -io ora vado a casa, sto poco bene, rimanete con papà o volete venire con me?- domandai accarezzando i capelli della bambina, -stiamo con papà- dissero tutti e due saltadomi addosso per salutarmi. 

Because I don't let you go 3 || Wo Geschichten leben. Entdecke jetzt