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Doloroso. Mi ha rovinato tutto.
Lui era bellissimo, il suo amico pure, bello in carne, ma per qualche motivo mi ha fatto male.
-Penso sia normale- mi tranquillizzò sedendosi nudo sul divano, mentre io ero ancora sdraiata; si girò a guardarmi prima di accarezzarmi una guancia, -fame?- domandò facendomi annuire, -prepari tu- disse sicuro dopo, facendomi alzare un sopracciglio, -è perché sei brava- si difese subito facendomi annuire sorridente. -Mi passi il vestito?- domandai ma mi passò la sua maglietta, -se ti si vede un pó di culo fa niente- aggiunse dopo, -vedrai le mie mutande visto che ho il ciclo- urlai correndo verso il bagno, visto che mi sentii proprio qualcosa scendere. Ma era un falso allarme.
Preparai un semplice piatto di riso prima di sedermi sul tavolo della cucina: -io ho sonno- lo avvisai guardandolo mentre finiva di mangiare, -non dormire che fumiamo- mi ordinò facendomi sorridere, -tu che devi fare?- domani legandomi i capelli, -controllo una cosa dieci minuti- rispose prendendo il telefono, -dammi che la faccio io- lo avvertì, riferendomi alle stoviglie.

-Mi faccio una doccia- lo avvisai facendolo annuire. Mi lavai e indossai una sua maglietta, visto che aveva il suo buon profumo. Ritornai in cucina e lo trovai sempre li seduto; -arrivo- mi avvisò toccandomi i capelli bagnati prima di cingermi la vita e di infilarmi in mezzo alla suo gambe, in piedi, -vedo come arrivi- risposi ma mi morse il collo, -dai- insistetti, -due minuti, ti giuro, conta fino a 120- mi promise e, tenendo d'occhio l'ora, appena possò il tempo, gli rubai il telefono, -schiaccia invia- mi avvertì e dopo averlo fatto gli lanciai il telefono sopra il divano, -sto lavoro- imprecai guardandolo, -appena posso devo fare qualcosa e non dirmi che non ti do retta- si difese subito facendomi sorridere, -non ho detto niente, però se dici dieci minuti, che siano dieci minuti- spiegai ma mi guardò divertito, -faccio la doccia e arrivo- mi avvertì facendomi annuì. Andai in camera e mi sdraiai sul letto, -anzi, facciamo la doccia- ritornò prendendomi in braccio e portandomi in bagno, -mi fa male tutto- lo avvertii, -so che ti piacerebbe ma facciamo solo una doccia- mi avvertì mentre mi toglieva la maglietta, -anche se per me è difficile resistere, sei davanti a me, nuda- sussurrò prima di baciarmi. -Meglio il bagno- pensai indicando la vasca, -se sei stanca no- mi contraddì, -vabbè facciamolo- insistetti e dopo aver aspettato che si riempisse ci entrai, rilassandomi subito; -domani dobbiamo spostarci- iniziò facendomi sdraiare sopra di lui, sentendo il suo membro a contatto con i miei glutei, -e dove?- domandai, cullandomi tra le sue braccia, -andiamo dove vuoi, se vuoi andiamo in Norvegia e poi cambiamo clima, andiamo al caldo- propose fumando cho che avevo già preparato io, mentre lui lavorava. -Decidi anche tu, magari conosci paesi che neanche so che esistono- parlai sorridendo appena vidi la sua mano che mi teneva salda a se, -hai freddo?- chiese, notando probabilmente il cambiamento dei miei capezzoli, visto che aveva la testa appoggiata alla mia spalla. Sapevo dove volesse arrivare, lo conoscevo bene anche se da poco tempo. -Ho troppo sonno, vado a dormire- parlai mentre mi alzavo ma mi tirò giù, -ti porto in braccio io piuttosto- mi avvertì facendomi ridere, ma la sua mano iniziò a vagare troppo, -sono stanca- gli ricordai, -ho capito, se vuoi smetto- rispose riferendosi ai grattini, -no- scossi la testa, -dai usciamo-.
Mi asciugai a malapena e dopo aver indossato le mutande mi buttai sopra al letto; poco tempo dopo mi raggiunse. Mi abbracciò subito e mi si sciolse il cuore, -chissà mio padre- sussurrai guardandolo, -tuo padre mi adora- disse sicuro e non aveva tutti i torti, -ma non dirgli che mi vuoi sposare- lo avvertii, provocandogli una risata, -io glielo dirò quando saremo pronti- mi avvertì accarezzandomi il viso, -ti fa male?- domandò, -no, però- iniziai ma neanche il tempo di finire che infilò la mano nella mia intimità, -sei uno stronzo- ansimai mentre sentivo le sue dita vagare sulla mia vagina, -se hai ancora dolore ti piacerà- sussurrò ma appena infilò due dita dentro, sentii bruciare. Rimase fermò pochi secondi prima di muoversi, e il piacere prese il sopravvento, anche se un pó di dolore lo sentivo.

Il mattino dopo, o per meglio dire, il pomeriggio, appena mi svegliai, avevo la testa appoggiata al petto di Igor, con la sua mano appoggiata sul mio fianco. Mi stiracchiai prima di guardarlo dormire; sorrisi accarezzandogli il viso prima che si svegliasse. Mi guardò prima di cambiare posizione e abbracciarmi; -io mi alzo, vado a fare da mangiare e preparo le nostre cose così partiamo- sussurrai, ma mugugnò qualcosa prima di guardarmi. -Che ore sono?- chiese guardando poi l'orologio al suo polso, -che palle- imprecò sedendosi sul letto, -siamo in ritardo per qualcosa?- domandai curiosa, -per il jet- spiegò mentre mi alzavo e sistemavo la borsa con i vestiti mentre prendevo quelli da indossare oggi.
Mi lavai e mi cambiai prima di andare in cucina, dove lo trovai già profumato e vestito, -hai fame?- chiese prendendo la mia borsa, -un pochino, ma resisto se dobbiamo andare- spiegai ma scosse la testa, -preparati quello che vuoi, io porto le cose giù e poi risalgo- mi avvertì escendo poi dalla porta.

Avevo appena preparato il latte caldo, ma quando sentii il rumore della porta non mi ritrovai davanti lui. -Non si lascia mai la porta aperta- parlò un ragazzo, che forse avevo incontrato nel corridoio ieri sera, mentre stavamo ritornando; -era chiusa, l'hai aperta tu- risposi cercando di calmarmi visto che in tasca avevo una pistola, che avrei usato solo se si fosse avvicinato troppo, anche se sapevo che da lì a poco sarebbe tornato Igor. Pensando proprio a lui, pochi secondi dopo entrò e appena lo vide lo prese dal collo prima di sbatterlo al muro. -Cosa ti ha fatto?- chiese, -nulla, sei arrivato in tempo, non so neanche che intenzioni aveva- spiegai velocemente, ma in qualche altro secondo l'altro uomo morì strangolato. -Karine- mi richiamò avvicinandosi a me, -non potrebbero cercarci?- domandai spaventata, -se sto figlio di cane ha qualcuno che teneva a lui gli farò sapere quello che ha provato a fare- disse sicuro sorridendomi leggermente.

-Racconta a Sokolov cos'è successo- ordinò passandomi il telefono; spiegai tutto a mio padre, finché non iniziò a parlare di Igor. -È bravo con te? Ho fatto bene a fidarmi di lui?-: fece domande a raffica che mi divertirono, -è più di tutto quello che mi hai detto- spiegai ma lo sentii sbuffare, -lo so che sono sempre stato pesante, ma non sai quanto odi questo momento- ammise aspettando una mia risposta, -io ti dico solo che per un pó staremo insieme, se poi continuerà non lo so- spiegai, -l'importante è che tu stia bene, se dovesse succedere qualcosa con lui lo voglio sapere ok?- chiese e accettai, -lo so che piace pure a te- ammisi, -è vero, tutto quello che vorrei che avesse ce l'ha, deve solo comportarsi bene con te, se non lo fa lo taglio vivo- mi avvertì facendomi sorridere preoccupata, -è bravo- ripetei ma subito dopo il telefono lo prese David. -Era uno dell'albergo?- domandò, -si, ho già raccontato tutto al papà- lo avvertii, -fa niente, ripeti anche a me- insistette così gli raccontai ancora quello che era successo. -Fa il bravo?- chiese alla fine facendomi ridere, -si fa il bravo- ripetei, -mh, metti in viva voce- continuò, -fai il serio- lo pregai, -sto facendo il serio, metti il viva voce- ordinò facendomi sbuffare. -Come va?- chiese, mentre lo guardavo scocciata, -non sono come mio padre- affermò facendomi corrugare la fronte, -infatti sei meglio- gli diede ragione mio zio, ma in sottofondo sentii mio padre, -le minacce le devo fare io, è mia figlia- lo rimproverò, -Igor è bravo- continuò mettendo giù la chiamata.

Because I don't let you go 3 || Where stories live. Discover now