Capitolo 44

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Ero chiusa in quello stanzino da almeno dieci minuti.

A riflettere sul da farsi.

Dirgli la verità?

O evitare come al solito di parlarne?

"Tana per la piccola Amy" la porta si aprì ma non entrò Giulio.

Bensì Gigli.

"Che ci fai qui?" mormorai indietreggiando.

"Ti cercavo".

"Perché?".

"Perché abbiamo un momento libero e volevo riprendere il discorso di stamattina" sorrise provocatorio.

"Io devo andare, mi stanno aspettando".

"Vi ho visti prima...gli hai detto tutto non è vero?" il suo tono era cambiato.

Avevo paura.

Come stamattina.

"N-no".

"Dimmi la verità, stavate parlando della cicatrice, vi ho sentiti" fece un passo verso di me.

Lo spazio non era molto.

Era comunque un ripostiglio.

Gigli incombeva su di me minaccioso.

"Voleva sapere perché non toglievo la maglia, tutto qui" sussurrai.

"Glielo hai detto, piccola scema?!".

"No".

Sembrò credermi.

Mi fissò per qualche secondo.

Poi allungò le mani verso di me.

"Fammela vedere, sai, sono anni che non la vedo" rise.

Voleva alzarmi la maglietta.

Voleva vedere la sua opera d'arte.

"Stammi lontano o inizio a urlare!".

"Provaci e ti uccido qui, senza che il tuo professorino se ne accorga".

Giulio.

Ti prego.

Corri qui.

Gigli cominciò a strattonare i bordi della maglietta.

Tirava.

Con una mano cercava di immobilizzarmi.

Mentre con l'altra si faceva spazio.

La sua erezione premeva sul mio ombelico.

Che schifo.

"Smettila! Ti prego!".

"Fammi vedere questa cazzo di cicatrice o giuro che ti picchio qui" rispose in preda all'ira.

Sentii il tessuto della maglia strapparsi.

Ero finita.

Aveva vinto lui.

"Come siamo cresciute..." commentò toccandomi il seno.

Volevo morire.

Lì.

In quell'istante.

Per non dover assistere ad un'umiliazione del genere.

"È eccitante averti qui alla mia mercé mentre il tuo fidanzatino è qui fuori" rise.

"Giulio!" urlai con tutto il fiato che avevo in corpo.

CartapestaWhere stories live. Discover now