Capitolo sei.

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Beatrice era nervosa, tremendamente nervosa. Non riusciva a stare ferma un solo minuto e continuava a muoversi avanti e indietro per tutta la stanza. Di tanto in tanto portava le mani alla bocca e si mordicchiava le unghie, lo faceva sempre quando si trovava sottopressione.

Stava ancora pensando alle parole di Niall, continuava a metterle insieme e a sentire quel vuoto alla bocca dello stomaco. Come se non bastasse, la nausea dovuta dalla gravidanza si aggiunse a peggiorare la sua condizione.

Niall aveva detto a sua madre che stavano insieme, che si amavano, che avevano voluto insieme quel bambino, e nessuna di queste cose era assolutamente vera. La verità era che si erano ubriacati così tanto da non capire cosa stessero facendo e si erano così ritrovati a fare sesso in un minuscolo stanzino dell'edificio, l'unica stanza libera che avevano trovato.

E poi... poof, non aveva avuto il tempo di rifletterci perché Lauren, la sua amica, l'aveva convinta a fare un test di gravidanza.  E Beatrice lo aveva fatto, perché era convinta di non esserlo. Ma quando poi l'oggetto nelle sue mani aveva segnato non una, come in realtà si aspettava, ma ben due tacche, allora tutto gli cadde addosso, tutti i progetti che aveva fatto per la sua vita, tutte quelle parole, adesso erano in frantumi, come il suo cuore. E lo sapeva che era sbagliato pensare che un bambino fosse un ostacolo per la propria felicità, ma in quel momento, con il test di gravidanza in una mano, il cellulare in un'altra e le lacrime a bagnarle le guance, non poté fare a meno di pensarlo.

Come avrebbe potuto crescere un bambino a soli 19 anni? Come avrebbe potuto crescere un bambino senza un lavoro sicuro? Come avrebbe potuto crescere un bambino da sola?

Quel giorno, stando in quella stanza, in quella casa così grande, così piena di cose costose, non poté fare a meno di sentirsi un pesce fuor d'acqua. Aveva sempre vissuto in una casa abbastanza piccola, con una famiglia modesta e quando si era trasferita a Londra per inseguire il suo sogno, aveva davvero capito cosa significasse fare 'malavita'.

Ora, però, da qualche tempo, sentiva che qualcosa stava cambiando. Non si riferiva solo al bambino in arrivo, ma a tutto, anche a Niall, perché forse, forse, aveva trovato qualcuno che l'avrebbe aiutata.

Stava ancora tremando - non solo a causa del freddo, ma anche per il nervosismo - quando Niall aprì la porta della sua camera e la richiuse dietro di sé. Beatrice si fermò di colpo e lo guardò cominciando a torturarsi il labbro inferiore con un dito.

"Mia madre é andata a dormire" annunciò Niall con voce bassa. Bea annuì spostando il peso su una sola gamba.

"Se vuoi, posso, cioé, posso dormire sul divano" la sua voce arrivò tremante alle orecchie di Niall. Quest'ultimo la guardò alzando il sopracciglio.

"Ti faccio così schifo?" e un sorrisino ad alleggerire la tensione.

Beatrice deglutì in imbarazzo.

"No" mi fai tutt'altro che schifo, stava quasi per aggiungere, ma evitò "lo dicevo per te, insomma.."

"Non se ne parla, piuttosto dormirei io sul divano, non sono così egoista" rispose Niall afferrando il suo pigiama da sotto il cuscino e tirando su la coperta abbastanza leggera. Beatrice cercò di trattenere un sorriso, perché quello era il Niall che conosceva, quello dolce e non quello scontroso.

"E poi il letto é abbastanza grande per entrambi" aggiunse facendo spallucce.

"Non ho nemmeno il pigiama" sussurrò Beatrice sempre più in imbarazzo. A quel punto vide Niall dirigersi verso l'armadio, aprire un cassetto e tirarne fuori una maglia bianca e uno di quei pantaloncini che di solito usano gli uomini per fare ginnastica.

Responsibility || Niall HoranWhere stories live. Discover now