XXVII: colpa tua

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un intero fine settimana passò e Vittorio rimase da solo, senza vedere né parlare con nessuno dei suoi amici. Lucia e Carolina lo odiavano, Livia e Penelope lo evitavano, Noah ovviamente non gli parlava e di Paolo non ne voleva mai più sentire parlare.
Il giorno dopo Vittorio entrò in classe e vide che il banco vicino al suo era vuoto. Livia era in banco con Penelope e Carolina con Lucia, solo Noah non si era ancora seduto e al suono della campanella vedendo che l'unico posto libero era quello di fianco a Vittorio, si sedette.
Le prime tre ore passarono e all'intervallo la classe si svuotò completamente ad eccezione di Vittorio e Noah.
I due ragazzi rimasero in silenzio, uno di fianco all'altro, non parlavano e si riusciva quasi a sentire il suono dei loro respiri.

<< Perché mi fai questo?>> chiese Vittorio a Noah senza neanche guardarlo in faccia
<< che cosa?>> rispose Noah
<< perché ti sei messo in banco con me? Perché sei rimasto qui ora? Vuoi umiliarmi ancora di più?>> rispose Vittorio sempre guardando in basso
<< io non ti ho mai umiliato, hai fatto tutto da solo. Smettila di vittimizzarti>> rispose Noah voltandosi verso il ragazzo.
Vittorio non rispose e nella larga aula si andò a ricreare quell'imbarazzante e interminabile silenzio.
<< Ti ricordi cosa mi hai detto quella sera ad halloween?>> chiese Vittorio
Noah non rispose.
<< Di non chiedere mais scusa solo perché ho fatto vedere a tutti chi sono veramente>> continuò Vittorio << ma in questa situazione è l'unica cosa che mi sento di poter fare>>
<<Vitto...>> disse Noah prendendogli la mano.
Vittorio si fermò e lo guardò.
<<perché mi tratti bene dopo tutto quello che ti ho fatto?>> gli chiese
<< perché provo ancora qualcosa per te>> rispose Noah.
Nel sentire quelle poche parole, quelle parole di gentilezza, di supporto, ma soprattutto di amore Vittorio scoppiò a piangere <<anche io>>rispose <<mi manchi Noah, davvero>> e dicendo ciò Vittorio si voltò verso di Noah e lo guardò in faccia.

I due allora si abbracciarono e Vittorio si accasciò leggermente sul petto di Noah con le lacrime che ancora gli bagnavano le ciglia.
<<scusami se ti ho fatto star male per Carolina>> disse Noah <<ma non sapevo davvero cosa fare>>
<< tranquillo, non è colpa tua. Non è colpa di nessuno>>
I due continuarono a parlare a lungo, ridevano, si abbracciavano, scherzavano e si consolavano a vicenda e quei dieci minuti di intervallo furono abbastanza per dimostrare quello che si volevano dire.
Ignari però del fatto che dall'altra parte della porta, a sentire tutto quello che si erano detti c'era Carolina, che non poté che porgersi le dita sotto gli occhi per fermare le lacrime.

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