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Scrivo qua, in alto, perché non voglio "rovinare" questo capitolo. Ho praticamente raddoppiato l'os che avevo scritto originariamente oggi: leggendola prima della pubblicazione ho sentito un vero e proprio bisogno di aggiungere ciò che mi passava per la testa e beh, quando l'ispirazione arriva rifiutarla fa soffrire il mio animo da scrittrice in erba a tempo perso. Forse tutto ciò è davvero troppo romantico, troppo scontato, troppo già sentito ma avevo il bisogno di scriverlo quindi perdonatemi nel caso non sia di vostro gradimento. 

Grazie a tutti, Sele 

p.s scusate per eventuali errori, fatemeli notare nel caso. Ci tengo davvero tanto a questo capitolo. 


PUZZLE 

s. ingl. [d'incerta origine] (pl. puzzles)
usato in italiano al maschile.
1. Rompicapo, gioco che costituisce un rompicapo. Per estens., problema, questione di difficile o impossibile soluzione.
2. Gioco di pazienza che consiste nel ricomporre a mosaico i frammenti di varia forma in cui è stata suddivisa (di solito mediante fustella) un'immagine stampata su cartone o su legno, o, più genericamente, gli elementi sparpagliati di un oggetto.
3. Il gioco enigmistico delle parole incrociate o cruciverba (ingl. cross-word puzzle).


Un fottuto puzzle.
Ecco come si sentiva Sirius. 

Lui era un puzzle terribilmente complicato, formato da innumerevoli frammenti che sembravano non trovare mai i giusti pezzi con cui incastrarsi alla perfezione. Era diviso in tanti piccoli pezzetti caotici e confusionari. Tutti colorati, esuberanti, accecanti tanto brillanti; il secondo dopo monocolori. Tutti. Tante sfumature di grigio così simili da sembrare identiche. 

Ma non aveva bisogno di essere composto, no, se lo ripeteva sempre. Le cose ordinate, precise, perfette, gli davano fastidio. Amava il suo disordine interiore quasi quanto i suoi capelli. 

Era uno di quei puzzle destinati a restare incompleti, abbandonati in un angolo di un freddo pavimento qualunque. Oppure il suo destino sarebbe stato essere richiuso nella scatola, quella stessa scatola accattivante che con le sue immagini colorate, particolari, a tratti strane, aveva stuzzicato la curiosità e la voglia di mettersi in gioco dell'acquirente. 

Forse se lo meritava.  Sapeva benissimo di essere una persona complicata, incasinata allo stremo, con una brutta vita alle spalle. Un bastardo, uno stronzo, una sofferente persona bisognosa di sentirsi superiore. Narcisista, egocentrico, spavaldo e spaccone. Prepotente. 

Ribelle. 

Lo sapeva, di non essere il migliore degli individui. 
Lo sapeva di essere un  problema. Ogni tanto pensava di essere un problema anche per i suoi amici, quegli stessi amici che avrebbe protetto a costo della sua stessa vita. Quegli stessi amici che rispettava, proteggeva, assisteva, salvava e amava profondamente. 


Remus aveva sempre pensato di avere tutti i pezzi al posto giuro, perfettamente incastrati.  

Non era sempre stato così, assolutamente! C'era voluto tanto tempo, tante lacrime, tanto dolore, ma era certo  di essere riuscito a completarsi da solo. Era certo di aver sistemato tutto, togliendo ogni traccia di caos e disordine.  

Lui aveva bisogno che tutto fosse ordinato. Tutto doveva essere sotto il suo completo controllo. 

Remus era un vero e proprio rompicapo: così sublime ed estenuante. 

Sublime nei suoi colori tenui che non feriscono gli occhi, che non attirano gli occhi degli altri, lasciando passare quell'opera d'arte quasi  inosservata. Eppure era così logorante non capire dove andassero esattamente quelle macchie di colori scuri, bui, spaventosi! Erano una costante tra i neutri toni, così improvvisi e contrastanti da sembra bucare la tela. 

Erano il suo piccolo segreto, quelle macchie di oscurità mai volute. Erano anche il motivo per cui era così freddo, così diffidente e distante. Faceva fatica a fidarsi. Odiava affezionarsi perché voleva dire proteggere qualcun'altro da se stesso, dal mostro che era. 

Poi era arrivato quel cane pulcioso e aveva capito di aver scordato dei pezzi, di aver lasciato vuoti e aver forzatamente obbligato alcuni frammenti a combaciare schiacciandoli, lasciando spazi vuoti, lati doloranti e angoli taglienti.

Alla fine, si erano completati a vicenda quei due. 

Ogni pezzetto aveva ritrovato i suoi incastri perfetti, anche se alcuni erano più rovinati, più spiegazzati, più rotti e con più segni di altri. Ma andava bene così. 

Si erano totalmente affidati l'uno all'altro. Era stato così difficile, mettersi a nudo in quel modo, spogliandosi delle corazze, lasciando i sentimenti e le emozioni in balia di qualsiasi possibile pugnalata.  Sembrava quasi impossibile adottare sul serio quella soluzione. Ed invece aveva funzionato. 

Si amarono così tanto, quei due. Nonostante ciò niente è eterno, l'amore non sempre basta. 

Si dovettero separare, di botto. Non il tempo di un abbraccio, un bacio, una parola. Riuscirono però a fare qualcosa di molto più significativo : si scambiarono una tessera, magari perfino quella ad altezza del cuore. 

Avevano due modi diversi di amare, di pensare, di vivere. Di sicuro quel piccolo e apparentemente insignificante frammento non avrebbe combaciato col resto lasciando così una piccola ma significativa imperfezione in entrambi. 
Era giusto così.
Andava bene così.
Anche se faceva male non essere più completi, quella piccola tessera non poteva sentirsi sbagliata. Non poteva semplicemente perché non lo era. 

Piccolo pezzo, piccolo rompicapo, piccolo problema... così perfetto. 

Forse tutto ciò, tutta la loro storia attraverso puzzle e sentimenti è così poetica e romantica da cadere nel banale, nello sciocco, nell'insensato ed esagerato. Ma Merlino, un amore così non può essere raccontato in altro modo. 



Wolfstar - one shotWhere stories live. Discover now