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In questo capitolo si parla di cannabis. Chi è sensibile riguardo questo argomento non legga.

Remus accese il joint con mani malferme, il sangue che gli rimbombava nelle orecchie furioso mentre la sua testa strillava senza sosta. Voleva una pausa, Remus, una pausa dal mondo, una pausa che gli permettesse di zittire i mugugni di dolore del suo cuore, una pausa che gli desse la possibilità di smettere di pensare, perché anche il suo cervello non riusciva più a stare zitto.

La fiamma dell'accendino rischiarò per un attimo la stanza per poi lasciare immediatamente il posto alla brace del joint. La finestra era aperta per non far impregnare di quell'odore tanto particolare i muri, ma le nuvole erano troppo spesse e la luce della luna non riusciva a raggiungere quell'appartamento nella Londra babbana.

La cannabis era la benedizione di Remus in quei momenti in cui si sentiva perso e sovrastimolato da ciò che accadeva nella sua vita. Lo rilassava, gli permetteva di staccare la testa abbastanza da poter prendere sonno senza versare un mare di lacrime e singhiozzare spasmodicamente, rannicchiato in posizione fetale sulla parte del letto che era appartenuta a Sirius.

Aspirò il fumo denso a pieni polmoni, chiudendo gli occhi e beandosi della sensazione. Talvolta la cannabis lo aiutava anche coi dolori post trasformazione. Ma questo dolore non aveva antidolorifico davvero efficace o alcuna cura, perché un cuore spezzato non si ripara così facilmente. Non c'è un incantesimo, una pozione, un qualcosa che potesse rendere Remus meno disperato e triste e devastato.

Nonostante dopo qualche tiro l'effetto del joint iniziasse a farsi sentire, una lacrima solitaria riuscì comunque a farsi strada lungo la guancia di Remus, fermandosi alla barba sfatta da giorni. Remus se la asciugò con gesti lenti, la mano sinistra che tremava vistosamente mentre la alzava verso il volto. Quando il freddo del metallo gli sfiorò appena la pelle segnata, Remus sussultò e sentì un conato di vomito salirgli lungo l'esofago. L'anello con cui Sirius gli aveva fatto la proposta mesi e mesi prima era ancora al suo dito, saldo.

Si sarebbero dovuti spostare, lui e Sirius. Erano decisi a farlo anche se i matrimoni omosessuali non erano ancora riconosciuti. E invece ora Sirius era chissà dove a compiere chissà che missione, solo, e Remus era in quell'appartamento che avevano comprato insieme quando erano andati a convivere. Era stato orribile vedere il loro amore sgretolarsi lentamente di giorno in giorno proprio in quella stessa casa, ma la guerra era anche questo no? Distruzione.

Il joint era quasi finito, ma Remus non si sentiva ancora abbastanza bene. Un singhiozzo lasciò le sue labbra, seguito da un altro ed un altro ancora e ancora ancora ancora. Si sentiva morire, solo, senza il suo Sirius, senza quello che pensava sarebbe stato per sempre l'amore della sua vita. Remus non era nemmeno più certo di amarlo ancora, dava la colpa di quel dolore sordo e persistente alla fine di una routine, alla perdita della confortevole sensazione di avere qualcuno al proprio fianco, al profondo affetto che ancora lo legava - dopo così tanti anni - al suo Sirius. Avrebbe dovuto smettere di pensare a Sirius come qualcosa di suo, prima o poi.

Remus spense ciò che restava del joint nel posacenere, poi si alzò dal pavimento. Gli faceva male ogni singolo muscolo e ogni singolo osso, ma non importava. Non più. Il suo cuore faceva così male da sorpassare ogni dolore fisico. Si sentiva morire, come se qualcuno stesse cercando di strappargli quell'organo vitale dal petto. Così Remus si infilò sotto le coperte dopo aver bevuto qualche sorso di acqua, si coprì con il pesante piumone - quello nero ricamato in argento che tanto gli ricordava Sirius, i suoi capelli corvini e i suoi occhi grigi - e si raggomitolò su se stesso tenendosi le mani al petto.

Il giorno successivo avrebbe aumentato la dose, magari sarebbe passato a un blunt. Gliela aveva insegnata Sirius, la differenza tra joint e blunt. L'ennesimo singhiozzo, questa volta meno soffocato e più liberatorio, sfuggì alle labbra screpolate di Remus. Dannato Sirius, si era portato via anche il burrocacao quando se n'era andato da casa loro, sul tavolo un bigliettino di scuse e di addio. Remus ricordava ancora le frasi che si erano detti il giorno precedente, quella litigata furiosa fatta di lacrime amare. Non si amavano più, non come prima. O forse non avevano mai smesso di amarsi ma non riuscivano più a farlo nel modo corretto. O forse si amavano così tanto da non poter sopportare una guerra insieme.

Ma non importava più, si disse Remus. Non importava più perchè ormai Sirius non era più lì, perché non sarebbero più stati marito e marito, perché era tutto finito, questa volta per davvero e senza ripensamenti. Forse alla fine della guerra nè avrebbero potuto parlare, forse si sarebbero potuti innamorare da capo. Forse.
Remus chiuse gli occhi e pregò che il sonno arrivasse in fretta, nonostante il freddo di essere soli in un mondo solo gli tormentasse le ossa. Non sarebbe stata la brace di una sigaretta o la fiamma di un accendino a risolvere quel buio che lentamente si stava creando dentro di lui, trascinandolo nell'oblio, ma per ora andava bene così. Il suo cuore doveva solo stare zitto.

Piccolo ritorno dopo mesi di assenza e anni di aggiornamenti sporadici. Ultimo capitolo del 2022, ma anche secondo dell'intero anno. Grazie a chi è rimasto, a chi è arrivato, a chi sta leggendo e a chi ha letto.
Un bacio, un abbraccio, una lacrima condivisa,

Sele.

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