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Alcune persone sono terrorizzate dall'idea di essere felici. È un concetto complesso, che non tutti gli esseri - babbani, maghi e non umani - possono comprendere facilmente e che molti giudicano senza rifletterci per il giusto tempo.

Perchè mai qualcuno potrebbe mai temere la felicità, l'obiettivo dell'uomo fin dai tempi che furono? Che senso avrebbe? Come si può vivere senza essere mai felici? 

La non-felicità non è compatibile con l'amore, con l'affetto, con... ciò che rende bella la vita, degna di essere vissuta. Giusto?

Sbagliato.

Sirius aveva per anni, da bambino, desiderato con tutto se stesso di poter finalmente essere felice, di provare tutto ciò che sommandosi porta alla felicità: l'affetto, l'amore, il successo. Poi il maggiore dei Black aveva iniziato la scuola e aveva conosciuto James, così la felicità era diventata sinonimo di libertà.

Per questo, quando Sirius era finalmente riuscito a trovare la forza di fuggire per sempre dalla sua famiglia di sangue, dalla sua gabbia, era stato molto deluso dallo scoprire che quella appena acquisita libertà non lo aveva reso davvero felice. Anzi, aveva un retrogusto amaro che sicuramente non era parte integrante di quel sentimento.

Forse la libertà non bastava, non senza l'amore e l'affetto e l'ammirazione del suo fratellino, del suo Regulus. James era suo fratello per scelta, quello era ovvio, ma non sarebbe comunque stato possibile sostituirlo completamente a Regulus. Ma questo Sirius non lo avrebbe mai ammesso a se stesso.

Insieme a quel senso di smarrimento causato da quella non-felicità era arrivato il senso di colpa, viscido e subdolo, che adorava attaccarlo di notte, nella privacy e nel buio del suo baldacchino, dove se chiudeva gli occhi poteva ancora sentire le urla di sua madre ed il dolore acuto degli incantesimi più crudeli, insieme alla vocina e gli occhi spaventati di Regulus.

Ma già da tempo prima Sirius aveva iniziato a cercare la felicità altrove, in un corpo caldo contro il suo, nelle scorribande e gli scherzi - anche i più crudeli - coi Malandrini, della Burrobirra e nelle sigarette babbane, nella musica e nei vestiti in pelle nera, nella motocicletta. Non l'aveva trovata.

Forse era Sirius stesso il problema? Forse era lui che non sapeva accontentarsi? Ma aveva senso accontentarsi? Come si poteva essere felici accontendandosi! Allora forse era Sirius che chiedeva troppo? Ma come era possibile definire un troppo? 

Forse Sirius aveva già trovato la felicità ma la aveva lasciata andare inconsapevolmente? Forse non aveva saputo riconoscerla? O forse... forse Sirius non la meritava. Forse la felicità pensava di aver già trovato il suo posto per Sirius, che rideva sempre, che si nascondeva quando sentiva le lacrime pizzicargli gli occhi. O forse non esisteva felicità riservata per Sirius.

Ad ogni delusione, ad ogni tentativo di trovare la felicità andanto in fumo, Sirius si convinceva sempre di più che semplicemente non ci fosse felicità per lui, che non ne fosse degno. Aveva iniziato quasi a vergognarsi di essere felice in quei momenti di spensieratezza che riusciva a ritagliarsi lontano dai suoi pensieri cupi.

E poi era arrivato Remus. Remus che forse aveva persino più paura di lui ad essere felice, perchè era convinto di non meritarselo per la mera finta colpa di esser stato morso da un bastardo quando era solo un innocente bimbo di cinque anni.

Remus aveva paura della felicità perchè, quando sei cresciuto convinto di essere solo un mostro, pensi che qualsiasi sprazzo di gioia ti venga ceduto dall'Universo abbia un prezzo elevato. Perchè la felicità non può esistere per un mostro, quindi tutti i sorrisi, tutti i momenti belli, vissuti, amati, non possono davvero avere un fine benevolo. Sono destinati a finire e restare un doloroso ricordo per quando il mostro verrà allo scoperto.

Quando Sirius aveva quasi causato la morte di Severus rivelandogli della Stramberga - mettendo a rischio la vita intera di Remus, vendendolo per pura vendetta personale - Remus aveva pianto e si era maledetto per aver osato iniziare a pensare di meritare di essere felice. Si era lasciato ammaliare da quel ragazzo così diverso da lui, con una vita così difficile da far male al cuore, si era fidato, si era innamorato. Era stato così bello, gli aveva fatto apprezzare per la prima volta la vita con il suo sguardo dolce solo per Remus.

Ma Sirius lo aveva tradito nel peggiore dei modi, mandando all'aria non solo la loro amicizia ma anche quella relazione in procinto di sbocciare. Remus aveva pensato di essersi meritato tutto quel dolore, quella tristezza logorante.

Eppure una sera del sesto anno - Sirius se ne era appena andato di casa, fuggendo finalmente da quel luogo infido - Remus era sceso in sala comune preso dall'insonnia e si era seduto di fianco al moro su uno dei divanetti davanti al fuoco. Erano rimasti in silenzio per ore e improvvisamente si erano voltati l'uno verso l'altro, e Remus aveva preso il viso di Sirius tra le mani segnate di cicatrici e aveva poggiato le labbra sulle sue, sicuro del suo gesto. Sirius si era lasciato andare ed avevano continuato a baciarsi, finchè una porta era scricchiolata e il momento si era spezzato.

Sirius si era alzato come scottato, era indietreggiato tremante, scuotendo la testa.

"Non posso Moony, non posso. Tu mi rendi felice, la mia vita negli scorsi mesi è stata orribile, ma non posso. È sbagliato - io sono sbagliato, non posso essere felice, la felicità mi rende crudele, vile - io assorbo la felicità altrui perchè di mio non me la merito, non posso averla, io-" aveva iniziato a rantolare Sirius, il cuore a mille, una mano tra i capelli disordinati.

Ma Remus, nonostante il terrore di essere felice, non si era arreso: aveva coperto in due falcate la distanza tra loro, aveva agguantato Sirius per le spalle e lo aveva scosso.

"Merlino Sirius, perchè cazzo hai così paura della felicità? Sei scappato da quel posto terribile, puoi crearti una vita solo tua, perchè cazzo non vuoi essere felice? Perchè hai così paura? Tu che ne hai la possibilità, sii felice."

Sirius aveva sbattuto le palpebre un paio di volte, preso in contropiede, una lacrima solitaria gli era sfuggita e si era fermata sulla labbra rosse dai baci.

"E tu perchè hai paura della felicità, Remus?"

Remus si era bloccato, aveva allontanato le mani da Sirius, si era voltato a guardare il fuoco. Essere felice era pericoloso, ma Sirius aveva conosciuto il mostro. Essere felici voleva dire soffrire dopo, quando tutto sarebbe sicuramente finito. Ma Sirius valeva la pena di essere felice, valeva il rischio.

"Abbiamo un'opportunità di cercare la felicità insieme, Padfoot. Ti prego, facciamolo insieme. Da solo mi sento troppo un mostro per essere felice, e tu dici sempre che non lo sono, che se potessi vedermi attraverso i tuoi occhi vedrei solo me stesso anche quando sono... quello."

Remus aveva chiuso gli occhi dopo aver mormorato quelle parole, consapevole che il suo cuore non avrebbe retto veder Sirius andare via da lui, non dopo la ferita che gli aveva inflitto con quel tradimento orripilante. Ma quando aveva sentito le labbra di Sirius sulle sue, era stato costretto a spalancare gli occhi per controllare di non starsi immaginando tutto.

Sirius e Remus non avevano mai smesso di avere paura della felicità e nel corso della loro relazione - e della loro vita - avevano più volte perso occasioni e momenti in balia di quella soffocante sensazione di meritarsi solo non-felicità, qualsiasi cosa essa fosse. Però, quantomeno, avevano imparato a godersi insieme ogni goccia di felicità con la quale riuscivano a entrare in contatto.



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⏰ Last updated: Apr 19 ⏰

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