36. Siamo l'opposto della perfezione

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LUCAS

Mi svegliai di soprassalto con la testa che pulsava e gli occhi talmente pesanti che faticai ad aprirli. Sapevo dove mi trovassi anche se avevo faticato qualche istante a ricordarlo. La febbre si era alzata parecchio nelle ore successive al mio arrivo. Ricordavo relativamente il momento in cui un uomo vestito di tutto punto aveva accompagnato me e mio figlio a Haddington Palace. Quello che però non mi sarei mai dimenticato era il viso di Abigail quando, con Will tra le braccia, mi aveva assicurato che si sarebbe presa cura di lui. Ed io mi fidavo di lei, forse era l'unica di cui ero certo mi sarei sempre potuto fidare, nonostante le menzogne. Su una cosa ero certo, Abigail avrebbe dato la vita per Will e l'aveva dimostrato dal primo istante.

Rigirandomi nel letto a due piazze in cui mi avevano infilato quando ero arrivato, notai qualcuno fissarmi dal fondo della stanza e quasi non mi venne un colpo.

<<Abigail?>> sospirai di sollievo quando l'ombra non identificata decise di palesarsi. La vidi sorridermi dolcemente avvicinandosi al letto con un po' di timore.

<<Sì ma, non dirlo troppo ad alta voce. Non potrei stare qui>> spiegò in un sussurro fermandosi ad un passo da me.

<<E che cosa ci fai qui?>> chiesi tentando con fatica di alzarmi. Non mi piaceva fissarla dal basso all'alto e se dovevamo parlare avrei voluto essere faccia a faccia con lei.

Con un sorriso timido mi si avvicinò e mi aiutò a sistemare il cuscino in perfetto silenzio. Sembrava a disagio ed imbarazzata come all'inizio, quando ancora non potevamo dire di conoscerci. 

<<Non stai bene>> alzò le spalle ovvia.

Ah sì? Avevamo litigato, aveva detto di preferire che non ci fossimo mai incontrati e, adesso, fingeva che non fosse accaduto nulla. Era impazzita?

<<Questo lo so ma, tu perché sei qui?>>.

<<Hai chiesto l'aiuto del mio medico ed io sto ospitando te e tuo figlio in casa mia. Ho il diritto di stare qui>> mi fece notare con noncuranza allontanandosi di qualche passo. 

<<Ma non saresti tenuta a farlo>>.

Alzò di nuovo le spalle, come se volente o nolente fosse suo dovere essere lì con me. Dai suoi gesti potevo immaginare che si fosse pentita di ciò che mi aveva gridato contro. Non avrei mai pensato che potesse dire qualcosa di simile, lei sempre così dolce e premurosa. Avrei voluto dimenticarla, odiarla ma non ci sarei mai riuscito se non avesse smesso di guardarmi con quegli occhietti colpevoli ma consapevoli di aver sbagliato.

<<Will ha ancora la febbre?>>. Decisi di cambiare discorso dato che la ragazza non sembrava intenzionata a parlare dei suoi sentimenti o del vero motivo per cui si trovasse lì, al mio fianco.

<<Ha ancora qualche linea ma, quello messo peggio qui sei tu>>.

<<In effetti, non mi sento proprio in forma>>.

<<Hai avuto quaranta di febbre per due giorni interi mentre Will guariva. Lasciati dire che sei un po' gracilino per essere un uomo grande e forte>>.

<<Ti stai, forse, prendendo gioco di me?>> la fissai fortemente divertito dalla sua insinuazione. Se avesse osato dirmelo qualcun'altro non sarei rimasto in silenzio - voglio dire: a tutti capita di ammalarsi - ma lei avrebbe potuto dire qualsiasi cosa che tanto, l'opinione che avevo di lei non sarebbe cambiata.

<<Pura costatazione, signor O'Connor>> mi fece l'occhiolino mentre la porta della camera si apriva alle sue spalle.

Sentendo la maniglia girare, la vidi improvvisamente trasalire e riacquistare una certa distanza e compostezza. Anche il sorriso che aveva dipinto sulle labbra era sparito tutto ad un tratto.

La Principessa Che Non Credeva Alle FavoleWhere stories live. Discover now