35. Per volere del destino

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LUCAS

Corsi fuori da quell'edificio con tanta rabbia dentro che avrei potuto stendere qualcuno.

"Avrei preferito non averti mai incontrato" aveva avuto il coraggio di dire. Come si permetteva? Dopo tutto quello che avevamo passato insieme, aveva il coraggio adesso di dirmi che avrebbe preferito che non fosse mai accaduto nulla?

Non avevo mai amato nessuno come amavo lei. Perché nonostante tutto ciò che ci eravamo detti in quello studio dal sapore di vecchio, io l'amavo ancora e dubitavo fortemente che sarei riuscito a placare quel sentimento tanto presto. Era ingiusto che non potessi essere felice per più di due secondi che qualcuno - molto spesso una donna - dovesse venire e rovinare tutto. 

Inoltre, non facevano che ronzarmi per la testa le sue parole. Che cosa c'entrava Douglas in tutta quella storia? Se avessi scoperto che si era messo tra me e Abigail, avrei dato di matto. Non ne aveva il diritto né l'avrebbe mai avuto. Non era mai stato un fratello protettivo e non vedevo perché avesse dovuto esserlo con lei. 

Salii in auto, chiudendo la portiera con un tonfo.  Mi lasciai andare ad un ringhio di frustrazione dettato anche dal fatto di essermi seduto sul lato del passeggero. Perché diamine gli inglesi dovevano essere quelli diversi?! Che cosa costava loro mettere il sedile del conducente sulla sinistra come nel resto del mondo?!

<<Papà? Tutto bene?>> sbucò dai sedili posteriori la testa riccioluta di mio figlio.

Forzai un sorriso. <<Certo, campione>>.

<<Non andiamo da Abbie?>> scosse il capo poggiando il capo sul tessuto del sedile.

<<Non oggi. Non sta molto bene e non è il caso di disturbarla>>.

<<Va bene>>. Il luccichio che aveva negli occhi dalla nostra partenza si spense all'improvviso. Era deluso ed io non potevo far altro che sentirmi colpevole. Will teneva molto ad Abigail e sarebbe stato entusiasta di vederla ed io, da egoista qual ero, avevo rovinato tutto. 

<<Hey, campione! Tirati su, presto vi vedrete>> se lei accetterà mai di farmi rimettere piede in casa sua. 

Con affetto gli posai una mano sul capo per scompigliargli i capelli ma, rimasi di sasso quando invece l'appoggiai sulla sua fronte. <<Will, ma tu scotti>>.

Panico. Non ero esattamente preparato a quello.

<<Ho un po' di mal di testa, te l'ho detto>> puntualizzò il bambino chiudendo gli occhi.

Ero proprio il peggior padre dell'anno. Non mi ero neppure accorto che mio figlio stesse male. Bell'esempio che stavo dando.

<<Okay, adesso allora andiamo in albergo e vedo di trovare un medico>>.

<<Sarà solo un po' di febbre, papà>>.

Non lo stavo neanche più ad ascoltare. Ero concentrato solo su dove poter trovare un posto in cui dormire. Il viaggio aveva risucchiato tutte le mie energie ed il fatto di aver discusso nuovamente con Abigail non aiutava affatto. 

Mi immersi nelle immense praterie che circondavano la residenza dei Duchi di Hamilton, sulla strada che riportava in paese. Prima trovavo una stanza, prima potevo mettere a letto Will e chiamare qualcuno perché lo visitasse.

Obiettivo che se non mi fossi trovato in un paese straniero avrei risolto in pochi istanti. Non tanto per trovare un posto in cui riposare, semmai per rintracciare un medico. A quanto sembrava o portavo il bambino in ospedale o non avrebbero potuto fare nulla per aiutarmi. I medici di famiglia raggiungevano a casa - per l'appunto - solo le famiglie da loro in cura, che di solito pagavano fior di quattrini per questo servizio.

La Principessa Che Non Credeva Alle FavoleWhere stories live. Discover now