11. Inviti o scuse?

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LUCAS

Nel corso della mia vita erano state rare le volte in cui di mia iniziativa avevo chiesto un appuntamento ad una ragazza. Sin dal liceo non avevo mai cercato un qualche tipo di impegno e chiedere ad una ragazza di uscire era come firmare una condanna a morte, dato che questa in seguito avrebbe sicuramente domandato di più che un semplice caffè. La verità era che non mi era mai importato molto di ciò che poteva pensare il gentilsesso, nonostante mia sorella mi avesse dato dell'imbecille più di una volta. Con Abigail però era diverso. Non avevo capito neppure io che le stessi chiedendo un appuntamento fino a quando non aveva rifiutato. Ecco, lì c'ero rimasto male e neanche a dirlo, avevo subito tagliato la corda. Nessuna mi aveva rifiutato tanto più se ero io a compiere il primo passo. La rossa invece mi aveva dato il ben servito. Era stato in qualche modo umiliante.

Per quella ragione quando quel pomeriggio l'avevo intravista per la strada avevo tutta l'intenzione di fare retro front e dileguarmi dalla parte opposta. L'unico problema? Che quella ragazza mi aveva fatto una fattura della peggior specie. Infatti mentre il mio cervello ordinava alle mie gambe di andare da una parte, queste si stavano dirigendo a passo spedito verso di lei. Mi era passata davanti come se nulla fosse ed io come un coglione la stavo seguendo. Ero fuori di testa, questo l'avevo ormai capito.

Poi però quando me l'ero trovata davanti, non avevo resistito. Anche se non ero del tutto sicuro che non avesse capito le mie intenzioni quella mattina, avevo provato di nuovo ad invitarla ad uscire questa volta senza darle il tempo di cambiare idea.

Diciamo che forse non era stata una buona idea, chiederle di andare insieme allo zoo dove c'era mia sorella, dolce quanto abile nel mettere a disagio le persone. Non fui certo se fossi più agitato per l'appuntamento o per la sua opinione su Abigail.

<<Sei nervoso?>> domandò ad un tratto la rossa, mentre camminavamo in silenzio lungo il marciapiede.

<<Perché me lo chiedi?>> domandai trattenendomi dal chiederle qualcosa come: "Come diamine fai a saperlo?!".

<<Io lo sono... e poi...>> sorrise dolcemente, <<sei silenzioso e fai di tutto per non incrociare lo sguardo con il mio, tenendoti occupato. E, se posso permettermi, tu non sembri affatto il tipo di persona che tende a starsene nel suo, altrimenti non ci saremmo scontrati la prima volta che ci siamo visti>>.

<<Mi stai analizzando? Cosa sei? Una psicologa?>> domandai ironico sorridendo e distendendo leggermente i nervi.

<<No, affatto. Mi è sempre piaciuto però analizzare i comportamenti e la psiche umani. Trovo affascinanti certe teorie e il fatto che tu non abbia smentito, significa che non ho tutti i torti>> disse sorridendomi quando ci fermammo davanti alle strisce pedonali.

<<Dovevi avere molto tempo libero quando vivevi in Inghilterra. Non te l'ho ancora chiesto, di che cosa ti occupavi quando vivevi laggiù?>>. Ero molto curioso di sapere come funzionasse la sua testolina. Volevo capire il perché tendesse a starsene sulle sue e si approcciava poco agli altri. Non che mi dispiacesse il fatto che non cadesse ai piedi del primo che passava ma, il suo comportamento così freddo non faceva altro che insospettirmi oltre che incuriosirmi ancor di più. Volevo sapere che cosa nascondesse quella ragazza.

Distolse lo sguardo tornando a guardare la strada in attesa del semaforo verde, che sembrava non arrivare mai. <<Sono laureata in giurisprudenza>> si limitò a dire poi.

<<E sei passata da una brillante carriera da avvocato in un bar a servire i tavoli?>> chiesi confuso cercando di ristabilire un contatto con i suoi occhi. Impresa che si stava rivelando molto più difficile del previsto.

La Principessa Che Non Credeva Alle FavoleTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang