33. Difficile per lei

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Mi voltai lentamente, più per curiosità che per reale interessamento. Volevo solo che Raquel se ne andasse ma, non aver salutato Abigail mesi prima, non averle dato la possibilità di spiegare, mi impediva di dormire la notte dal rimorso. Mi ero ripromesso che non avrei più permesso ad una donna di giocare con la mia vita ed, anche se non era lì fisicamente, Abigail era presente nella mia vita come nessun'altra donna era mai stata.

Un giornale mi passò sotto gli occhi mentre le mie mani l'afferravano. Era un quotidiano inglese a ma completamente sconosciuto. Non capii che cosa cercasse di dirmi Raquel finché lo sguardo non mi cadde per caso sui necrologi. 

"Sua Grazia, il Duca Alexander Douglas Hamilton, è passato a miglior vita nella notte tra il 15 ed il 16 febbraio a causa di un infarto. Lascia moglie e figlia.  Il funerale è previsto per 18 febbraio nel primo pomeriggio".

Poche parole, un solo ed evidente significato. Il duca di Hamilton, nonché padre di Abigail, era morto il giorno prima. Rimasi senza parole e senza sapere esattamente come comportarmi. Cosa dovevo fare? Chiamarla e farle le condoglianze? Dio solo sapeva che cosa stesse provando in quel luogo che lei tanto amava ma, in cui era obbligata a vivere come se si trovasse in prigione. Doveva sentirsi così sola e non ero neppure certo che avrebbe mai risposto ad una mia chiamata. 

<<Abbiamo provato a contattarla per telefono ma è staccato. Io ed i ragazzi abbiamo pensato di mandarle una lettera e di farle recapitare dei fiori>> spiegò con voce molto più ferma e meno aggressiva di poco prima. <<Se vuoi contribuire non abbiamo nulla da ridire>>.

Abigail mi aveva più volte raccontato di quanto si sentisse oppressa dai suoi genitori, di quanto suo padre fosse comandato a bacchetta da sua madre... Ma anche di quando le aveva insegnato a cavalcare o - e questa le era scappato da brilla - le aveva insegnato a tirare di scherma. Allora non avevo capito quanto potesse essere tutto difficile per lei. Quante cose le erano state negate e perché la fuga sembrava l'unica soluzione.

<<No, non voglio contribuire>>.

Era tutto così chiaro che chiunque l'avrebbe capito. Chiunque non avesse i paraocchi al posto degli occhi come il sottoscritto. 

Non era l'idea migliore del secolo e probabilmente avrei fatto la fine di Abigail quando tentava di entrare in azienda senza permesso ma, sembrava l'unica cosa sensata da fare in quel momento. Non mi fermai a pensarci troppo su perché altrimenti mi sarei limitato a firmare quel dannato biglietto di condoglianze e cercare di dimenticare tutto.

Mi voltai verso Logan che mi fissava spaventato, come se avesse già capito ciò che stessi per dirgli. 

<<Ho bisogno di un biglietto per Edimburgo e una macchina per quando sarò lì>>.

***

<<Lucas?>>.

<<Hey, siamo appena atterrati ed ho recuperato l'auto, mezz'ora e siamo ad Haddington>> dissi diretto appena Logan mi rispose al telefono. Ero stanco morto ma, non avevo il tempo per riposare. Appena avevo avuto il biglietto tra le mani, avevo buttato rapidamente alcuni abiti in una valigia ma, mentre mi preparavo per uscire Ellie era tornata a casa con Will ed il bambino aveva insistito per accompagnarmi. Ci sarebbero stati centinaia di motivi per cui avrei dovuto negarglielo, partendo dal fatto che stessi andando ad un funerale, ma non me l'ero sentita. A Will, Abigail, mancava molto.

<<Will dorme?>>.

<<Non è stato un attimo fermo per tutto il viaggio, è crollato appena ha messo piede in auto>> spiegai guardando dallo specchietto retrovisore mio figlio.

<<Hai almeno una notte di sonno arretrata e ti sei messo alla guida? Non capisco perché tu non abbia voluto un autista>> mi rimproverò dall'altro capo del telefono.

<<Ho dormito in aereo e poi te l'ho detto: non voglio essere vincolato a nessuno in questo viaggio>>.

<<Ed io dovrei credere al fatto che hai dormito mentre Will era sveglio?>>.

<<Non ti sto chiedendo di credermi, ti ho solo chiamato per dirti che fossimo arrivati>> volli specificare alzando gli occhi al cielo. <<Questo pomeriggio c'è il funerale del Duca ed io voglio prima vedere Abigail>>.

<<E se questa volta fosse lei a non voler vedere te?>>.

Era stato un azzardo prendere il primo aereo per raggiungerla, questo lo sapevo bene ma, non ci avevo proprio pensato. Che mi mandasse al diavolo, questo sì, che dicesse di odiarmi. Ma che non volesse vedermi affatto, non era tra le opzioni. Avrei fatto un viaggio di più di nove ore con un bambino di otto anni, per niente ma sicuramente ne sarebbe valsa la pena. 

<<Devo almeno tentare. Non ha un buon rapporto con la madre e si sentirà sola in questo momento. Ha bisogno di me>>.

<<Spero solo che da questa storia tu non ne esca più distrutto di quanto non sia già>>. 

Chiuse la chiamata con questo augurio che non fece che aumentare l'ansia che già avevo. Ero partito con l'obiettivo di starle accanto in quel frangente, così difficile e doloroso. Potevo solo immaginare come si sentisse. Rinchiusa nel suo palazzo seguita ventiquattro ore su ventiquattro a causa della sua recente fuga. Senza la possibilità di restare sola con se stessa ed il suo dolore.

Aveva bisogno di me ed io di sapere che stesse bene. 

Avrebbe potuto dirmi di no però io non mi sarei arreso. Non quella volta almeno.

Non mi fu difficile trovare Haddington Palace, era un'enorme struttura poco distante dal paese da cui prendeva il nome. Le persone a cui avevo chiesto la direzione erano state molto cordiali ed esaustive nell'indicarmi la via. Infatti, arrivai a destinazione a metà mattinata.

Il cielo era nuvoloso, sembrava sul punto di mandare giù tanta di quell'acqua da inaugurare al meglio il mio arrivo in Scozia. Faceva freddo anche se non paragonabile alla neve che ricopriva Chicago in quel momento e Will se ne stava sui sedili posteriori ancora tra le braccia di Morfeo.

Una volta parcheggiata l'auto nel grande cortile d'entrata del palazzo, spensi il motore e mi voltai verso di lui. Lo scossi per alcuni istanti finché non aprì gli occhi.

<<Papà? Siamo arrivati?>>.

Non volevo che nel caso in cui Abigail non avesse voluto vedermi, cacciassero anche lui in malo modo. Era un bambino ed in quanto suo padre non potevo permettere che venisse sottoposto a questo dispiacere.

<<Sì, campione. Ascolta una cosa però: adesso io entro un attimo perché devo parlare con alcune persone e poi vengo a prenderti e andiamo a trovare Abigail. Va bene?>> domandai con un sorriso stanco a qualcuno forse più stanco di me.

<<Allora posso dormire ancora qualche minuto? Sono ancora un pochino stanco e mi fa male la testa>> corrugò la fronte posandosi una mano sulla fronte. Annuii nuovamente mentre Will si rimise sdraiato sui sedili posteriori. 

Avevo alle spalle una notte insonne ed un viaggio pesante come solo i transoceanici potevano essere. Però, il pensiero di rivedere la mia bella duchessa, mi faceva sorridere come un ragazzino. In un attimo ogni fastidio dovuto alle sue bugie sparì e la voglia di vederla abbatté anche le ultime incertezze.

La Principessa Che Non Credeva Alle FavoleWhere stories live. Discover now