Capitolo 55 - Inferno o Paradiso? (Parte 2)

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*Si consiglia la lettura del capitolo, con la canzone in sottofondo*

 Varcò adagio la soglia, attraversando il piccolo corridoietto dalle pareti bianche, il quale divideva l'ingresso dal soggiorno con cucina; nessuna delle due ragazze era in quella stanza. Si guardò in giro, finché non vide Giorgia richiudersi la porta della camera alle proprie spalle, avvicinandosi rabbiosa verso il bruno.
«Quale parte del "dalle il tempo di calmarsi e lascia che sia io a parlarle" non è stata abbastanza chiara?» chiese in un sussurro, sillabando ogni parola, spingendolo verso il tavolo in legno nero al centro della stanza.

Francesco, assai nervoso, si strinse i capelli tra le dita, abbassando lo sguardo sul parquet scuro, evitando lo sguardo furente della bionda, che aveva incrociato le braccia al petto, battendo il piede convulsamente sul pavimento.
«Come faccio a starle lontano? Devo spiegare a Sophie che non è successo nulla tra me e Annie e quello che ha visto era solo un piano orchestrato da lei, con l'intento di separarci!»
Incatenò le sue iridi scure in quelle verdi della ragazza, sperando che, almeno lei, gli credesse. 

Giorgia lo osservò attentamente; in quegli occhi poteva leggerci l'afflizione di un uomo che sta soffrendo per la donna che ama, la delusione per la mancanza di fiducia di Sophie e la paura di perdere la persona che aveva cambiato le sue convinzioni sull'amore, portandolo a provare, finalmente, dei sentimenti. La bionda si sentì dispiaciuta per quel povero ragazzo, che in quel momento era lì davanti a lei, completamente inerme, desideroso solo di chiarire con la persona amata.
«Io ti credo, ho già visto di cosa è capace quella stronza, ma non so se Sophie lo farà; saprai anche tu che in passato ha subito diversi tradimenti, in primo luogo da suo padre, senza contare quel bastardo che l'ha presa in giro: credimi, difficilmente ti concederà una seconda possibilità.» 

Francesco sospirò frustrato; sentì venirgli a mancare la terra sotto i piedi, mentre ogni sua sicurezza veniva schiacciata dal timore di averla persa per sempre. Stava per perdere un'altra persona profondamente amata, impotente e senza colpe, proprio come era capitato con la morte del padre.

Un leggero sfrigolio ruppe il silenzio, portando entrambi a voltarsi verso la porta della camera da letto, dalla quale ne uscì una titubante Sophie; aveva l'aria distrutta.
Il bruno provò ad avvicinarsi, ma Giorgia riuscì a bloccarlo, tirandolo per un braccio, mentre la mora arretrava di un passo, ritornando nella camera da letto.

«Sophie. Ti prego, non fuggire da me!» pronunciò in uno spasmo sofferente.
«Devo spiegarti! Tu... tu devi ascoltarmi!» emise con più decisione; non poteva permettersi di essere titubante in quel momento, se voleva che lei gli credesse.

Sophie si sentì come davanti a un bivio: da una parte la ragione le diceva di stare il più lontana possibile da lui, quell'uomo a cui aveva donato una seconda volta fiducia e che aveva giocato con i suoi sentimenti; dall'altra c'era il cuore, che la spingeva a correre tra le sue braccia, così che lui potesse lenire le sue sofferenze. Non sapeva cosa scegliere, quale delle due voci ascoltare, a quale delle due dare ragione.
Una lacrima rigò nuovamente il suo volto, dei brividi percorsero tutta la sua pelle. Per Sophie era difficile prendere una decisione; quella voragine che sentiva nel petto, la stava a poco a poco dilaniando, dandole la sensazione di precipitare in un abisso oscuro e senza fondo. Avrebbe voluto chiudersi in un bozzolo, lontana da lui, distante da tutti quanti, così da restare sola, al buio, versando tutto il dolore che aveva in corpo in un pianto lungo e indisturbato.

Doveva però a sé stessa una rivalsa, quella che non poté mai avare con suo padre tanti anni prima, perciò si passò una mano sulle gote per asciugar le stille salate che avevano lasciato una scia rovente e, armandosi di coraggio, uscì per la seconda volta dalla camera da letto, avvicinandosi con lentezza all'amica.

«Giorgia, puoi lasciarci due minuti da soli?» La bionda, un po' titubante, fece un cenno affermativo con la testa. Osservò i due innamorati, augurandosi che il sorriso potesse tornare sul loro viso, in quel momento, appariva spento e infelice.

«Vado a prendere la pizza...» disse prima di allontanarsi verso la porta d'ingresso, oltrepassandola.
Nella stanza regnò il silenzio più assoluto, disturbato solo dal ticchettare dell'orologio e dal rumore assordante dei loro pensieri, finché Francesco non prese forza.

«Soph, devi credermi, non è successo nulla tra me e Annie.» Cercò di prenderle le mani, ma lei si ritrasse, per poi schiaffeggiarlo.
Il suo viso si arrossò, mentre la rabbia ribollì nel suo corpo.

«Non ti credo, Francesco! Ti sei divertito a giocare con i miei sentimenti, a farmi innamorare, per dimostrare che nessuna donna sa resisterti?» domandò, riversandogli addosso tutta la sua ira. Si sentì una sciocca per aver ceduto alle sue avances; si sarebbe dovuta aspettare che non sarebbe mai potuto cambiare, per lo meno non per lei, che non valeva abbastanza per nessun uomo. Non immaginava quanto si stesse sbagliando.

Il bruno provò a risponderle, ma Sophie non gliene diede modo, anticipandolo.
«Ora che ci sei riuscito, spero che l'appagamento di aggiungere una tacchetta alle tue conquiste, ti scalderà la notte, quando dormirai da solo nel tuo letto.»
Si morse il labbro, per evitare che il dolore nel pronunciare quelle parole la facesse scoppiare a piangere per l'ennesima volta; non voleva dargli anche quella soddisfazione.

Francesco si sentì inerme di fronte alle sue accuse; non immaginava che potesse pensare quelle cose, non dopo ciò che avevano condiviso insieme.
«Sophie, fammi parlare, ti-» ancora una volte venne interrotto dalle urla della ragazza.

«Non mi interessano le tue bugie! Voglio solo che tu sparisca dalla mia vita e non ne faccia più ritorno. Mi fai schifo!» Si pentì subito di aver pronunciato quelle parole, gettate fuori per rabbia, ma era ormai troppo tardi.
Lo schiaffo che gli aveva dato qualche istante prima era nulla, se comparato con il dolore scaturito da quelle parole.

«Soph...» pronunciò il suo nome in un sussurro. Le forze gli erano venute meno, percependo il suo cuore che si sgretolava dentro al petto. Faceva male, molto male.

«Vattene, per favore.» La collera era lentamente scemata, lasciando al suo posto solo la spossatezza e la cocente delusione. Gli diede le spalle, così da evitare di cedere di fronte al suo sguardo, di fronte a quegli occhi che sapevano leggere la sua anima come nessun'altro.

«Non posso: io ti amo, Soph» Calpestò il suo orgoglio provando a insistere, nonostante le continue respinte da parte di lei, che lo portavano a soffrire come solo una volta gli era capitato in tanti anni. L'afflizione non lo faceva riflettere lucidamente, le parole gli vennero meno, l'unica cosa che riuscì a pronunciare senza problemi fu il sentimento che lo legava a lei, quel sentimento che non si sarebbe mai assopito e che le avrebbe voluto ripetere in eterno.

Il cuore di Sophie palpitò nell'udire quella confessione; la sua anima fremeva dall'interno per riunirsi alla sua unica metà, ma la paura la bloccò, facendole rivivere le immagini del suo tradimento.
«Tu non sei in grado di amare!» affermò piatta, senza nessun tipo di emozione, dandogli il colpo di grazia.

Francesco deglutì amaramente, prima di superarla per allontanarsi da quell'appartamento.
Lo sfiorarsi involontario delle loro dita, per Sophie, fu come ricevere una potentissima scarica elettrica. La sua mente si allontanò dal corpo, sentendosi quasi un'osservatrice estranea.
Ogni passo che portava Francesco lontano da lei rimbombava ovattato, come se il suo cervello avesse anestetizzato il corpo per prevenirlo dall'immenso dolore che l'avrebbe pervasa di lì a poco. 

Dei due innamorati, non era rimasto che un lontano ricordo; al loro posto, due gusci vuoti agonizzanti, due fantasmi annientati, due anime cadute all'inferno.
Si scambiarono un ultimo sguardo, colmo di sofferenza, ma allo stesso tempo, ricco di amore, prima che la porta bianca li separasse definitivamente.    

*Spazio Autrice*

In ritardo di una settimana (peggio di Trenitalia), ma eccomi di nuovo con voi! Vi chiedo nuovamente scusa, ma gli impegni non mi hanno permesso di scrivere molto in questi giorni, spero di poter recuperare questo weekend.
Il capitolo non mi convince molto, quindi vi chiedo scusa anche per questo! XD
Cercate di non essere troppo duri con Soph, anche lei sta soffrendo.

Al prossimo aggiornamento, baci.

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