Capitolo 28

4.1K 156 8
                                    

Il mattino seguente mi alzai più tardi del solito.
Avevo sentito Jared alzarsi e andare in cucina, ma non avevo per niente voglia di parlare con lui, così rimasi fra le lenzuola e quando il ragazzo riaprì la porta per controllare se fossi ancora a letto, feci finta di dormire.
Gli stavo mentendo troppo spesso ultimamente.
Quando sentii la sua macchina accendersi, decisi di alzarmi finalmente dal letto.
Scostai le coperte e dopo essermi infilata le pantofole mi avviai in cucina per fare colazione.
Sul tavolo Jared mi aveva lasciato la brioche e la tazza con il the caldo, affianco c'era un bigliettino.

Spero tu possa passare una bella giornata.
Ti amo

Mi sedetti sulla sedia sorridendo a quel biglietto, ma non potevo fare a meno di provare solo sensi di colpa nei confronti di quel ragazzo, che nonostante tutto era disposto a dimenticare per potermi riavere finalmente sua e amarmi come prima.
Ripiegai il bigliettino e lo appoggiai al suo posto, affianco alla tazzina e mi avviai verso il bagno.
Non potevo vivere con questo pensiero, non potevo prendermi in giro ancora.
Questa volta ero decisa a farlo. Se non lo avessi fatto ora, ero sicura che non avrei mai più trovato il coraggio.

Appena entrai nel bagno, aprii immediatamente il cassetto e tirai fuori una delle due scatoline.
La aprii e dopo aver letto attentamente il foglietto al suo interno, seguii le istruzioni.
Perché, sinceramente, non sapevo da dove cominciare.
C'era scritto di attendere per circa 5 minuti.
Già sapevo che sarebbero stati i 5 minuti più lunghi della mia vita.
Appoggiai il test affianco al lavandino, poi incominciai a camminare avanti e indietro per il bagno torturandomi le unghie.
Non avevo nemmeno portato con me il cellulare, ed ero troppo nel panico per tornare in camera a prenderlo.
Mi sedetti sul bordo della vasca, tamburellando le dita sulle mie ginocchia.
Non mi ero accorta di quanto potessero essere lunghi cinque minuti. Sembrava un tempo interminabile.

Alla fine, dopo aver fatto passare all'incirca un altro minuto mi feci coraggio e decisi di andare a vedere.
Con lo stomaco sottosopra e il cuore che mi batteva all'impazzata mi avvicinai al lavandino.
Afferrai il test ad occhi chiusi. Poi feci un respiro profondo prima di aprirli.

II. Positivo.
E il mondo intorno sembrava crollarmi addosso.

Ero rimasta chiusa nel bagno, rannicchiata ai piedi della vasca, mentre la ragazza dall'altra parte della porta continuava a bussare chiedendo di aprirle.
"Bella, non puoi rimanere chiusa lì dentro per sempre".
Non appena lessi il risultato del test ero entrata nel panico più totale.
Ero corsa in camera mia, telefonai a Charlotte che corse subito da me, ma io ero chiusa dentro il bagno.
Non volevo più uscire da lì.
Avrei tanto voluto fare in modo che quel momento finisse, era tutto un disastro.
Mi alzai dal pavimento ancora singhiozzando e con le lacrime agli occhi quando mi decisi di andarle ad aprire.
La ragazza era rimasta davanti alla mia porta tutto il tempo, aspettando un mio cedimento.
Quando aprii, la ragazza mi sorrise tristemente e io mi gettai disperata fra le sue braccia.
Stavo piangendo da una ventina di minuti. Ero davvero nel panico più totale.
"Bella, calmati troveremo una soluzione".
Mi staccai da lei asciugandomi le lacrime, poi mi andai a sedere sul bordo del mio letto incrociando le gambe.
"È tutto un casino, proprio ora che potevo ricominciare" sussurrai "Jared questa volta mi ucciderà".
La ragazza non disse nulla, e si limitò a sedersi sul letto accanto a me, prendendo un cuscino e sistemandoselo fra le gambe.
"Beh, un bambino è sempre una gioia, ma posso capire che in queste situazioni non è la prima cosa che si pensi".
Io annuii, guardando verso il basso.
"Tu lo terrai... vero Bella?"
"Assolutamente si! A costo di crescerlo da sola" sussurrai.
Quello. Quello era ciò che mi spaventava di più di tutta quella situazione.
Il fatto di poter rimanere da sola, con la paura di dover affrontare qualcosa di troppo grande per me. Io senza nessuno.
Se Jared non avesse voluto accettare questa cosa e Harry nemmeno, sarei stata da sola. E mi terrorizzava pensarlo.
Ma di una cosa ero sicura: non avrei abortito.
"Non sarai mai sola Bella! Mai. Di questo puoi starne certa" sussurrò la ragazza accarezzandomi una guancia.
Io la guardai, poi tirai su con il naso.
Le sorrisi per ringraziarla, perché senza di lei non avrei mai saputo affrontare tutto questo.

Charlotte aveva passato tutto il pomeriggio insieme a me.
Non avevo mangiato molto, come al solito, ma solo la sua compagnia mi aveva fatto sentire meglio.
Non bene, perché con quello che avevo appena scoperto non potevo di certo stare bene. Però avevo passato quella giornata, il che non era poco.

Eravamo sul divano, stavamo guardando un film, di cui avevo dimenticato il titolo e la trama non era molto interessante.
Ma a Charlotte piaceva e l'avevo lasciata fare.
Verso sera, quando finì il film, Charlotte prese la sua borsa e iniziò a vestirsi.
Doveva tornare a casa.
"Bella, glielo dirai stasera. Vero?" disse la ragazza, riferendosi a Jared.
Io sospirai, ma dovevo assolutamente togliermi quel peso.
"Credo proprio di sì".
"Bella, per qualsiasi cosa, qualunque cosa, chiamami" disse poi.
Io annuii e la abbracciai di nuovo, prima di lasciarla andare.
Tornai in cucina incominciando a preparare la cena mentre pensavo a cosa dire e a come dirglielo.
In quale modo si poteva dire al proprio ragazzo di aspettare un bambino da un altro uomo?

Sentii la porta aprirsi, e io ero ancora in cucina.
Stavo infornando la pasta al forno, e continuavo a cucinare cercando di ignorare la presenza del ragazzo fino al momento in cui lui non sarebbe entrato nella stanza.
Il ragazzo non disse nulla fino a quando non entrò e si sedette sulla sedia, prendendosi un goccio d'acqua da bere.
Non aveva nemmeno salutato, forse era già nervoso. Non poteva sapere che avrei solo peggiorato le cose.
"Non si usa più salutare?" sussurrai.
La voce mi tremava, non riuscivo proprio a fare finta che andasse tutto bene.
Eppure gli avevo mentito per così tanto tempo.
"Ho avuto una giornata di merda al lavoro, non dire niente" disse a denti stretti, finendo di bere l'acqua che aveva nel bicchiere.
Mi asciugai le mani nel grembiule, poi mi sedetti di fronte a lui.
"Vuoi parlarne?"
Cercavo di essere il più normale possibile, per cercare di calmarlo prima di dirgli ciò che dovevo dire.
"No, non adesso. Vado a farmi una doccia" disse poi, lasciando la cucina.
Io sospirai, esasperata.
Incominciavo a pensare che non mi sarei mai tolta quel peso.

Quando il timer del forno suonò, sfornai la pasta che avevo cucinato.
Aprii il forno e con i guanti tirai fuori la pirofila, appoggiandola sul bancone.
Poi la porta si aprì violentemente, sbattendo contro il muro, il che mi fece spaventare.
Poi, il ragazzo si avviò verso di me con la scatola del test fra le mani.
Lo avevo sicuramente lasciato in bagno e non l'avevo rimesso al suo posto.
"Che cazzo significa questo?"
Lanciò la scatolina sul tavolo e io mi impietrii.
Tutto d'un tratto non sapevo più cosa dire.
"Jared, io..."
"Tu cosa, Bella? Cosa hai da dire ancora?"
Non volevo piangere, non di nuovo.
Ma dalla mia bocca uscì solo un singhiozzo, nient'altro.
Ero così dispiaciuta, perché Jared non se lo meritava. Non si meritava il tradimento, nè questo.
"Devo dedurre che il bambino non è mio, non è così?"
Non riuscii a dire nulla. Così, scossi la testa in segno di negazione.
"Cristo..." sussurrò il ragazzo sbattendo i pugni sul tavolo "ti avevo dato un'ultima possibilità, una cazzo. E tu mi ripaghi così? Sei una persona di merda Bella, fai schifo".
Mi appoggiai con le mani al bancone, lasciando scivolare le lacrime dai miei occhi accompagnati da numerosi singhiozzi.
"Jared, mi dispiace... io te lo avrei detto" ma lui mi interruppe immediatamente.
"Fuori di qui, Bella" sussurrò mantenendo i pugni chiusi sul tavolo e lo sguardo basso.
"Fuori da questa casa, non voglio rivederti mai più".

Non avevo il coraggio di dire altro.
Ero sconvolta da ciò che avevo appena sentito.
Rimasi immobile per qualche minuto, ma lui non disse nulla, e rimaneva li, con gli occhi bassi.
Non mi degnava di uno sguardo.
In quel momento, capii che diceva sul serio e continuando a piangere mi avviai verso la mia camera, sistemando le mie cose.
Quando richiusi la porta della mia stanza, mi ci appoggiai sopra lasciandomi scivolare per terra.
Mi appoggiai una mano sul basso ventre e l'altra sulla mia bocca, reprimendo i miei singhiozzi.
Poi mi accarezzai la pancia.

Ero riuscita a rendere un disastro anche l'arrivo di un bambino. Avevo rovinato tutto.

Champagne | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora