Capitolo 8

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La mattina seguente mi svegliai prima del solito.
A causa della pioggia del giorno prima, avevo scordato di abbassare le tapparelle della finestra, così i primi raggi del sole mi si puntarono negli occhi, non appena decisi di aprirli.
Ancora troppo assonnata per alzarmi, presi il cuscino affianco a me e me lo portai sul viso, voltandomi a pancia in giù sul letto cercando di recuperare qualche minuto di sonno. Niente da fare.
Mi rivoltai più e più volte fra le lenzuola, senza riuscire a riaddormentarmi, così mi alzai piano per non svegliare la mia coinquilina e mi diressi verso il bagno.

Al mio ritorno, andai in cucina ancora in accappatoio, convinta di essere sola, ma mi sbagliavo. Trovai Jessica davanti ai fornelli intenta a preparare un porzione di pancakes. Mi avvicinai per aiutarla, ma la presi alla sprovvista, e la ragazza sobbalzò dallo spavento.
"Mi hai terrorizzata, sei una stupida!" disse portandosi una mano sul petto.
"Scusami davvero! Volevo solo darti una mano" risposi ridendo nel vedere la sua reazione.
Spostò di nuovo la sua attenzione sulla piastra dove stava cuocendo l'ultimo pancakes, così ne approfittai per preparare il mio solito tè e un caffè per lei.
Non appena fu tutto pronto ci mettemmo a tavola.
"Oggi hai da fare?" mi chiese a bocca piena.
"Jess, io non ho mai nulla da fare qui. Ricordati che sono arrivata nemmeno un mese fa e sono qui per lavorare, non in vacanza" dissi ridacchiando.
Era vero.
In quelle tre settimane non avevo ancora avuto il tempo di fare un vero giro per la città e non mi ero ancora addentrata nel vero centro caotico e affollato della capitale.
Ma d'altronde ero felice così, ero qui per lavorare e la compagnia di Jessica mi faceva più che piacere.
"Allora ti va un po' di shopping? Liam mi ha chiesto di andare fuori città per il fine settimana e non ho nulla di carino da mettermi. Ti prego, è da un sacco che non facciamo queste cose." mi supplicò.
"Perchè no" dissi alzando le spalle. Avevo il pomeriggio libero e mi avrebbe fatto piacere passarlo con lei.
"Aspetta" mi interruppe "A te non dispiace rimanere a casa da sola vero? Voglio dire..."
"Jess, stai tranquilla... puoi andare. Non è un problema, davvero!"
Sembrò sollevata a quella mia risposta, così mi fece un sorriso sincero e mi accarezzò la mano da sopra il tavolo.
"Grazie Bella. Davvero." Le sorrisi a mia volta.
Ero io a doverla ringraziare per tutto quello che stava facendo per me. Per tutto quello che, negli anni, aveva fatto per me.

Arrivai in ufficio puntuale, come succedeva da tre settimane a quella parte.
Ormai una volta dentro era diventata sempre la solita routine: salutare Sophie, svoltare nel corridoio, salutare Harry ed entrare nell'ascensore.
Quella mattina, però, quella routine si interruppe.
Styles non era alla macchinetta.
Per scrupolo ricontrollai l'orario, ma questa volta non ero io ad aver sbagliato.
Forse oggi era il suo giorno di riposo, o semplicemente era già nel suo ufficio.
Non ci diedi molto peso, e proseguii dritta per la mia strada.

Arrivata in ufficio, trovai Madison già al lavoro di fronte al suo computer.
Non si staccava mai da lì, se non per la pausa pranzo.
Di tanto in tanto spostava lo sguardo dal monitor solo per prendere la tazza e bere il suo caffè, poi tornava fissa sul suo lavoro.
Diedi un leggero colpo di tosse per attirare la sua attenzione, ma nemmeno allora si accorse di me.
Soffocai così una risata e presi posto alla mia scrivania, appoggiando la borsa e la mia agenda.
"Oh, buongiorno Bella! Scusami tanto, non ti ho sentita entrare.
Il sig. Styles ti ha già appoggiato il materiale sulla scrivania. Ha detto che glielo devi consegnare entro mezzogiorno."
Mi voltai, e trovai un piccolo pacco di documenti avvolti da un grande elastico verde.
Appiccicato c'era un post-it:

Per Adams
da recapitare nel mio ufficio entro le 12.00
H.S.

"Beh" dissi sedendomi subito dopo alla mia scrivania "Allora incominciamo".
Accesi così il mio computer, inserii la mia matricola e iniziai a lavorare.

Mi spostai dal mio ufficio solo verso metà mattina per concedermi una pausa e un caffè.
Quella era una delle rare volte che mi concedevo una tazza di caffè bollente.
Era in via eccezionale, solo per riprendere la concentrazione e tornare al lavoro.
Così facendo, finii il lavoro prima del previsto.
Guardai l'ora. Le 11:45.
Aspettai un paio di minuti prima di dirigermi verso l'ufficio del mio capo con le pratiche sottobraccio, piuttosto soddisfatta del mio lavoro.
Magari lo avrei addirittura impressionato consegnando il lavoro prima del tempo stabilito.

Raggiunsi la porta, e con la mano libera feci per bussare, quando mi bloccai nel sentire un'acuta voce femminile provenire dall'interno.
"Quante volte te lo devo ripetere Harry che sei qui dentro nelle vesti di assistente di mio padre?
Non puoi fare quello che ti pare, sei il capo di uno dei settori più importanti di questo giornale e hai delle responsabilità".
Mi avvicinai maggiormente alla porta per cercare di sentire meglio. Ora sembrava non provenire più nulla dall'interno della stanza.
"Lo sai che mi fa schifo partecipare a quelle stupide cene di lavoro insieme a tuo padre e ai suoi amici insulsi e ignoranti. Non l'ho mai fatto e mai lo farò."
"Cristo Harry, ne vale la nostra reputazione. Come devo fare io con te?"
Ora le voci erano più chiare e si potevano sentire anche i rumori dei tacchi, probabilmente delle scarpe della donna.
"La nostra reputazione, o la tua, Jennifer?"
Di nuovo silenzio.
Poi forti e pesanti passi si facevano sempre più vicini alla mia direzione.
La donna riprese a parlare. La voce era più chiara e il tono freddo e deciso.
"Se il tuo culo è ancora qui dentro è solo merito mio, Harry. Ricordatelo questo."
Questa fu l'ultima frase che sentii, poi la porta si aprì di scatto facendomi arretrare di qualche passo per lo spavento.
Dalla porta uscì una donna alta, con i capelli neri e lunghi fino a sotto il seno.
Era ben vestita, con una camicetta bianca (quasi trasparente) con le maniche a tre quarti e una gonna corta e attillata. Ai piedi aveva un paio di scarpe con il tacco alto a spillo, che non faceva altro che slanciare la sua figura.
"E tu cosa fai qui? Ti pago per lavorare non per fare la bella statuina" mi squadrò dalla testa ai piedi, con fare superiore, poi si voltò nuovamente in direzione dell'ascensore per raggiungere l'uscita.
Nello stesso istante, anche Harry uscì dal suo ufficio bloccandosi nel vedermi ancora lì, immobile, davanti alla sua porta.
"Scusa" mi sussurrò prima di scattare anche lui nel corridoio, rincorrendo la donna.
Mi fece un veloce gesto, e capii che forse sarei dovuta ripassare più tardi.

Mi girai per ritornare nel mio ufficio, quando mi accorsi di Michael Evans appoggiato allo stipite della porta del suo ufficio, che come me aveva assistito a tutta la scena.

"Ti presento la Signora Styles" disse con tono ironico "Se la chiamiamo Strega puoi benissimo capire il perchè".

Champagne | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora