Capitolo 4

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"E lei è un antipatico".
Mi trattenni dal pronunciare quella frase.
Sapevo benissimo di essere in ritardo e lui aveva capito benissimo che quello che era appena successo era proprio perché ne ero consapevole.
Tirai un respiro profondo socchiudendo gli occhi così da scacciare tutti i pensieri negativi nei confronti del ragazzo.
Aveva conosciuto da poco più di 30 secondi il mio capo, e già lo odiavo.

"Lo so, mi dispiace" mi limitai a rispondere stampandomi un finto sorriso dispiaciuto sulle labbra.
"Belle Adams" aggiunge con un sorriso compiaciuto continuando a leggere i miei dati sul foglio che teneva fra le mani.
"Cos'è? Spagnolo?"
"Francese" puntualizzai "E io preferisco Bella".

Odiavo le mie origini francesi. Mi riportavano a mio padre, dal quale avrei teoricamente dovuto ereditarne il cognome, ma appena compiuti 18 anni riuscii a farmi dare il cognome inglese di mia madre. Per fortuna.

"D'accordo, Belle" continuó stuzzicandomi. Quel suo atteggiamento da superiore mi stava letteralmente dando i nervi.
Anche se non avrebbe dovuto, alla fine era il mio capo, e, purtroppo, quello il mio vero nome.
"La aspetto nel mio ufficio fra 5 minuti, sempre se non vuole tardare di nuovo."
Arrossii. Un misto di rabbia e imbarazzo.
Mi feci spazio fra il mio capo e l'altro ragazzo, e prosegui dritto davanti a me, verso l'ascensore.
"Ah, dimenticavo" disse poi richiamando la mia attenzione. Mi voltai. "È in debito con me di una camicia".

"Mi stai dicendo che sei arrivata in ritardo e hai sporcato di caffè la camicia del tuo capo il tuo primo giorno di lavoro?
Non posso crederci!" disse Jessica sgranando gli occhi, sorseggiando un può sorso di cioccolata calda dalla sua tazza fumante.
Continuai a girare il cucchiaino nella mia tazza.

Quel pomeriggio, appena libera dal lavoro, decisi di andare al centro commerciale con lei, così ne approfittai per raccontarle della terribile giornata che avevo appena avuto.
Subito dopo quello spiacevole incidente, mi recai nell'ufficio del ragazzo, nonché mio capo, per parlare del mio incarico.
Ero addetta all'area di marketing e dovevo trovare nuovi modi per far parlare del giornale.
Avrei di gran lunga preferito scrivere io dei veri e propri articoli, ma direi che come punto di partenza non era niente male.
Peccato non poter dire lo stesso del ragazzo, che dalla mattina non aveva fatto altro che stuzzicarmi con la sua pronuncia francese e aria di sfida, che avrei sicuramente finito per detestare.

"Ti prego, non ricordarmelo" sussurrai coprendomi il viso con le mani, scuotendo la testa "È stato troppo imbarazzante".
Soffiai delicatamente sulla mia tazza di tè caldo, prima di portarmela alle labbra.
"Che poi avrà un paio di anni in più di me, tre al massimo, ed è assurdo che io debba dargli del 'lei' solo perché si trova sopra di me nella scala gerarchica."
"È il tuo capo Bella, è tenuto a comportarsi così" rispose Jessica pulendosi la bocca con il suo tovagliolo di carta "magari fuori da quell'ufficio è anche una persona simpatica" scherzò.
"Non credo, e se anche mi dovessi sbagliare non mi interessa scoprirlo".
Non appena bevvi quell'ultimo sorso di tè mi leccai le labbra.
Subito quel sapore mi fece tornare in mente Jared. Non gli avevo ancora telefonato ed erano passate quasi 24 ore dal mio arrivo.
Mi alzai così di scatto prendendo la mia borsa, ricordandomi che il cellulare era rimasto a casa in carica.
Sbuffai roteando gli occhi e alzando il viso verso l'alto. Me ne ero dimenticata di nuovo.
Non appena riportai lo sguardo sulla mia amica sgranai gli occhi.
"Jess dobbiamo uscire. Adesso."
"Perché?" rispose confusa.
"Ti supplico, non fare domande ed usciamo da qui."

Non me lo sarei mai immaginato un tipo da questi posti, e per il suo abbigliamento sembrava oltretutto fuori luogo.
Era ancora vestito da ufficio, in questo locale frequentato per lo più da studenti, e teenager... insomma, da persone alla mano, un po' come noi.
Non da uno come lui, così ben vestito ed elegante.
Presi rapidamente la mano di Jessica, sgattaiolando fuori dal locale.
Con la coda dell'occhio cercai di guardare se mi aveva notato. Vorrei non averlo mai fatto.
Sentivo i suoi occhi puntati su di me, così presi a camminare più velocemente verso l'uscita, sperando che il giorno non mi avrebbe rivolto la parola.
Ora sapevo anche dove il mio capo amasse venire a prendere il caffè dopo il lavoro.

***

10 chiamate perse da Mamma.
5 chiamate perse da Jared.
3 chiamate perse da Charlotte.
29 nuovi messaggi.

Il mio telefono vibró ininterrottamente per 5 minuti buoni, nel momento in cui lo accesi per la prima volta dopo 24 ore.
Presa dai sensi di colpa, aprii le chiamate recenti e cliccai sul nome di Jared.
Il telefono squillava.
"Allora ti sei ricordata di avere un ragazzo" esordì, freddo.
"Mi dispiace tantissimo Jared, ma davvero sono state ore pesantissime" mi fermai quando lo sentii sospirare.
Tutte queste scuse e giustificazioni non facevano altro che irritarlo di più.
Non disse nulla per un po', poi ripresi con il tono più dolce e dispiaciuto possibile: "Allora, come è stata questa prima notte senza di me?"
"Sei seria Bella? Sei fottutamente seria?" rispose alterato.
Silenzio.
"Siamo 640 km di distanza, non ti fai sentire per un giorno intero, anzi mi correggo, per il primo giorno, e mi chiede come ho passato la notte senza di te?
Beh, se proprio ti interessa saperlo, da schifo."
Non seppi cosa dire, anche se mi aspettavo, ed era comprensibile, che avrebbe avuto una reazione del genere.
"Anche tu mi manchi, amore" sussurrai.
Fu l'unica cosa che riuscii a dire.
"Si infatti. Lo vedo." disse con riluttanza.
Sospirai.
"Senti, so che questa nostra relazione a distanza è partita con il piede sbagliato ancora prima che cominciasse, ma ti prego, puoi almeno provare a tentare di farla funzionare...? Ti prego."
Lo supplicai, perché era vero che sarebbe stato difficile, ma avevo bisogno del suo supporto. Avevo bisogno di lui al mio fianco.
"D'accordo" si arrese. Ma sapevo che non era convinto. Lo percepivo.
"Adesso devo scappare, mia madre mi ha chiesto una mano per una cosa che devo montare. Non ho ben capito cosa." aggiunse "ci sentiamo fra altre 24 ore o questa sera mi dai la buonanotte?".
Feci una piccola risata prima di rispondere "Stasera te la do la buonanotte."
"Allora a più tardi... e Bella?"
Avevo già allontanato il telefono dal mio orecchio, quando mi sentii richiamare.
"Si?"
"Ti amo anche a 640 km di distanza."

Champagne | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora