Capitolo 23

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*Bella's pov*

Quando uscii dalla mia stanza, presi un respiro profondo.
Mi asciugai le lacrime, che non ero riuscita a trattenere, con il bordo della mia felpa.
Infilai le mani nelle tasche e tornai in cucina, dove trovai Jared ancora furioso.
Jessica era rimasta a parlare con lui per cercare di calmarlo, intanto le aveva offerto un bicchier d'acqua, che stava bevendo mantenendo gli occhi fissi sulla parete, senza mai staccarli da lì nemmeno quando entrai nella cucina.
Mi sedetti di fronte a lui sulla sedia. Jessica ci lasciò soli.

Mi lanciò un breve sguardo furioso, che mi sforzai con tutte le mie forze di sostenere.
Non ce la facevo.
Aveva la fronte corrugata, la vena sul collo si era leggermente gonfiata ed era in rilievo sulla sua pelle.
Abbassai la sguardo sulle mie mani incrociate sul tavolo, e lasciai scivolare nuovamente le lacrime dai miei occhi.
Lui stava in silenzio, guardandomi inorridito quando fece sbattere il suo bicchiere vuoto sul tavolo.
"Jared ti prego, parlami" sussurrai singhiozzando.
"E che cosa ti dovrei dire?" sputò freddo.
Io rimasi in silenzio. Non sapevo nemmeno io cosa avevo da dirgli.
"Da quanto va avanti questa cosa?" mi chiese alla fine.
Io tirai su con il naso, poi lo guardai di nuovo.
"Due mesi".
Due mesi che gli mentivo spudoratamente.
Lui di nuovo mi guardò, e si alzò dalla sedia iniziando a fare avanti e indietro per la stanza scuotendo la testa.
Ormai le lacrime erano incontrollabili, se ne uscivano da sole.
"Due mesi" ripeté lui.
Si avvicinò a me, appoggiandosi con entrambe le mani allo schienale della mia sedia, inchiodando i suoi occhi nei miei.
"Due mesi che fai la puttana di quello, e questa è la vita che vuoi fare? Ti faccio i miei complimenti. Mi fai schifo, sei proprio uguale a tuo padre"
Si allontanò bruscamente da me, continuando a girare per la stanza.
Mi coprii la bocca con la mano per non far uscire un singhiozzo. Non potevo credere a quello che mi aveva appena detto.
Mi aveva profondamente ferita.

Prese dalla sua sedia il suo cappotto e poi si diresse verso la porta.
"Non ho altro tempo da perdere qui" poi uscì sbattendola violentemente.
In quel momento scoppiai a piangere, e Jessica, che aveva sentito tutto, mi corse ad abbracciare accarezzandomi i capelli.
Sapeva che mio padre era la mia debolezza più grande, ed essere paragonata a lui era come sentire tutto il peso delle mie azioni sulle mie spalle.

Mi chiusi in camera, dove piansi fino ad addormentarmi e non uscii fino al giorno dopo.

Quando mi alzai la mattina seguente avevo un aspetto orribile.
Avevo gli occhi ancora gonfi dalla sera prima. In più non avevo chiuso occhio quella notte e avevo due occhiaie terribili.
Ero spaventosa, ma dovevo per forza andare al lavoro.
Così cercai di rendermi il più presentabile possibile sistemandomi con un po' di trucco, e dopo aver cercato di mangiare qualcosa, uscii di casa per andare in ufficio.
Speravo vivamente di non incontrare Harry per i corridoi. Non sarei stata capace di reggere il suo sguardo.

Per fortuna non fu così, nel corridoio non c'era nessuno così proseguii dritta nel mio ufficio.
Nemmeno Madison c'era quel giorno.
Tutto sommato ne ero felice, avrei evitato di rispondere sicuramente alle domande sul mio aspetto terribile.
Quando mi sedetti alla mia scrivania, trovai un biglietto da parte di Harry, nel quale era scritto di incontrarci alle 10 nel suo ufficio.
Strano, dato che di solito mi mandava sempre un messaggio.
Non ci pensai troppo, dato che non ne avevo le forze, così iniziai a lavorare.

Alle 10, con il cuore in gola e le gambe tremanti, mi avviai nel suo ufficio.
Ormai ero sicura che avrebbe voluto parlare di ciò che era successo il giorno prima.
Così bussai, e non appena sentii la sua voce darmi il permesso di entrare, aprii la porta.
Lui sembrava quasi sorpreso di vedermi, tanto che si alzò dalla sedia venendomi incontro.
"Bella! Non pensavo saresti venuta oggi" disse.
Non riuscivo a capire, mi aveva chiamata lui, sapeva che sarei venuta.
"In che senso? Mi hai detto tu di venire" risposi.
"Veramente... no" aggrottò la fronte, confuso "io non ho fatto nulla di simile, in realtà".
È proprio in quel momento si spalancò la porta.
"Sapevo che ti avrei trovata qui" disse la voce femminile alle nostre spalle.
Quella voce troppo familiare, che mi fece rabbrividire.
Io ed Harry eravamo immobili, senza dire nulla, mentre lei richiuse la porta alle sue spalle.
Eravamo noi due, nella stessa stanza con Jennifer.

"Jennifer, cosa ci fai qui?" sussurrò il ragazzo.
Per un attimo mi sembrava quasi di sentire un leggero tremolio nella sua voce.
"Cosa ci fa lei qui" rispose lei in tono freddo, fissandomi a braccia conserte. "O forse lo so".
Io ed Harry ci guardammo. Dove voleva arrivare?
Dalla borsa che teneva al braccio, tirò fuori un biglietto e me lo porse.
Era lo stesso biglietto che avevo sulla scrivania del mio ufficio. Me lo aveva mandato lei per farmi venire qui, e io ci ero cascata in pieno.
"Ero sicura che se te lo avessi lasciata ti avrei trovato qui, speravi che ti avesse chiamata lui, non è così?"
Rimasi in silenzio.
Poi lei spostò lo sguardo sul ragazzo, che anche lui, incredulo, non diceva niente.
"Non sono così stupida come credi Harry" riprese "Lo stupido sei tu. Dovresti stare attento a raccontare certe cose qui in ufficio.
È facile abbindolare le persone qui dentro per quattro soldi in più".
Lui strinse i pugni, e si avvicinò alla sua scrivania appoggiandoci poi le mani sopra.
"Non è stato difficile capire cosa stava succedendo.
A casa manca l'unica bottiglia di Champagne che era rimasta in cella, mancano alcuni dei miei vestiti dall'armadio e tu, Harry, eri costantemente in ritardo dal lavoro.
Mio padre mi ha raccontato della ragazza nuova che vi ha accompagnato alla conferenza, e mi è stato sufficiente per capire e far parlare chi sapeva più di me".
Poi si avvicinò di più a me, e sempre dalla sua borsa estrasse qualcosa.
Mi batteva il cuore fortissimo.
Ci avevano scoperto tutti, eravamo in trappola ormai.
"Non lo rivuoi il tuo braccialetto, Belle?" sussurrò lasciandomelo fra le mani.
Come avevo fatto a non pensarci. L'avevo perso quella sera a casa di Harry.
"Di certo non poteva essere mio. Non è oro puro e non ha nemmeno uno Swarovski".
Poi avvicinò al mio orecchio.
Ormai ero di nuovo sul punto di scoppiare in lacrime.
"Hai giocato fino adesso alla principessa, ma non sempre le favole hanno un lieto fine".
Poi, con un sorriso soddisfatto stampato sul suo viso, si diresse verso la porta.
"Con te, Harry, faremo i conti fuori da qui".
Poi se ne andò sbattendo la porta.
Mi ero quasi dimenticata della presenza del ragazzo, ero completamente presa e spaventata dalla presenza della ragazza.
Mi voltai verso di lui, che si era accasciato sulla sedia sfregandosi il viso con entrambe le mani.
Lo sentii singhiozzare e mi avvicinai a lui sedendomi sul bordo della sua sedia.

Tutto quello che avevamo costruito ci stava crollando addosso in meno di ventiquattro ore.

Champagne | H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora