capitolo 64

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All'improvviso il rimorso e il senso di colpa, mi assale e mi invade tutto il corpo, che incomincia a tremare.
<<È tutta colpa mia!>>
Esclamo, mentre le lacrime iniziano ad invadermi il viso. Dovevo esserci io al suo posto, per una stupida ripicca ho messo in serio pericolo la vita di quella ragazza. Non riesco a darmi pace.
<<Allora la conosci!>>
Esclama l'agente perplesso.
<<È già qualcosa... Se almeno si sapesse il suo numero di telefono, avremmo tentato di rintracciarla...>>
<<Io ce l'ho il suo numero!>>
Esclamo apprensiva, e lo cerco frenetica nella borsa, che fortunatamente ho ancora in dosso, quando però all'improvviso mi viene in mente la cassetta delle poste...
<<Oh no! Che stupida...ho buttato il telefonino in una Post per strada, vicino al mercato.>>
Mi angoscioso ancora di più.
<<Sapresti orientare i miei uomini tramite video per poterlo recuperare?>>
Mi chiede l'agente Sunders.
Mi rianimo, e subito mi metto a collaborare con alcuni uomini che si recano sul posto, e grazie a Dio trovano subito il telefono, gli indico il numero sulla rubrica sotto il nome di Francesca, il quale per fortuna è l'unico.
<<Koan mi devi spiegare tutto! Perché questi uomini mi volevano rapire?>>
Chiedo preoccupata, e non so se mi piacerà quello che avrà da dirmi.
<<Okay Diletta, vieni lasciamoli lavorate. Andiamo via da qui, devi riposare. Tu ora vai a fare un bagno ti rilassi e mi spieghi la storia di questa ragazza rapita al posto tuo.>>

Gli racconto com'è andata filo per segno, anche del fatto che ho gettato il telefono apposta per non rispondergli.
Koan fa un lungo sopiro di sollievo e mi abbraccia forte.
<<Non ostante tutto, sono contento che tu, sia qui con me. Ma ora dobbiamo salvare quella ragazza.>>
Si alza e fa per uscire.
<<Aspetta Koan, non mi hai ancora spiegato nulla sulla faccenda del rapimento.>>
Si ferma, e per un istante pensa a come rendermi il racconto meno tragico.
<<Ricordi quello che ti dissi al riguardo del l'uomo fuggito dal locale a Kyoto, e per quel motivo siamo dovuti rientrare subito a Tokyo?>>
<<C'entra lui in qualche modo nel rapimento?>>
Gli chiedo.
<<Diletta, quello che ha rapito la ragazza al posto tuo, e quello che ha ucciso mio padre, sono la stessa persona!>>
Mi sale un'angoscia immensa.
<<Perché rapire me?>>
<<Per arrivare a me, suppongo!>>
<<Perché adesso?>>
<<Fino ad ora non avevano niente a cui appigliarsi. L'unica persona vulnerabile poteva essere mia nonna, che però lei è lontana migliaia di chilometri da qui.>>
<<Dunque, sanno che siamo legati in qualche modo?>>
<<Mi dispiace Diletta, è tutta colpa mia se ti ho messa in pericolo, dovevo farti sorvegliare meglio!>>
Si avvicina e mi abbraccia stretta a sé, e percepisco un flebile tremore in tutto il suo corpo.
<<Quello che non capisco è cosa vogliono da me ora quei bastardi. Hanno già ucciso mio padre... Ora sto aspettando che si facciano vivi, per capirci meglio qualcosa.>>
Sentiamo bussare la porta: è Kaii.
<<Koan, devi venire, abbiamo qualche novità!>>
Lo avvisa.
<<Vengo anch'io !>>
Esclamo decisa.
<<No Diletta! Non sei nelle condizioni di agitarti.  Riposati vengo da te dopo.>>
Mi bacia sulla fronte ed esce insieme a Kaii.
Chiusa la porta, prendo subito in considerazione che devo fare qualcosa anch'io, non riesco a stare qui a guardare, questa apatia mi logora.
Mi faccio una doccia veloce, mi vesto ed esco dalla stanza.
Con mia sorpresa, Koan e l'agente Sanders, sono saliti dal bunker e parlano seduti sul divano in salotto. Lentamente mi avvicino alle loro spalle, e vedo che stanno osservando sullo schermo del computer la foto di un tizio con una macchia scura a ridosso della guancia sinistra.
<<Io quest'uomo lo già visto!>>
Esclamo sorprendendoli nell'intento della loro conversazione.
Koan sgrana gli occhi terrorizzato, e viene verso di me stringendomi le braccia con le mani.
<<Mio Dio Diletta, dove lo hai visto?>>
La paura che leggo nei suoi occhi è lampante.
Gli racconto di averlo visto proprio sabato scorso, mentre lui si trovava a Seul, una sera tardi al museo, scambiandolo per uno della sorveglianza.
<<È lui il killer che ha ucciso tuo padre?>>
Gli chiedo quando tutto sembra più chiaro.
Koan mi guarda senza dire una sola parola e si morde il labbro, il suo silenzio eloquente, è la risposta alla mia domanda.
<<Basta Sanders! È ora di farla finita.>>
Esclama Koan deciso.
Le sue parole non preannunciano niente di buono.
<<Koan cosa vuoi dire?>>
Gli chiedo preoccupata.
Lui continua a fissarmi in silenzio, quel suo solito silenzio straziante.
Prende il telefono e chiama Kaii, che dopo due minuti compare dalla stanza blindata insieme a l'esperto d'informatica, e altri due uomini dalla corporatura grossa come due armadi, devono essere due guardie del corpo di Koan.
<<Kaii tu vieni con me! Andiamo sul luogo dove hanno rintracciato il telefono della ragazza.>>
Sentenzia deciso, vuole andare sin nella tana del lupo, è impazzito! Lo devo fermare assolutamente.
<<Signor Kondo, la prego, devo dissentire. Potrebbe trattarsi di una trappola, a mio avvisi è stato tutto troppo facile. Magari è proprio quello che vogliono!>>
L'agente Sanders cerca di dissuaderlo preoccupato.
<<Non mi importa, è troppo tempo che lascio perdere... Basta non voglio più sfuggire, è ora di sistemare la faccenda una volta per sempre.>>
Dice risoluto e non accenna a cambiare idea.
Non si sa più come convincerlo. Mi aggrappo a lui disperata.
<<Koan ti prego non andare!>>
Lo supplico ormai fuori di me.
Lui mi guarda impassibile.
<<Kaii vai a prendere l'auto e aspettami fuori!>>
<<Mio Dio Koan, mi stai ascoltando! Non andare ti prego, è un killer ti farai ammazzare...>>
Ormai la disperazione ha preso il sopravvento.
<<Diletta, devo andare... Tranquilla tornerò per te, e per il nostro bambino. C'è Kaii con me, lui è un ottimo combattente di cui mi fido.>>
Mi prende e mi stringe le mani con fare rassicurante, e subito sento le lacrime scendere a fiumi.
Non riesco più a parlare, lo tengo stretto con tutte le mie forze, mi sembra impossibile, tutto quello che mi sta accadendo.
<<Koan, io non posso vivere senza di te.>>
Gli urlo disperata, vorrei impietosirlo ma lui è irremovibile.
Gli vedo fare un eloquente cenno alle guardie dietro alle mie spalle, e intuisco tutto, urlo...urlo dalla disperazione, ma da dietro sento delle mani forti che mi trattengono e mi strappano da lui.
Lo sento scivolare via dalle mie braccia e allontanarsi piano da me; il suo corpo, la sua pelle, il suo profumo. E come se mi avessero strappato il cuore assieme a lui, ora sento salire il dolore lancinante dentro.
<<Diletta ti amo tanto!>>
Sussurra dolcemente, quasi fosse un addio.
Si volta e va via.
<<Koan nooo!>>
Urlo con tutto il fiato che ho in gola.
Lo sento salire in macchina, mettere in moto, e andare via.
Seguo il rumore del motore allontanarsi facendosi sempre più flebile, poi più niente, nulla, un silenzio straziante.

La presa delle mani si allenta e mi lascio andare, crollo sul pavimento.
Non piango più, non parlo più, non sento più il mio respiro.
La Signora Yumi premurosa mi aiuta a sollevarmi, e con le ultime forze rimaste, mi accompagna in camera da letto.
<<Si riposi Signorina Diletta, nelle sue condizioni non può stressarsi.>>
Mi fa accomodare nella poltrona di fianco a letto.
<<Le porto una tisana per aiutarla a rilassarsi, poi è meglio che vada a letto.>>
Gli faccio cenno di no con la testa, non riuscirei a mandare giù niente, non mi sento più lo stomaco, ne il corpo.
Neanche il sorriso rassicurante della Signora Yumi, mi consola questa volta. Nulla ormai mi fa stare meglio.
Mi porto le ginocchia vicino al viso e mi abbraccio le gambe, e aspetto, aspetto il mio destino.

 
 

  Undici anni in più di paradiso (FINE PARTE PRIMA)Where stories live. Discover now