capitolo 8

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Siamo entrate dentro, e noto che è pieno di guardie dappertutto.
Non so proprio come faremo, ci sono come minimo una ventina di ascensori.
Bea è lì che gli osserva uno ad uno, facendo l'indifferente. Poi estrae il telefono dalla borsa e fa finta di chiamare.
Ma che diavolo sta facendo!
Io non oso chiedere spiegazioni.
Le guardie ci notano ma non si avvicinano.
Bea, continua a far finta di parlare al telefono, mi indica una targa color ottone, a fianco uno uno dei tanti ascensori, dove sopra leggo Ken Kondo, sopra c'è una scritta a caratteri nipponici.
Stiamo lì davanti alla porta, e poi Bea mi dice:  <<Dile che ore sono?>>
Mah... Sarà il momento di chiedermi che ore sono?
<<Mezzogiorno e mezza... Mah...>>
Rispondo senza capire una mazza.
<<Bene Dile, ascoltami... È ora di andare a pranzo.>>
Vuole andare a pranzo,  adesso... È impazzita?
<<Sicuramente qualcuno da su scenderà per pranzo, vedi hai notato che le guardie sono diminuite? Appena si apre la porta dell'ascensore entriamo dentro al volo. Credo che questo ascensore ci porterà dritte al suo piano.>>
Ora ho capito! Perspicace la mia amica.
Aspetto che Bea mi faccia un cenno, lei continua a far finta di parlare al telefono, ed io tengo gli occhi puntati sull'ascensore.

Ecco che si aprono le porte.
<<Adesso!>> Mi sussurra sottovoce  Bea.
Entro dentro con nonchalance, e lei mi segue a ruota, passando ai lati dell'ascensore per evitare l'attenzione di tre signori distinti che stanno uscendo.
Le porte si richiudono, e tiriamo su un sospiro di sollievo.
<<Ce l'abbiamo fatta!>>Dico tutta euforica.
<<Speriamo solo che si fermi al piano giusto, non so qual è ma qualcuno da su lo ha chiamato.>>
Afferma Bea speranzosa.
Le porte dopo un paio di minuti si aprono su un ampio androne luminosissimo e sofisticato. All'improvviso una voce in lingua inglese, mi fa sobbalzare.
<<Prego, e voi chi siete?>>
Una signora ben vestita e curatissima nel suo aspetto, ci accoglie da dietro un ampio bancone con sopra un computer, un telefono, e alcune scartoffie, per il resto tutto ordinatissimo.
Altro che la mia scrivania!
Presumo che sia l'assistente che accoglie i clienti.
Sicuramente è alle dipendenze del Signor Kondo da diverso tempo, si vede che è sulla cinquantina d'anni o forse qualcuno in più, ma sempre una bella donna.
Sento Bea che le risponde anche lei in inglese.
<<Ehm... Mi scusi, cercavamo il Signor Kondo. Questo è il piano giusto vero? Siamo due ragazze che volevamo incontrarlo per parlagli.>>
Chiede Bea con indifferenza, come se fosse stata lì altre volte, altro che psicologa, è una attrice nata.
<<Avevate un appuntamento? Signorine...?>>
<<Ah mi scusi! Non ci siamo presentate vero? Sono desolata, io sono Begnamini Beatrice, e lei e la mia collega, non che mia amica, Malon Diletta Sofia.>>
Ma come diamine parla... Mi giro per non ridere in faccia alla povera segretaria.
L 'assistente digita dei tasti sul computer.
<<Qui non mi risulta nessuno dei due nomi, e quindi...>>
<<Aspetti la prego! Lo so... Gli chieda se possiamo avere un incontro con lui... Gli ruberemo solo trenta secondi del suo prezioso tempo. La prego.>>
Ecco Bea che fa la gattina. Miaooo!
Tutto questo  mi diverte molto.
<<Anche sé volessi, il Signor Kondo in questo momento non c'è, e non so quando torna. Forse da un momento all'altro, o direttamente domani. Di  che cosa si tratta, sé non sono indiscreta, magari posso anticiparli io qualcosa quando torna?>>
Non sa più come levarci di torno, con molta discrezione, è chiaro.
<<Questione di lavoro... Ehm cioè... La mia amica voleva chiedergli se era disponibile a darle un occupazione. Veniamo ora da K.Kondo Art Museum... Si insomma, voleva qualche incarico attinente a quel tipo di lavoro. Ma se al museo i dipendenti sono al completo... Qualsiasi altra mansione andrebbe bene.>>
Ben detto Bea, io stessa non avrei trovato parole migliori. Farei qualsiasi cosa pur di lavorare.
<<Sí certo ho capito. Quando avrò modo di parlargli, riferirò, lasciatemi di nuovo i vostri nomi, anzi compilate pure queste distinte.>>

L'assistente ci passa due copie di tre fogli, nello stesso momento le squilla il telefono.
<<Scusate un secondo!>>Lei risponde al telefono e intraprende una conversazione in giapponese.
Noi rimaniamo lì e aspettiamo, Bea ascolta la conversazione come se cercasse di capirci qualcosa, e nel frattempo compila il foglio al posto mio.
<<Compilo io anche il tuo, va bene? Le domande sono scritte in inglese, io farò prima.>>

Io nel frattempo, mi giro intorno e osservo che dall'altra parte dell'androne, proprio di fronte al bancone d'accoglienza, ci sono una fila di paraventi stile giapponesi intelaiati su legno, con sopra figure finemente dipinti a mano di color nero e qualche pennellata di rosso.
Indubbiamente il Signor Kondo è amante dell' arte, mi piace già quest' uomo!  Sono almeno nove, sicuramente rappresentano scene in sequenza, vorrei avvicinarmi per osservarli bene, ma non oso muovermi da qui
Al di là dei separé, ci sono tutto intorno dei divani di un bianco brillante, e dei tavolini al centro, il tutto curatissimo nei particolari. Sicuramente deve essere la sala d'aspetto. Solo la sala è grande quanto casa mia in Italia.
La signora, riaggancia il telefono, e attira la nostra attenzione.
<<Bene signorine, oggi è il vostro giorno fortunato! Stavo appunto parlando al telefono con il Signor Ko... ehm il Signor Ono, e gli ho spiegato le vostre esigenze per quanto riguarda il lavoro.
Lui si occupa di assunzioni in questa azienda, e mi ha riferito che vi può dedicare più o meno una decina di minuti per ascoltarvi. Quindi se volete seguirmi vi accompagno.>>
Non credo alle mie orecchie!
Spero di di fare una buona impressione in questo colloquio, e di non entrare nel pallone. Questa è la mia grande occasione!
Il fatto che no parlerò con il Signor Kondo in persona, un po' mi tranquillizza, spero sia magnanimo, in quanto ad assunzioni.
L'assistente si alza dalla sua sedia dietro il bancone e ci fa cenno di seguirla.
<<Bene Diletta, io sto qui ad aspettarti. Ora dovrai cavartela da sola, sii te stessa e vedrai andrà tutto bene. Buona fortuna! E ricordati sei una ragazza straordinaria, sé non lo percepisce è uno che non capisce una mazza.>>
Le ultime parole di Bea mi strappano un sorriso, sicuramente voleva smorzare la mia ansia palese.
L'assistente mi fa strada e io la seguo.
Alla fine del l'androne, di fronte, c'è un'entrata larga almeno due metri con una pota di colore azzurro, e immagino che dietro ci sia l'ufficio del Signor Kondo, sopra vedo appesa una  targa, con una scritta, ma non faccio a tempo a leggerla, perché l'assistente gira subito a sinistra, dove si apre davanti a noi un altro ampio androne. In fondo si intravedono tre porte: una al centro e le altre entrambe ai lati. Mi chiedo in quale entreremo.
Si ferma in quella al centro e fa per bussare.
<<Aspetti!>> La fermo, buttando fuori un sospiro profondo.
<<Mi dica... Lei conosce bene il Signor Ono? Che tipo è, esigente, o disponibile?>>
Lei mi guarda per un attimo, valutando le mie parole, mi sorge il dubbio che non mi abbia capito. Caspita! Allora il mio inglese non è così eccezionale... Oddio, se non mi capisce lei, figuriamoci come andrà a finire il colloquio...
<<Stia tranquilla signoria, non poteva capitare in mani migliori! Il Signor Ono è una persona buona e comprensibile.>>
Caspita! Mi aveva capito benissimo, voleva solo farmi stare ancora sulle spine. Poi sento dare due colpi di nocche alla porta. Vai con la iperventilazione... chiamate un medico!

<<Scusi sé la disturbo Signor Ono, c'è qui la  signorina ehm... Malon?>>
Mi chiede conferma ed io annuisco, poi esce chiudendo la porta e mi lascia sola in piedi impalata.
Il Signor Ono è al telefono, seduto sulla poltrona della sua scrivania messo di lato. Noto che è senza la giacca e indossa una camicia bianca e cravatta leggermente allentata. Sembra alquanto giovane!
Il suo profilo è illuminato dalla luce proveniente da dietro la sua scrivania. La vetrata è diversa dalle altre, ora che la osservo bene non è una vetrata come le altre...é come una grossa lampada che emana luce bianchissima.
Dopo due interminabili minuti, attacca la comunicazione e si gira del tutto di fronte a me.
All'inizio non lo guardo subito in faccia, la luce dietro le sue spalle, lo illumina come in una visione celestiale, lo intravedo poggiare il telefono sulla scrivania e alzarsi per accoglirmi e stringermi la mano, a quel punto non posso più evitare il suo sguardo, e lo guardo dritta in volto.
Quando i suoi occhi incontrano i miei... Per un attimo mi si ferma il cuore.
Oh mio Dio... non ci posso credere!

  Undici anni in più di paradiso (FINE PARTE PRIMA)Donde viven las historias. Descúbrelo ahora