capitolo 30

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Senza staccare un secondo gli occhi dai miei, continua fermo a raccontare.
<<Lui non sa che io l'ho visto, nessuno lo sa, tranne un Agente che lavora per me. E ora lo sai anche tu! Lui è ancora a piede libero, e da anni che gli diamo la caccia di nascosto dalla polizia.
L'altra notte a Kyoto l'ho visto nel locale, e per qualche ragione si è sentito braccato dalle mie guardie e si è dileguato.
L'Agente Sanders, che segue per me questa vicenda da sette anni ormai, ha ritenuto necessario che rientrassi subito a Tokyo, mentre di lui si sono perse le tracce.
L'unica cosa che sappiamo, che si è diretto verso la Corea del sud.>>
Questa storia ha dell'incredibile, non mi sembra vero che sta succedendo a me. Mi sento male!
<<C'è pericolo che possa fare del male anche a te?>>
Al solo pensiero mi si gela il sangue.
<<Questo non te lo so dire, secondo l'Agente Sanders se avesse avuto queste intenzioni lo avrebbe già fatto ormai, ma sono un uomo in vista e magari non può esporsi troppo o...>>
Esita.
<<Sta aspettando l'occasione giusta...>>
Mi dice Koan dimostrando un coraggio incredibile.
<<Ma per quale motivo ce l'ha con la tua famiglia?>>
<<Lui non ha niente di personale con la mia famiglia, è un killer assoldato da una persona molto importante qui in Giappone, ed è meglio che tu non sappia niente.
Mio padre aveva scoperto un suo gioco sporco che lo poteva rovinare, ne aveva le prove. L'assassino le stava cercando proprio nel momento che mio padre l'ha colto sul fatto, e ha avuto la peggio.>>
Koan guarda dritto davanti a sé, come se rivivesse la scena.
<<Io ero lì... volevo solo parlare con mio padre, e sono riuscito ha non farmi vedere dal killer.
Mio padre era a terra esangue, era ancora vivo, e si sforzava di parlare con me, è lì che ho capito...e l'ho perdonato e gli ho chiesto perdono...>>
Koan abbassa la testa e se la tiene tra le mani, e non posso immaginare quanto avrà sofferto, e mi si stringe il cuore solo al pensiero.
Rimaniamo in silenzio per un lungo periodo che a me è sembrato un'eternità.
<<Non hai mangiato niente Diletta.>>
Mi chiede desolato.
<<Mi dispiace è colpa mia. Ti va del dolce? Ti prego mangia qualcosa!>>
Mi supplica.
<<Okay Koan ma solo un boccone, mi si è chiuso lo stomaco.>>
Non riuscire a ingurgitare niente, ma lo faccio per lui.
<<Cosa avevi da farti perdonare da tuo padre?>>
Gli chiedo mentre aspettiamo il dessert.
Koan mi guarda, e noto ancora ansia nel suo volto. Cosa mi nasconde altro?
<<Ti ho detto prima, che c'era un periodo della mia vita, quando andavo al college, di cui non vado particolarmente fiero. È successo quando avevo ventun'anni mi mancavano due anni alla laurea. Ho vissuto poco più di un anno, tra New York e Los Angeles.>>
Koan fa una delle sue solite pause riflessive, mi chiedo cosa può aver fatto di tanto male da pentirsi... Poi come un "fulmine a ciel sereno", mi scorrono le immagini del video... e li capisco!
E subito mi vengono le palpitazioni.
D'istinto mi alzo in piedi come se volessi darmela a gambe.
<<Non so se questo lo voglio sentire...>>
Gli dico stizzita la "dea" che si avvinghiava a Koan non riesco proprio a digerirla.
Lui intuisce e mi blocca con le braccia mi sento assediata.
<<Ti prego Diletta! Quel video che hai visto al computer è tutto finto, era una scena per uno stupido spot.>>
Mi fa riaccomodare sulla sedia e continua.
<<È stato un periodo tormentato, facevo cose che in realtà non mi andava di fare, ma la rabbia che portavo dentro dettata dall'indifferenza di mio padre che aveva nei miei confronti, non la capivo.
Lo vedevo si e no, due volte l'anno, non veniva mai a trovarmi, ho sempre pensato che mi avesse allontanato appositamente, tutte le volte che lo chiamavo era sempre impegnato, ho parlato più con dei suoi collaboratori che con lui..>>
Racconta amareggiato con il volto contratto dal dolore dai ricordi.
<<Koan non è stata colpa tua, a volte i genitori sono concentrati sul proprio dolore, e non si rendono conto del disinteresse che provano per il resto del mondo che li circonda.>>
Su questo campo sono preparata bene, mia madre docet, ha fatto scuola.
<<Una volta io e Kaii siamo andati in un locale esclusivo di New York, e mentre stavamo bevendo tranquilli seduti, si è avvicinato un agente dello spettacolo che veniva da Los Angeles. Mi ha proposto subito di fare un book fotografico per un provino per modelli, mi trovava un volto interessante. All'inizio mi sono opposto, non mi interessava quella vita e l'ho liquidato subito, ma lui non si arrese, diceva che avrei avuto sicuramente successo, e che mi avrebbe procurato contatti con le maggiori aziende di moda e quelle pubblicitarie.
Mi lasciò il suo biglietto da visita, con la promessa di pensarci su.
Quando rientrati a casa ci pensai veramente, alla fine l'idea di avere una mia dipendenza economica mi allettava. Non era una questione di soldi in definitiva, ma d'indipendenza personale: non avevo nulla da perdere. A me interessava stare affianco a mio padre, ma lui mi aveva declassato.
Lo chiamai il giorno dopo, lui non si fece pregare e mi venne a prendere subito e partimmo per Los Angeles.
Ci aveva visto bene; in poco tempo la mia carriera fu in totale ascesa, ero conteso da molte agenzie. Guadagnavo molto, e avevo richieste di contratti miliardari.
Mi ero comprato una villa a Beverly Hills, cambiato macchina in continuazione, venivo invitato alle feste nei locali più in vista di Los Angeles, e facevo molte sfilate e foto per riviste esclusive, mi hanno ingaggiato per film e pubblicità. Ero molto giovane e impegnato e in più quando avevo tempo libero prendevo il volo e rientravo a New York per frequentare le lezioni.>>
Koan racconta senza interruzioni, è un fiume in piena.
<<Ma come facevi! È impossibile vivere una vita così frenetica senza impazzire.>>
Osservo confusa.
E intanto è arrivato il dolce.
<<Il problema era proprio questo. Per riuscire a fare tutto qualcuno mi ha consigliato di usare... delle droghe.>>
Dio Koan cosa hai fatto? Mi chiedo preoccupata, questa cosa mi suona male.
<<Sì Diletta, so cosa stai pensando... Mi hanno fatto provare la cocaina... Mi teneva sempre vigile, riuscivo a stare sveglio anche ventiquattro ore su ventiquattro e facevo milioni di cose. Pensavo di saperla gestire...>>
<<Mio Dio Koan è assurdo. Ti drogavi!>>
Gli chiedo sempre più sconvolta.
<<Oh Diletta te l'ho detto, non vado fiero di quello che ho fatto!>>
Mi dice disgustato.
<<Ho passato tredici mesi da schifo. Ora quella vita è molto lontana, sono passati sette anni. Ne sono fuori... Sto benissimo adesso.>>
<<Cosa ti ha fatto cambiare idea, e mollare tutto?>>
<<Una mattina mi sono svegliato, e nel mio letto ho trovato una ragazza priva di sensi... faceva la modella, ma non ricordo come ci sia finita lì... Avevo portato tante modelle a casa mia, ma al mattino le ricordavo tutte, l'ho portata subito in ospedale e a quel punto ho pensato di aver toccato il fondo.
Mi sono deciso e ho preso le mie cose, e sono partito per Tokyo, e in quel frangente che ho visto uccidere mio padre. È stata l'esperienza più scioccante della mia vita.
Sono rientrato a New York e mi sono sottoposto alle cure e visite psicologiche, che mi hanno aiutato ad uscirne fuori. Nel frattempo ho finito gli studi e sono rientrato in Giappone definitivamente, per sostituire mio padre.>>
Che storia terribile, l'idea di Koan con tutte quelle modelle intorno che bevono e si fanno di cocaina, mi fa ribrezzo.
<<Adesso come sta quella ragazza? L'hai più rivista?>>
Gli chiedo preoccupata.
<<Lei ora sta bene, ma non l'ho più vista.>>
Mi dice distogliendo lo sguardo da mio.
<<Dio, erano tante le modelle che frequentarvi?>>
Al solo pensiero mi viene il voltastomaco.
<<Diletta, ti prego non fissati su questo, in fondo ho undici anni in più di te di vita vissuta, e poi te l'ho detto, è da sette anni che ho cambiato modo di vivere, appartiene tutto al passato.>>
<<Mi dici sempre di non fissarmi sulle cose,  me come faccio dopo tutto quello che mi hai raccontato?>>
Gli faccio notare, e intanto i dolci sul tavolo sono ancora intatti.
Prendo la forchetta e ne metto in bocca un boccone, cerco di mandarlo giù, ma non riesco a sentirne il sapore, riappoggio la forchetta sul piatto; sento solo l'amaro in bocca.
<<Non ti va più?>>
Mi chiede.
<<No Koan, voglio solo andare a dormire.>>
Ho bisogno di pensare e metabolizzare tutto.
<<Andiamo a letto! Ti fara bene un po' di riposo.>>
Mi dice mentre mi prende per mano.
Dalla veranda ci avviamo dentro attraverso un lungo passaggio interno che finisce su un grande atrio, chiuso da due porte di vetro satinato dipinte con raffinate decorazione.
E al suo interno ci sono diverse porte.
<<Vieni Diletta la mia stanza è questa!>>
Mi dice indicandomene una. Io esito e mi fermo. Koan mi guarda ma non pronuncia una sola parola.
<<Senti Koan... Stanotte io vorrei dormire da sola..>>
Alle mie parole lui sgrana gli occhi, e il suo colore verde si fa ancora più scuro e penetrante.
<<Io non capisco...>>
Mi dice preoccupato
<<Senti Koan... ho bisogno di pensare!>>
Farfuglio confusa.
Mi guarda incredulo e crolla in un agghiacciante silenzio che mi soffoca, e sento subito la necessita di prendere aria.
<<Diletta! Mi vuoi lasciare?>>
Mormora smarrito.
Allora stiamo insieme! Mi sorprendo della felicità che travolge ogni centimetro del mio corpo.
<<Oh no, no.... non è così! Ho solo bisogno di pensare, credimi.>>
Mi affretto a dirgli.
Tira un sospiro di sollievo e sembra più rilassato.
<<Okay come vuoi. Vieni ti accompagno sopra.>>
Sussurra rassegnato.
Usciamo dall'atrio e ripercorriamo il passaggio intero fino a trovarci davanti una elegante scala, la saliamo, arrivati in cima mi accompagna davanti a una porta e si ferma.
<<Questa camera dovrebbe andare bene. Ti faccio portare su la tua roba dal Signora Yumi.>>
Mi guarda con il viso corrugato, e poi mi spinge delicatamente verso il muro e avvicina il viso, poi poggia la sua fronte sulla mia, e sento le sue mani salire sino alle spalle.
<<Non rimuginare troppo sulle cose, pensa a quanto siamo stati bene insieme.>>
Mi dice con voce angosciata, poi mi lascia e va via.
Lo guardo dissolversi dalla mia vista, l'inquietudine si fa strada nel mio petto e subito mi sento sola, vorrei rincorrerlo per le scale, ma mi faccio forza per non doverlo fare.
Entro dentro e mi si apre davanti a me una stanza bella e confortevole, un toccasana per le mie ferite, poggio la borsa sul letto, prendo il telefono e lo riaccendo. Cerco il bagno per rinfrescarmi il viso, quando esco noto la mia valigia poggiata su una sedia all'angolo; deve averla potata dentro la Signora Yumi.
La apro e cerco qualcosa di più comodo da indossare, vedo la camicia da notte che mi ha datto Koan e la indosso.
Ci sento ancora il profumo dell'ultima volta che abbiamo fatto l'amore, e mi si forma un nodo alla gola, mi infilo nel letto sotto le coperte e mi lascio travolgere dai bei ricordi.
Vengo bruscamente distratta dai miei pensieri, dagli squilli del telefonino: mi giro, lo prendo, lo guardo, è Bea, rispondo.
<<Finalmente Dile mi hai risposto! Non attaccare ti prego sono stata una vigliacca. Non posso perdonarmi di aver calpestato i tuoi sentimenti in quel modo, Dile parlami, di qualcosa, qualsiasi cosa!>>
La voce disperata di Bea scorre tutta d'un fiato.
<<Bea è tutto apposto, abbiamo perlato e chiarito.>>
La tranquillizzo.
<<Oh Dile, voglio vederti per esserne sicura che sia veramente così. Domani torniamo a Tokyo, ci vediamo in albergo!>>
Non sarebbe una cattiva idea passare la giornata con loro, come ai vecchi tempi, e dare in po' di respiro, a me e a Koan.
<<Dile ci sei?>>
Mi chiama preoccupata.
<<Sì sì, ci sono Bea! A che ora arrivate? Magari faccio io un salto in albergo.
<<Arriviamo in albergo verso le dieci. Mi raccomado vieni devo vederti!>>
<<Si Bea sarò lì!>>
Chiudo la coniazione e bussano alla porta.
Se continua così non riuscirò mai a stare sola con i miei pensieri.
Koan entra con un vassoio con sopra una tazza da tè.
<<Scusa Diletta, la Signora Yumi ti manda questa tisana, si raccomanda di berla tutta.>>
Afferma posando la tazza sul comodino vicino.
<<Bevila tutta! Ti aiuterà a stare serena  e a riposare bene.>>
<<Una tisana? Non amo particolarmente le tisane!>>
<<Questa non è una tisana qualunque, è un infuso reishi preparato apposito per te dalla Signora Yumi, oltre ad avere diversi benefici e anche un antidepressivo e rilassante>>
Mi dice persuasivo.
Si avvicina e si siede sul letto, ed io tiro su le coperte fin sopra il naso.
Se dovesse avvicinarsi ancora,  non rispondo delle mie azioni, mi attrae come una calamita e devo fare uno sforzo immane per non farmi tentare
Sento il suo profumo e potrei svenire da un momento all'altro.
Koan avverte la mia reticenza e mi guarda fisso negli occhi, e la sua fronte corrugata, forgia nella mia anima un'infinita tristezza.
"Oh Koan quanto ti amo". Ma in questo momento devo resistergli e fare luce su i mille dubbi che mi tanagliano... voglio stare sola.
Mentre si avvicina al mio viso senza dire una parola, stringo gli occhi, e sento le sue labbra che si posano sulla mia fronte e senza aprirgli lo sento alzarsi e andare via.
<<Ascolta Koan!>>
Lo fermo sulla porta.
<<Domani rientrano le mie amiche da Kyoto, volevo passare la giornata con loro... insomma... volevo avvistati.>>
Lui annuisce e senza girarsi apre la porta ed asce chiudendola dietro di sé.
Di nuovo sola nella stanza, sento un vuoto incolmabile.
Cerco di dormire, ma mi giro nel letto più volte, poi noto la tisana sul comodino che avevo scordato, la prendo e la bevo tutta, dopo una decina di minuti sento le palpebre pesanti chiudersi, e piano piano, cado in un dolcissimo sonno profondo.

  Undici anni in più di paradiso (FINE PARTE PRIMA)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora