Capitolo 69 Part One: Always Be My Baby

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Me ne sto fuori a sonnecchiare sul balcone soleggiato, mentre Antoine finisce di prepararsi così da potermi raggiungere e fare colazione insieme

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Me ne sto fuori a sonnecchiare sul balcone soleggiato, mentre Antoine finisce di prepararsi così da potermi raggiungere e fare colazione insieme. Un leggero venticello estivo mi smuove i capelli e mi rinfresca la fronte, mentre me ne sto comodamente adagiata sul divanetto in vimini dalla quale ho una visione completa, quasi estatica, delle Torre Eiffel. Il profumo dei gerani, mischiato a quello dei gelsomini che ricoprono parte della parete esterna della balconata, e della lavanda sistemata in vasi di cotto vicino alla ringhiera, mi riporta ai pomeriggi in campagna insieme alla nonna a mangiare pane con la marmellata lungo la valle del fiume Bighorn. Un pizzico di nostalgia e dolciastra malinconia mi pervade. Chiudo gli occhi e inizio a navigare con la mente lungo le sponde di questo fiume che attraversa gli Stati del Wyoming e del Montana, e quasi mi perdo. Le distese sempreverdi, il gorgogliare dell'acqua del Powder River, dove gli animali da pascolo si fermano a ritemprarsi, gli zoccoli dei cavalli che si infrangono sull'erba alta, gli uccelli che popolano il cielo e fanno da guardiani ai monti della Teton Range, il profumo degli indian paintbrush che costellano le colline del Wyoming.

Una lunga scia bianca lasciata dal passaggio di un aereo, mi riporta indietro nel tempo a quando avevo dodici o tredici anni. Mi nascondevo nell'erba alta dietro il fienile, ogni volta che la mamma mi chiamava per fare i compiti. Raramente mi capitava di vedere gli aerei volare altissimi in cielo e lasciarsi dietro una scia lunga bianca che poi percorrevo con le dita. I miei compagni di scuola dicevano che quando passava un aereo, bisognava subito esprimere un desiderio, così io appena ne avvistavo uno da lontano, chiudevo gli occhi, incrociavo le dita e chiedevo di poter vedere tutte le cose belle del mondo. Con nove anni di differenza, e moltissimi posti visitati, rimpiango l'innocenza e l'illusione di un tempo. Quando avevo una casa piccola ma più calda, quando gli amici ti davano una mano perché erano davvero amici e non per un tornaconto personale, quando avere un giocattolo nuovo era la cosa migliore di sempre, quando rimanevo a sveglia fino all'alba per veder sorgere il Sole, quando aspettavo l'inverno per costruire un pupazzo di neve insieme a mamma e papà. Adesso sembra tutto così scontato, banale, vuoto e penso che forse è meglio avere poco e sognare tanto, che avere troppo e non sognare più.

Una leggera scossa sulla spalla mi fa sussultare. Apro gli occhi e mi ritrovo il volto sorridente di Antoine a qualche centimetro dal mio.

"A cosa pensi amore?" mi pizzica il naso per poi lasciarmi un tenero bacio sulla fronte.

"A quando ero più piccola" replico spostandomi un poco così da farlo accomodare accanto a me.

Lui si sdraia poggiando la testa contro il poggia gomiti, per poi avvolgermi con entrambe le braccia facendomi poggiare la testa contro il suo petto.

"Eri una piccola peste? Lo sei ancora oggi" ridacchia scompigliandomi i capelli.

"Un po'" scrollo le spalle divertita facendogli scuotere la testa.

"Tu invece?" domando accarezzando con le dita l'inchiostro nero che gli colora la pelle del braccio.

"Ero un tipo tranquillo" fa spallucce facendo scorrere la mano sul mio fianco, per poi sollevare appena il tessuto della mia t-shirt solleticandomi la pelle.

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