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SIMON'S POV

"A dopo fratellone!" mi saluta per l'ultima volta Zoe e mi avvio verso il lavoro in macchina. Accendo la radio e parte "Beatiful" di Eminem. La mia mente mi porta subito a Julia, mi ricordo quel giorno che me la cantò e alla fine facemmo anche una scommessa, ma ce la siamo completamente dimenticata entrambe, credo, dopo tutto quello che è successo e che di sicuro succederà, se c'è lei ci sono problemi.

"Ciao Max!" dico entrando in questo maledettissimo bar con questa odiosa campanella e il fascino di un lama con l'influenza.

"Oh ciao figliolo" 'figliolo'?! E da quando sono suo figlio?! Un giorno credo che mi dirà 'Amore di nonna porta questo cappuccino al tavolo 12 che ti do i soldi per comprarti il gelato!' Lo guardo stranito e mi avvio verso lo sgabuzzino per cambiarmi "Oh no aspetta... non c'è bisogno che ti cambi".

"Come mai?!" e mi avvicino al bancone.

"Ehm Simon tu sei un bravo ragazzo ma..." e si blocca, abbassa lo sguardo muovendo nervosamente le mani sul bancone e creando una situazione molto scomoda.

"Cosa?" gli chiedo vedendo che lui non accenna a continuare ma solo a tamburellare le dita sul piano di marmo. Mi sta facendo innervosire e se continua gli darò un pugno. "Max!" ripeto in tono più duro ma non alza lo sguardo. "Max!" sbotto fermandogli la mano nella mia presa, cessando quel rumore snervante.

"Sei un bravo ragazzo Simon ma ti devo licenziare" al termine delle sue parole lascio la presa lentamente e fisso il suo sguardo addolorato e agitato.

"Cosa?!" e scatto portandomi le mani nei capelli, come se avessi capito solo ora le sue parole, che le avessi analizzate piano piano una alla volta e afferrato ora il loro significato.

"Mi dispiace"

"Cazzo!" e tiro un pugno sul bancone risvegliando il dolore dei vecchi lividi sulle nocche.

"Simon..."

"Sta zitto!" la sua voce aumenta solo la mia ira, soprattutto il suo tono dispiaciuto e triste.

"Non riesco a darti lo stipendio i clienti sono..." ma non sento più le sue parole perchè ho già sbattutto dietro di me la porta di quel fottuto bar.

Ora come faccio?! Come manterrò Zoe?! Non ce la potrò fare sono con le esibizioni in strada e non ce la farò a trovare un altro lavoro. Non riesco a ragionare, tutto si sta sbriciolando intorno a me. Rientro in macchina e corro come un pazzo scappando da tutto. Stringo nelle mie mani il volante in plastica ormai vecchia per cercare di scaricare la rabbia, ma non ce la faccio, vorrei prendere a pugni qualcosa, vorrei scaraventare qualcosa contro un muro, vorrei correre fino a perdere il fiato e urlare come un pazzo. Arrivo vicino ad un boschetto e la tentazione di addentrarmi è troppa quindi fermo la mia corsa e mi incammino verso gli alberi alti e freddi. Sotto i miei piedi sento lo scricchiolio delle foglie e dei rametti assieme al canto di alcuni uccelli. Mi addentro sempre di più, gli alberi diventano sempre più numerosi e il buio inizia a prendere il posto della luce. Alzo gli occhi e vedo le numerose nuvole che hanno accompagnato tutta la giornata rendendola grigia e cupa. Il bosco inizia ad avere un aspetto tetro, ma non mi fa paura, non ho paura. Una leggera nebbia si crea tra le cime degli alberi neri. La mia mente si sta svuotando piano piano e un senso di leggerezza prende il sopravvento sulla rabbia e non so perchè urlo come non ho mai fatto, con le braccia aperte e con lo sguardo verso l'alto, come se dovessi dare la dimostrazione reale di essermi liberato in qualche modo. Gli uccelli hanno smesso di cantare, forse a causa mia o per il tuono che ha sovrastato la mia voce. Continuo a camminare e una luce abbagliante proveniente dall'orizzonte illumina tutto il paesaggio. E' fredda, bianca e breve: un fulmine. Forse sarà meglio ritornare a casa e pensare a una soluzione.

LETTERSWhere stories live. Discover now