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ZACK'S POV

"Ciao Ryan ci vediamo domani" saluto il mio collega e mi avvio verso casa a piedi, maledetto a me quando ho detto a Julia che poteva prendere la macchina. Cammino per le strade di Miami col sole rosso chr inizia a nascondersi dietro i grattacieli. Questi vicoli non mi piacciono per niente, li conosco molto bene e le persone che li frequentano è meglio evitarle. Svolto un angolo e infondo alla via vedo dei ragazzi. Oh merda sono loro. Decido di tornare indietro ma qualcuno afferra la mia spalla e mi sbatte al muro, facendomi sbattere la testa al muro di mattoni.

"Ehi Zack dove vai? Non saluti i tuoi amici?" la voce la sento lontana a causa del colpo alla testa

"No!"

"Oh come sei diventato antipatico!"

"Vaffanculo!" il resto del gruppo ci raggiunge, circondandomi

"Non credo ti convenga fare troppo lo sbruffone! Ci devi dei soldi"

"Ve li restituirò appena potrò"

"Sono buono mi fido" lascia la presa sulla mia maglia e si volta schioccando le dita. I suoi scagnozzi vengono verso di me e iniziano a pestarmi. Iniziano con dei pugni sul viso poi il più massiccio mi assesta una ginocchiata sulla pancia facendo mi cadere a terra. Le orecchie mi fischiano e tutto il corpo mi fa male

"A presto Zack" queste sono le sue ultime parole prima di andarsene col resto della compagnia.

In che guaio mi sono cacciato?! MERDA! Perché sono caduto così in basso in quel periodo? Mi sono indebitato per comprare quella merda! È stato un periodo orribile, mi stavo rovinando sempre di più ma non mi importava perché ero già morto dentro. Mi sento maledettamente in colpa perché quella sera ci dovevo essere io su quella strada. Il senso di colpa e il dolore mi stavano distruggendo piano piano allora decisi di venire qui a Miami ma peggiorai solo le cose. Lasciai Julia da sola nel momento più brutto della sua vita, sono stato solo un codardo. Lei soffriva molto più di me perche pensava che era colpa sua e io che feci?! Mi andai a divertire qui. Il dolore delle botte continua ad avvolgere il mio corpo. La vista è appannata, non riesco a distinguere bene gli oggetti. Rimango qui, rannicchiato su questo vicoletto umido e lurido, mentre penso a tutti gli errori che ho fatto.

Sono nella merda ma me la devo cavare da solo, non posso coinvolgere Julia in questo giro, non se lo merita dopo tutto quello che ha passato anche per colpa mia.

La testa mi sta scoppiando. Ricordo il racconto della mamma di quando vidi per la prima volta Julia: la fissai per un minuto intero con gli occhi spalancati mentre lei era nella culla e poi le presi la manina e inizai a piangere; mi ero emozionato anche se avevo solo 2 anno, era una creaturina così piccola, delicata e dolce ed ero felicissimo perché sapevo che l'avrei avuta sempre al mio fianco, che avrebbe sempre fatto parte della mia vita. Era una piccola pagnottella con le guance rossee con un sorriso splendido e solare ma la cosa che mi colpì di più furono i suoi occhioni di un azzurro chiarissimo, paragonabile al ghiaccio, ma che non erano affatto freddi, anzi, ti scaldavano il cuore ad ogni minimo sguardo.

Ricordo quando eravamo al parco giochi e un bambino la spinse facendola cadere, mi arrabbiai tantissimo e lo spinsi a mia volta; corsi subito da lei, piangeva ma io la consolati e ricordo ancora che disse 'grazie fratellone' e mi abbracciò fortissimo. Da lì in poi mi chiamò sempre fratellone e io, da lì in poi, mi promisi che l'avrei dovuta sempre difendere e avere cura di lei. Tutti i momenti con lei, tutte le litigate, le brutte parole, gli abbracci, i regali, i castighi, i rimproveri, i compiti insieme, i giochi, i pianti, le risate... tutto con lei è stato bellissimo e ha reso la mia vita bellissima. Tutto andava bene fino a quella maledetta sera, dopo di essa andò, e va, tutto male. Ricordo quando ritornai a casa di zia Rose, mi guardò in modo strano, come se fosse stata l'artefice di un delitto e si fosse pentita. I suoi occhi erano spenti come la sua energia e vitalità e lì mi sentii ancora più di merda. Le chiesi cosa aveva e mi rispose che credeva che me ne fossi andato perché la ritenevo colpevole della morte dei nostri genitori; non ce la feci a dire che scappai da quella città perché non ce la facevo, perché era troppo difficile per me vederla piangere e urlare dal dolore della perdita, perché non ero abbastanza forte da aiutarla, perché ero troppo debole per restare affianco.

Sono arrabbiato con me stesso, non sono riuscito a mantenere la promessa. Mi alzo e delle fitte di dolore pervadono tutto il mio corpo. Un passo e le gambe mi cedono ma riesco a rimanere in piedi, un altro e stringo i denti per resistere al dolore e inizio a camminare dirigendomi a casa.

Dopo 20 minuti sono finalmente a casa. Chiudo la porta dietro le mie spalle e scivolo giù sentendomi per terra. Faccio un sospiro di sollievo e poi vado in bagno per vedere in che condizioni sto. Mi guardo allo specchio e quasi mi spavento: ho un occhio nero, il labbro e un sopracciglio spaccati, lo zigomi macchiato da un livido violaceo e i miei addominali lo stesso. Riconosco l'auto che si parcheggia vicino casa. Julia.

"Sono a casa!" urla

"Ciao" la saluto in modo schivo. Sento i suoi passi avvicinarsi a me ma mi scosto mantenendo sempre lo sguardo basso

"Ti posso salutare!?" e si avvicina sempre di più

"No!" rispondo brusco. Non può vedermi così!

"Perché?!" si sta arrabbiando

"Ehm... perché mi... ce non..." entro in confusione: non voglio che si arrabbi ma neanche che scopra che cosa è successo.

"Zack! La smetti di fare il coglione?!"

"Julia lasciami in pace" dico calmo ma lei mi prende per un braccio e mi gira verso di lei.

"Che cazzo hai combinato?!" ha gli occhi spalancati e l'espressione furibonda

"Julia nulla"

"Zack!" urla.

"Non rompere il cazzo Julia!!!" non riesco a trattenere la rabbia e la tensione

"Zack cos'hai?" i suoi occhi iniziano a luccicare e mi supplica di dirgli la verità

"Nulla!" dico ancora violento e sbatto un pugno sul tavolo

"Zack..." le lacrime iniziano a rigare il suo viso delicato. È impaurita, impaurita da me.

"Scusami..." la mia rabbia si è trasformata in un dolore atroce. La sto facendo soffrire ancora, di nuovo. Mi sento una persona orribile. Dovevo proteggerla ma la sto solo ferendo.

"Zack dobbiamo andare all'ospedale" la sua voce cambia d'un tratto diventando decisa e risoluta. Sembra che abbiamo invertito i ruoli, ora lei si prende cura di me. La sua espressione è severa, è uguale alla mamma quando ci rimproverava, è uguale in tutto a lei quasi soprattutto per il carattere forte. Lei è forte e non io.

LETTERSWhere stories live. Discover now