Capitolo 25.

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Quando realizzai quello che era appena successo, inizia a scendere in picchiata verso il campo. Vidi Scorpius che si stava allontanando verso gli spogliatoi.
Quando atterrai, la sua chioma bionda era sparita dalla mia visuale. Iniziai a correre verso gli spogliatoi maschili, intenta a parlargli. Non sapevo come avrebbe reagito, ma, già dell'espressione che aveva in viso, sapevo che non l'aveva presa bene, affatto bene.
Arrancando, riuscii ad arrivare alle porte degli spogliatoi. Esitante, girai la maniglia e aprii la porta.
Entrai.
«Scorpius.», sussurrai.
Non sapevo precisamente cosa avrei trovato una volta entrata, però di certo non mi sarei aspettato quello. Non mi sarei aspettata uno Scorpius Malfoy con lo sguardo glaciale, arrabbiato, che mi fissava con come se stesse fissando l'insetto più schifoso del mondo.
«Scorpius io..mi dispiace..non so cosa sia successo..», iniziai a balbettare.
«Tu non sai cosa sia successo?», urlò, «Te lo dico io cos'è appena successo, abbiamo perso. Ci hai fatto perdere.».
«Non so cosa mi sia preso.».
«Non sai cosa ti sia preso, certo.», mi canzonò.
«Io sono entrata in panico, davvero non so perché..», mi giustificai.
«Io invece credo di sapere il motivo del tuo “panico”.», disse, mimando le virgolette con le mani alla parola panico.
«Ma cosa stai dicendo?», chiesi, non capendo.
«Ma credi che sia completamente ricoglionito?», chiese, sprezzante.
Non è che lo penso, lo so.
Scacciai quel pensiero, non essendo quello il momento di essere ironica.
«No che non lo penso. Ma..Scorpius a cosa ti stai riferendo?», insistetti.
«Smettila di prendermi in giro!», urlò, dando un colpo agli armadietti, e facendoli tremare.
«Non ti sto prendendo in giro, non so di cosa tu stia parlando!», dissi, con il panico nella voce.
Cosa diamine stava dicendo?
«Credi che non me ne sia accorto?», continuò ancora.
«Smettila di girarci intorno e dimmi di cosa cazzo stai parlando!», urlai.
Mi stava seriamente facendo innervosire.
«Hai fatto tutto di proposito, per farci perdere. Tu, i tuoi cugini ed il tuo amichetto Logan.», disse con aria schifata.
«Ma cosa cazzo stai dicendo?!», urlai.
«L'evidenza!».
«Tu sei cretino! Non è così!», dissi, incredula.
Pensava davvero che mi fossi messa d'accordo con i Grifondoro?
«Ma davvero pensi che non abbia visto lo sguardo che vi siete lanciati, prima che tu “casualmente” sbagliassi?».
«Non ho sbagliato, ho solo avuto un momento di ansia ed ho tirato dopo che Albus aveva già preso il boccino.».
«E questa ansia ce l'hai avuta proprio mentre guardavi Parker, certo. Ma fammi il piacere, Weasley.», mi canzonò.
«Ma io stavo guardando Dominique!», esclamai.
«Uno o l'altro non cambia un cazzo, fai comunque schifo.».
«Ah adesso faccio schifo? Sai però che stamattina non sembrava.», lo rimbeccai.
«Stamattina non avevo ancora capito quanto fossi puttana.», disse disgustato.
Quella parole mi ferirono, ma cercai di non darlo a vedere.
«Come cazzo ti permetti di dire questo?», ringhiai, mascherando il dispiacere con la rabbia.
«Ti sei scopata Logan e ti sei messa d'accordo con lui per far vincere la sua casata di merda. E qua il più deficiente sono io, che ci sono pure cascato.».
«Ma cosa diavolo ti sei fumato?», chiesi, allibita.
«Ah io mi sarei fumato qualcosa? Ti hanno vista tutti che hai fissato Logan prima di segnare.».
«Ti ho già detto che stavo guardando Dominique!», sbottai.
«Uno vale l'altro. Lei non è tanto meglio.», sbuffò.
«Come scusa?».
«Magari oltre te si scopa pure lei e nemmeno lo sai. Oppure lo sai e non ti importa.», disse, con aria disgustata.
Non ci vidi più, scattai in avanti e gli tirai uno schiaffo.
Lo schiocco rimbombò nella stanza.
Ci misi talmente tanta rabbia in quel gesto che il suo viso si spostò, ed io mi sentii in un certo senso più libera.
Libera da tutta la rabbia che stavo provando in quel momento.
Ma quella libertà durò un attimo, perché subito dopo la rabbia tornò a farsi viva dentro di me.
«Come ti permetti di dare della puttana a Dominique, nemmeno la conosci!», ringhiai.
«Se chiamo puttana te non muovi un dito, ma se chiamo così tua cugina subito scatti. Non sarà che ti senti chiamata in causa dalle mie parole?».
«Sei un lurido, schifoso, verme!», dissi, lanciandomi su di lui ed iniziando a prenderlo a pugni sul torace. Ovviamente i miei pugni erano come carezze per lui, ma aiutavano me a sentirmi più libera.
Picchiarlo era un modo per far fuoriuscire tutto il dolore e la rabbia che le sue parole mi stavano provocando.
Ad un certo punto però le sue mani scattarono ed afferrarono le mie, bloccandole nei suoi polsi.
«Hai finito?», chiese, guardandomi negli occhi.
Erano indifferenti.
«No. Voglio picchiarti ancora.», sibilai.
«Beh, io ti dico che hai finito.», rispose.
«Vaffanculo.», ringhiai.
Stavo lottando con me stessa per non piangere.
Era difficile, ma non doveva uscire nemmeno una lacrime.
Non gli avrei dato la soddisfazione di vedermi piangere.
«Dopo di te.», disse, freddo.
Scrollai le spalle, e mi sottrassi alla sua presa.
Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi.
Poi lentamente li riaprii.
«Tu o ti droghi o hai qualche problema, se pensi davvero quello che hai appena detto.», dissi, calma.
«Non sono un drogato e non ho nessun problema, però sono sicuro di quello che ho detto. Più che sicuro.».
«Hai ragione, di mente sei sano. Però fai davvero schifo. Come puoi pensare questo di me?», chiesi, lasciando trasparire leggermente, e dico leggermente, il mio dispiacere.
Le sue parole mi avevano davvero ferita, anche se avevo provato a non darlo a vedere.
«In fondo, ti conosco da nemmeno due mesi. Che poi, conoscere è un parolone. Sei brava a fingere Weasley, davvero brava, lo devo ammettere.».
«Ma fingere cosa?! Lo capisci che ti stai facendo film mentali? Non ho fatto nulla! Mi sono fatta in quattro per vincere. Ti ho anche parlato di me, della paura che avevo di perdere e delle domande. Lo sapevi, lo sai, che non la volevo neanche fare questa scommessa!», sbottai, perdendo la calma che ego riuscita a dimostrare.
Quel ragazzo mi mandava fuori dai gangheri.
«Non ti credo.», disse, freddo.
Lo guardai attentamente.
Aveva le spalle rigide, le braccia conserte e la testa alta.
Lo sguardo indifferente.
«Sai cosa? Fai che cazzo vuoi.», sibilai, prima di voltarmi ed andare verso la porta.
Misi la mano sulla maniglia ed aprii di poco la porta.
«Ah, un'altra cosa», dissi, voltandomi e guardandolo negli occhi, «trovati un'altra cacciatrice.».
Uscii sbattendo la porta.
***
«Rose!», mi venne incontro Amanda, mentre stavo risalendo al castello.
Mi girai e la vidi arrancare dietro di me, che stavo praticamente correndo.
«Scusa Amanda, non ho voglia di parlare.», dissi, voltandomi e riprendendo a camminare.
«No, Rose! Aspettami.», disse, correndo per raggiungermi.
Mi afferrò per il braccio e mi fece voltare.
«Amanda..», sbuffai.
«No. Ora mi dici cos'hai.», disse.
«Oh, non ho nulla. È successo solo che ci ho fatto perdere la partita e che ho condannato tutti noi all'umiliazione pubblica.», risposi, ironica.
«Sai a cosa mi riferisco.», disse, ignorando il mio sarcasmo.
«No, non lo so.», risposi.
«Rose, è da ieri sera che sei strana. Mi spieghi cos'è successo?», chiese, ignorando palesemente il mio non voler parlare.
«Non sono strana, Amanda. Sono perfettamente normale.».
«Rose, tu non sei mai normale, mai.», disse, alzando gli occhi al cielo.
La guardai e cercai di rimanere indifferente, ma mi scappò una risatina..
Rise anche lei, e per un momento dimenticai quasi il casino in cui mi ero cacciata.
Quasi.
«Amanda», dissi, smettendo di ridere, «davvero non ho nulla, sono solo preoccupata per stasera. Mi sono messa nella merda da sola.», sospirai.
«Ehi, stai tranquilla. Andrà bene, vedrai. Tu prova solo a non pensarci, in un attimo passerà.», mi tranquillizzò.
«Speriamo..», sospirai.
In realtà sapevo che non sarebbe stato così, che non sarebbe andato tutto bene, ma non potevo di certo dirglielo.
«Si, vedrai che sarà così. Ora però andiamo in camera, ti accompagno.», disse, mettendomi un braccio in torno alle spalle.
Dieci minuti dopo, arrivammo in camera e mi lanciai sul letto, esausta.
«Sto morendo di sonno.», dissi sbadigliando.
«Anche io.», disse, stendendosi anche lei.
«Dobbiamo andare nella stanza delle necessità alle nove. Abbiamo tutto il tempo per dormire.», disse, stiracchiandosi.
«Forse dovremmo toglierci queste divise sudicie.», sussurrai, con la voce già bassa e roca.
«Già, forse dovremmo.», disse, sbadigliando.
La mia mente proiettò l'immagine di una me che si alzava, andava in bagno e si dava una ripulita prima di dormire, ma i miei occhi semplicemente si chiusero.

•||Dirty love.||•Where stories live. Discover now