Capitolo 23.

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Se il giorno prima mi ero alzata con la grinta giusta per vincere, il giorno della partita mi alzai tutta dolorante e con la stessa voglia di giocare che ha un gatto di fare il bagno.
Inesistente.
Ripensai alla sera prima.
Tracciai la linea del collo e la clavicola, dove, anche senza vederli, sentivo i succhiotti che mi aveva lasciato.
Mi toccai le labbra, dove solo qualche ora prima c'erano le sue.
Era stato così..wow.
Non me lo sarei mai, e dico mai, aspettato.
Guardai di sfuggita l'orologio.
Erano le nove, la partita sarebbe iniziata alle undici.
Mi accorsi che Sophia, La Parkinson e la Bulstrode non erano in camera.
Mi alzai e mi avviai verso il bagno, intenzionata a fare una doccia per lavare via tutto il caos che avevo nella testa.
«Rose.», disse Amanda, spuntando all'improvviso accanto a me, sulla porta del bagno, ed interrompendo i miei pensieri.
«Amanda.», dissi con la voce roca di una che si è appena svegliata da quattro ore di sonno, dopo aver consolato per ore sua cugina e dopo aver pomiciato in un bagno con un ragazzo che non si sarebbe mai aspettata di poter baciare, ma alla quale è piaciuto terribilmente.
«Tutto bene?», chiese, con uno strano sguardo.
«Certo, benissimo.», dissi sorridendo.
Stavo ardentemente sperando che mi lasciasse andare a fare la doccia senza troppe domande, perché non avevo le forze né fisiche né emotive per mentire o inventare qualcosa.
Ma ovviamente non fu così.
«Sei sicura?», insistette.
«Si.», dissi solo.
«Stanotte sei rientrata tardi.».
«Lo so.».
«Come mai?», chiese.
'Non ti arrendi, eh?', pensai.
«Io, emh, mi sono..addormentata. Si, mi sono addormentata nell'aula di antiche rune.», dissi, ricordando la versione che avevo dato a Scorpius.
Era una scusa patetica, ma nelle ore precedenti era stata la prima che mi fosse venuta in mente, e dovevo attenermici.
«Addormentata nell'aula di antiche rune?», chiese perplessa.
«Si. Io la stavo controllando, mi sono concessa cinque minuti di riposo sedendomi su una sedia e appoggiando la testa sul banco e mi sono addormentata.», ripetei, con tono più sicuro.
Mi guardava come per capire se la stessi prendendo in giro o meno.
«Ma come hai..o mio Dio, cosa sono quelli?», chiese indicando i succhiotti, con lo stesso tono che avevo avuto io con Dominique.
«Emh, nulla.», balbettai.
«Rose, non provare a-», iniziò lei, ma la interruppi, prima che potesse continuare.
«Senti, Amanda, ora devo fare la doccia. Ne parliamo dopo.», dissi, sorridendole e chiudendo la porta, lasciandola lì e senza rispondere a nessuna delle sue domande.
Mi buttai sotto l'acqua, che misi subito ghiacciata per svegliarmi.
Il freddo mi entrò nelle ossa congelandomi tutta.
Rimasi sotto quel getto per un tempo indeterminato, un po' perché ormai mi ci stavo abituando, un po' perché non volevo scendere di sotto, per l'imbarazzo che sicuramente avrei provato nel vederlo.
E se mi avesse derisa di nuovo, quando per me qualche ora prima era stato a dir poco bellissimo?
E se avesse fatto finta di nulla?
Insomma, forse sarebbe stato meglio, fare finta di nulla, no? Sarebbe stato meglio, avrebbe evitato imbarazzo tra di noi.
Eppure, non volevo che facesse finta di nulla.
Sarei voluta rimanere in quella doccia per sempre.
Alla fine però, trentacinque minuti dopo, Amanda venne a bussare alla porta, dicendomi che era il momento di uscire.
Mi asciugai, misi la mia divisa verde-argento e legai i capelli in una coda.
Però me ne pentii subito.
Lasciava scoperto il collo, e metteva in evidenza i segni.
Dovevo trovare un altro modo per coprirli, però, perché non potevo rimanere con i capelli sciolti.
Erano scomodi e non potevo stare appresso al cespuglio sulla mia testa.
Dovevo pur sempre vincere una partita.
Optai quindi per cambiare la maglia sotto la divisa, scegliendone una a collo alto verde. In quel modo sarei stata anche riparata dal vento che si aggirava quel giorno.
Misi gli stivali e le ginocchiere nero fuliggine, poi uscii dal bagno ed aspettai che anche Amanda si preparasse.
Ci mise dieci minuti in tutto.
Mentre salivamo in Sala Grande, non proferì parola. E gliene fui grata, perché non avevo assolutamente voglia di rispondere alle sue domande.
Però leggevo la curiosità nei suoi occhi.
Sapevo che dopo la partita mi avrebbe fatto delle domande.
E sperai che fossero solo sui succhiotti, e non su altro.
Perché se mi avesse chiesto altro, con la verità non potevo rispondere, e non mi andava di elaborare bugie che poi avrei dovuto portare avanti.
Avevo anche un leggero mal di testa e brividi di freddo.
Quando ci sedemmo al tavolo di Serpeverde, provai a mangiare qualcosa, ma mi si era chiuso lo stomaco. Avevo bevuto solo un bicchiere di succo di zucca, mentre la mia torta di melassa era rimasta intoccata nel piatto.
La stavo fissando, persa nei miei pensieri, quando sentii un braccio circondarmi le spalle.
Mi irrigidii subito.
«Buongiorno, Rossa.», disse al mio orecchio.
Vedevo che quel gesto di confidenza aveva attirato lo sguardo dei curiosi.
«Giorno, Scorpius.», risposi, sorridendo, e sforzandomi di non pensare ai loro sguardi.
«Mangia qualcosa, altrimenti deperirai.», disse.
«Non ho fame.», scrollai le spalle.
«Solo due bocconi, dai.», insistette.
«Scorpius, non ho fame davvero.».
«Ma se non mangi qualcosa non sarai in forze per la partita, e tu non vuoi perdere e rendere pubblici tutti i tuoi segreti, vero?», disse, guardandomi negli occhi.
Aveva ragione.
Sapevo che aveva ragione.
Sospirando sonoramente, presi la forchetta e mangiai la torta nel piatto.
Mi sforzai e ne mangiai due pezzi, abbastanza grandi, e poi bevetti un altro bicchiere di succo di zucca.
Tutto sotto lo sguardo divertito di Scorpius.
«Contento, adesso?», dissi, facendo la finta offesa.
«In realtà penso che dovresti mangiarne un altro po', sei troppo magra.», disse, con il suo solito sorrisetto.
«Ciao, Malfoy!», dissi, alzandomi ed avviandomi verso l'uscita.
«Rose, aspetta!», disse, raggiungendomi, e posando, di nuovo, il braccio sulla mia spalla.
«Dimmi.».
«Tra dieci minuti raggiungimi negli spogliatoi maschili.», sussurrò al mio orecchio, prima di superarmi e uscire dalla Sala Grande.
Ero un po' scossa.
Mi ripresi e, guardandomi intorno, vidi che molti mi stavano osservando.
Molti erano proprio molti.
Scrollai le spalle ed uscii anche io.
Decisi di andare al Lago Nero, prima di andare nella stessa direzione di Scorpius.
Mentre stavo camminando, però, mi sentii chiamare.
«Rose!», disse Dominique, venendomi incontro.
«Ciao, Dom.», risposi, sorridendole.
«Come stai?», chiese.
«Tutto bene, e tu?», risposi.
«Sto meglio. Spero che oggi vada bene..», mormorò.
«Già, lo spero anche io..».
«Se dovesse andare bene per una, andrebbe male per l'altra, però..», disse.
«Lo so, Dom, lo so.», sospirai.
«Però promettimi una cosa.», disse mia cugina.
«Cosa?».
«Che comunque andrà, noi non ci allontaneremo per questo. Promettimi che non mi lascerai, ti prego.», disse, con gli occhi preoccupati.
«Te lo prometto, Dominique. Da sempre e per sempre, ricordi?», le domandai.
«Da sempre e per sempre.», rispose, sorridendo.
La abbracciai forte.
Lei si mise a giocare con i miei capelli, intrappolati nella coda.
«Rose?», chiese, staccandosi da me.
«Si?.», dissi, stranita.
«Chi ti ha fatto quell'enorme succhiotto sul collo?», chiese, alzando un sopracciglio.
Divenni rossa.
«Come hai fatto a vederlo, l'ho coperto!», esclamai.
«Rose, sono a due millimetri di distanza, è normale che io lo veda. Ora però rispondi alla domanda. Chi è stato?», continuo.
«Scorpius.», sussurrai.
«Cosa? Scorpius Malfoy?!», disse, alzando la voce.
«Non urlare! Vuoi che lo sappia tutta la scuola?!», sbottai.
«Scusa!», disse, mettendosi una mano sulla bocca, come se ormai un proficuo gruppetto di Corvonero del sesto anno non si fosse girato a guardarci.
«Però ora mi racconti! Un momento, ieri sera non ce l'avevi! Oddio, voi avete..?», domandò, sempre più stupita.
«Oh, nono! Non abbiamo fatto nulla..cioè, ci siamo fermati..l'ho fermato, anche se insomma..ohhh!», esclamai, ormai completamente rossa.
«Ora tu mi racconti tutto, Rose Weasley.», disse la bionda, con un sopracciglio alzato.
E come dirle di no?
Iniziai a raccontare da quando l'avevo lasciata di fronte al ritratto della Signora Grassa, fino ad arrivare alla scena di stamattina in Sala Grande, che lei si era persa a causa del sonno.
«Cavolo, lo sapevo che non dovevo spegnere la sveglia e girarmi dall'altra parte!», sbuffò.
«Io ero parecchio imbarazzata.», risposi.
«Come si può essere imbarazzati a stare con uno come lui?».
«Non sono imbarazzata a stare con lui, è solo che avere gente che mi guarda non mi fa sentire a mio agio. Non riesco ad essere la vera me, a lasciarmi andare, e soprattutto a scambiare effusioni in pubblico. Non so se sia per la timidezza, o per il fatto che considero momenti del genere un'esclusiva tra le due persone.
Non ho bisogno che gli altri mi vedano mentre dimostro il mio affetto ad una persona, mi basta che mi veda quella persona.», mormorai distrattamente, come se stessi parlando più a me stessa che con Dominique.
«Hai ragione. Ti capisco perfettamente. Certo la mia situazione è un po' diversa..», mormorò.
«Che intendi?», domandai.
«Che tu hai ragione, ma che comunque, se io potessi, bacerei Sophia in ogni angolo del castello, anche in Sala Grande davanti a tutti. Ma non posso, quindi..che sgabuzzini e Stanza delle Necessità siano.», disse, sospirando.
«Oh no, Dom!», esclamai, saltando in piedi.
«Che succede, Rose?», chiese, allarmata.
«Che ore sono?», domandai.
«Le dieci e dieci.», disse, perplessa.
«Dieci minuti fa sarei dovuta andare sa Scorpius negli spogliatoi, prima dell'arrivo di tutti gli altri voleva vedermi.», dissi, battendomi una mano sulla fronte.
«Cosa? Oh, è vero! Vai, vai!», urlò Dom, alzandosi e spingendomi.
«A dopo, Dom. In bocca al lupo!», urlai, mentre mi allontanavo.
«Crepi il lupo!», la sentì dire.
Mi misi a correre velocissima verso gli spogliatoi maschili di Serpeverde.
Quando arrivai, ebbi l'impressione di aver perso un polmone per strada.
Mi girai a controllare.
Nulla, era ancora nella mio corpo.
'E cosa ti aspettavi, di trovarlo qualche metro più dietro?'
'Si. Ho corso tantissimo.'
'Oh, ma taci! Sfaticata che non sei altro. Ora entra dentro lo spogliatoio e saltagli addosso.'
'Ma..'
'Vai!'
'Okay, okay vado, ma calmati.'.
Esitando, aprii la porta verde-argento.
«Scorpius?», chiesi, infilando la testa nella stanza.
Sembrava vuota.
«Weasley!».
Sobbalzai.
Ecco appunto, sembrava.
Scorpius uscì dal piccolo spazio dietro gli armadietti, quasi attaccati alla parete.
«Cosa ci facevi là dietro?», sbottai, entrando completamente nella stanza.
«Ti aspettavo per spaventarti.», ridacchiò.
Alzai gli occhi al cielo.
«Dai, tu sei in ritardo, siamo pari!», esclamò.
Risi, poi tutto d'un tratto si creò un silenzio imbarazzante tra di noi.
«Come mai mi hai fatta venire qui?», domandai, infine.
Si avvicinò a me, prese la mia coda ed incominciò a giocarci.
«Volevo solo stare un po' con te prima che arrivassero gli altri e prima dell'inizio della partita.», disse, chinandosi e dandomi un bacio.
Mi lasciò nuovamente senza fiato.
Le sue labbra erano così morbide.
Mi morse leggermente il labbro inferiore, in modo sensuale.
«Ho paura per la partita.», sussurrai sulle sue labbra.
«Non devi. Siamo pronti, più che pronti.», mi rassicurò.
«Ma i Grifondoro non scherzano. Conosco James, è bravissimo, e poi anche Lily e Dominique, Roxanne, sono fenomenali e-»
«Smettila.», mi interruppe bruscamente, staccandosi da me.
«C-come? Di fare cosa?!».
«Di elogiare così i tuoi cugini, come se fossero i più bravi del mondo.», continuò, guardandomi negli occhi. Aveva uno sguardo che non sapevo decifrare.
«Si, non nego che siano bravi, ma noi siamo meglio. E tu, per prima, dovresti pensare questo. Ma la verità è che non ci consideri nemmeno lontanamente all'altezza dei tuoi preziosi cugini. Sai cosa c'è? Se non credi in noi, non aspettarti la vittoria.», disse, freddo.
«Io non ho detto questo, Scorpius.».
«Ma lo pensi.», era irritato.
«No, non è così. Sono solo realista, Scorpius, sono bravi quanto noi. Giochiamo ad armi pari, non abbiamo nessun vantaggio.».
«È probabile di si, come è probabile di no. Ma se parti in modo così negativo, cosa ti aspetti?».
«Non è colpa mia. Sono fatta così. Non riesco a pensare positivo.. Si, insomma, sembro molto sicura di me, ma non lo sono poi tanto.», ammisi.
«Eppure sei in Serpeverde.».
«Smettila, non c'entra per forza che io sia in Serpeverde. Il fatto di appartenere a una casa non vuol dire che una persona è così e basta. Ci sono mille sfaccettature. Io non ho ancora capito cosa sono. Un momento mi sento in grado di spaccare tutto e quello dopo non ho neanche la forza di alzarmi in piedi. Un momento penso che tutto andrà bene, quello dopo invece che tutto precipiterà. Non so perché, ma è così. Ed ora, ora ho tanta paura per come andrà oggi.», sospirai.
«Dovresti credere di più in te stessa. E in me.», disse, addolcendo lo sguardo e riavvicinandosi.
Mise le mani a coppa e prese il mio viso tra le sue mani.
Incastrò i suoi occhi nei miei.
«Credi in me, Rose?», sussurrò.
«Credo in te, Scorpius.».
Catturò le mie labbra in un bacio mozzafiato.
«Andiamo a vincere.», disse poi, staccandosi da me, e sorridendomi.

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