Capitolo trentasette.

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Ritrasse subito la mano, sembrò quasi che una fiamma l'avesse appena scottata.

Gli occhi di Roberto, una volta che ebbe finito di scrutare il rigonfiamento, si fissarono negli occhi ansiosi della figlia.

"Perché non ce l'hai detto?" chiese, questa volta sicuro di sé ma utilizzando sempre un tono apprensivo.

Bene, erano arrivati velocemente a quel punto.

"Avevo paura" rispose Beatrice, tremolante.

"Di cosa? Non ti avremmo mica mangiato"

Beatrice scosse la testa "No, non capisci. Avevo paura di deludervi di nuovo" e gli occhi le divennero irrimediabilmente lucidi.

Abbassò la testa, avvertendo quel senso di inadeguatezza farsi più vivo dentro di sé. Pensò a Niall a come avrebbe tanto voluto averlo accanto in quel momento e a quanto fossero lontani. Solo in quel preciso istante capì veramente come si fosse sentito Niall all'inizio di tutta quella storia, qualche mese fa. E capì anche che, diamine, aveva sbagliato tutto fin dall'inizio: non è così che avrebbe dovuto dimostrare la propria maturità, non avrebbe dovuto nascondersi per tutto quel tempo aspettando che fossero stati i suoi genitori a cercarla. Avrebbe dovuto farlo lei, mostrare loro che ancora ci teneva ma che allo stesso tempo non aveva alcuna intenzione di tornare. Quanto tempo sprecato...

Passò così tanto tempo a rimuginarci sopra che non si accorse minimamente delle lacrime a scorrerle sul viso. Ma non le importava, non voleva più fingere, non voleva più nascondersi. Quelli erano i suoi genitori e le stavano offrendo aiuto. Entrambi, infatti, tesero le braccia e Beatrice non ci pensò due volte prima di gettarsi contro di loro. Proprio come aveva fatto qualche giorno prima con Laura.

E si sentì finalmente completa, come se finalmente tutti i pezzi del puzzle stessero andando al proprio posto.

Quando si staccarono, tutti e tre avevano la traccia di qualche lacrima sul viso ma allo stesso tempo quel sorriso a rendere tutto più bello e sereno.

"Oh, ti ho portato una cosa" mormorò Roberto ad un certo punto. Cavò fuori dalla tasca anteriore del jeans un piccolo cofanetto e... niente, a Beatrice mancò il respiro e non sentì assolutamente niente.

Si sentiva in sospeso.

L'aveva riconosciuto subito e continuò a guardarlo ad occhi sgranati mentre suo padre lo apriva e ne mostrava il contenuto.

E poi dal nulla, arrivarono mille emozioni: felicità, orgoglio, pace, fierezza e ancora felicità, così tanta che Beatrice non riuscì più a contenerla e sbucò fuori sotto forma di lacrime.

Quel bracciale, quel bracciale Beatrice lo conosceva benissimo: era stato il suo compagno di avventure per ben 18 anni prima che lasciasse casa sua. Gliel'aveva regalato suo padre quando era solo una neonata e appena fu abbastanza grande per indossarlo, non se ne separò più. Era azzurro, con un piccolo ciondolino a forma di delfino: lei adorava i delfini. Le piaceva quel bracciale, anche perché in così pochi secondi era riuscito a riportare a galla moltissimo avvenimenti felici. Ma, allo stesso tempo, la fece tornare al momento in cui, arrabbiata, aveva litigato con suo padre e gliel'aveva lanciato addosso prima di prendere quella stessa valigia e andarsene definitivamente.

Lo guardò con la faccia inondata dalle lacrime e, a causa della vista appannata, non si accorse nemmeno che suo padre, l'uomo che aveva temuto più di tutti, l'uomo severo che riusciva sempre a farsi rispettare, era messo nella sua stessa condizione. Sporse il braccio e lasciò che il bracciale le abbellisse il polso prima di baciare una guancia barbuta del padre.

Si sorrisero, contenti. Poi si asciugarono le lacrime e uscirono da quell'aeroporto diretti verso casa.

***

"Quindi, com'è che si chiama il tuo ragazzo?"

Beatrice sbuffò: sapeva che sarebbero arrivati a quel punto.

Roberto se ne accorse e allora continuò.

"Niall, giusto?" e Beatrice non aveva mai sentito una pronuncia così brutta del suo nome.

"Si pronuncia Naial, papà" gli spiegò.

"Neil?"

"Papà!" Beatrice si schiaffeggiò la fronte in un gesto esasperato.

Le risate dei suoi genitori rimbombarono tra le pareti dell'auto. La ragazza sbuffò per la seconda volta nel giro di pochi minuti, ma poi si lasciò andare in un sorriso divertito. Le era mancato tutto questo.

"È un maschietto?" chiese ancora Roberto, dopo un po'.

Beatrice capì subito a cosa si stava riferendo "Si" rispose quindi, seria.

E il silenzio calò dentro il piccolo abitacolo.

"Sai chi ti aspetta a casa?" domandò Laura cercando di smorzare il silenzio creatosi e usando il tono che utilizzava quando era piccola e le faceva trovare un nuovo regalo sul letto.

"Cosa?" chiese quindi, curiosa.

Roberto rise.

"C'è tua cugina Marina" disse "si aspetta di vedere te con Niall e tu lo sai quanto quella ragazzina ami gli One Direction"

Beatrice all'inizio si sentì delusa, perché si aspettava ben altro, ma poi si lasciò andare in una grande risata quando pensò alla faccia delusa di sua cugina quando non l'avrebbe vista insieme a Niall.

"A proposito del tuo fidanzato" riprese Roberto "come mai non è con te?"

"Fa il cantante ed è in Tour adesso, papà" e lui l'avrebbe potuta ascoltare altre miliardi di volte mentre lo chiamava papà.

Sorrise mentre la guardava.

"Me lo farai conoscere, vero?"

Beatrice annuì distrattamente mentre dal finestrino riconosceva i luoghi che era solita frequentare quando era piccola e che l'avevano vista crescere.

Adesso andava tutto bene.

Responsibility || Niall HoranWhere stories live. Discover now