Capitolo 49

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La vendetta è il territorio infinito delle conseguenze indesiderate. -Daniel Pennac

MONICA'S POV:

"Mi scusi, davvero. Sono desolata" corro a recuperare la teglia capovolta per terra, ma faccio solo peggio...non c'è più nulla da recuperare.

Viviana mi chiede come sto, ma io sto morendo d'imbarazzo e mi sento avvampare solo al pensiero del casino combinato.

"Tranquilla, noi comunque dovevamo andare da mia sorella dopo cena" risponde Viviana appena mi offre di riparare al mio danno cucinando sul momento qualcosa.

"Magari vi faccio qualcosa da portarvi via"

"Non ce n'è bisogno, davvero" interviene Adil facendomi allontanare dalla brodaglia per terra. "Che ne dici di riposarti un po'? Hai fatto tanto oggi"

"Sono desolata, non era mia intenzione rovinare tutto quanto."

"Non hai rovinato nulla, può succedere un po' di agitazione il primo giorno. Sali di sopra, ti fai un bel bagno e ti rilassi"

Perché sono così gentili con me?

"Non c'è bisogno che tu faccia chissà che delizie prelibate, anche una pasta al pomodoro ci va di lusso. Non sentirti sotto pressione, per favore" Viviana cerca di rassicurarmi, ma io voglio dare di più, il massimo.

Annuisco piano e aspetto che vadano via dalla sala pranzo per rientrare in cucina. Sento subito gli occhi riempirsi di lacrime, mi ero impegnata così tanto a preparare tutto nei minimi dettagli e per colpa di quel mostro adesso mi sento così umiliata.

Una lacrima scivola furtiva sulla mia guancia e mi affretto ad asciugarla, non gli permetterò di piegarmi in questo modo.

Sono una donna grande e fiera, un tempo questi atteggiamenti mi sarebbero anche andati bene, addirittura avrei abbassato la testa e avrei sopportato in silenzio, ma adesso no. Ho promesso a me stessa che avrei dato una svolta alla mia vita, che mi sarei sempre rispettata e messa al primo posto. È il mio momento.

Osservo i cancelli aprirsi e una jeep oltrepassare i cancelli, saranno Adil e Viviana che stanno uscendo per dopocena.

Apro la portafinestra per prendere un po' d'aria e i miei occhi vengono calamitati dall'acqua talmente trasparente della piscina che riflette la luna e le stelle in cielo. Mi guardo attorno e un'idea malsana mi porta a lasciare le scarpe sulla soglia e a zampettare sul prato trovando un immediato sollievo.

Dovrei accontentarmi di questo, invece mi spoglio di fretta e furia e mi butto in acqua. Muovo le braccia e le gambe velocemente mentre faccio diverse vasche che hanno subito un effetto calmante in me.

Cerco di scacciare tutta la frustrazione, tutta la rabbia, la delusione, i suoi occhi...entro in acqua e trattengo il fiato per diversi minuti. L'idea di poter sparire da questo mondo mi sembra un'a così ottima idea, risolverei tutti i miei problemi in un decimo di secondo...riabbraccerei mia sorella e starei finalmente in pace.

Riemergo dall'acqua e mi asciugo gli occhi, non capisco se dall'acqua della piscina o dalle mie lacrime. Faccio per uscire dalla piscina prima che qualcuno possa beccarmi dentro quando mi accorgo di non sentire nulla che regga i miei seni.

Con orrore abbasso gli occhi realizzando di aver perso il reggiseno. Il panico s'impossessa in me e mi ritrovo a cercarlo col cuore in gola, deve essere qui per forza.

"Hai perso qualcosa?" sento alle mie spalle e mi paralizzo immediatamente riconoscendo la voce di Lucifero.

Mi giro piano osservando la sua faccia da schiaffi che gongola con il mio reggiseno che oscilla fra le sue dita, brutto pezzo di merda.

Il brivido di amartiWhere stories live. Discover now