Capitolo 1

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"Un giorno, tre autunni". Un proverbio cinese usato quando ti manca qualcuno così tanto, che un giorno pesa come fossero tre anni.

GIORGIO A 16 ANNI:

"Gigio?" mi chiama in lontananza Ines.

"Sono qui!" grido correndo verso la sua voce, ha fatto in fretta.

Sento i suoi passi velocizzare e ci veniamo incontro nel nostro posto segreto. Le nostre case sono uno di fianco all'altra e le nostre famiglie hanno diversi etti di terreno in comune dietro, dove io e Ines ci divertiamo a giocare tra ulivi e tantissimi altri alberi di agrumi.

"Perché mi hai chiamata a quest'ora?" mi chiede Ines appoggiandosi contro il nostro ulivo.

Lo abbiamo piantato insieme anni fa e sta crescendo sempre più forte, come il nostro legame.

Butto per terra il borsone e chinandomi su questo lo apro di fronte a lei "Ci ho messo un po' di tutto: vestiti, cibo, gioielli, ho anche trovato questi in cassaforte"

"Che ci fai con un lingotto d'oro?" chiede incredula Ines abbassandosi al mio livello.

"Ne ho presi tre, non si sa mai"

"Sei impazzito? Perché l'hai fatto?"

"Scapperemo, stasera. Così nessuno potrà costringerti a partire e noi resteremo insieme"

"Giorgio." replica lei severa.

"Penserò a tutto io, è tutto nella mia testa. Ti fidi di me?"

"Credo di averti già detto che non sono costretta ed è una mia scelta andare a studiare in America. Ho vinto una borsa di studio prestigiosa, non posso lasciarmi scappare quest'occasione"

"Cosa te ne frega della borsa di studio, se sei ricca sfondata?" sbotto contrariato.

Ines incrocia le braccia e borbotta "I miei genitori lo sono, non io. Voglio cavarmela da sola"

"Ma hai solo 14 anni"

"E con questo? Non credi che sia capace di farlo?"

"Non credo di poter sopportare la distanza io, granchio" confesso alzando una mano ad accarezzarle una guancia.

Lei scuote subito la testa. Non le piace che la chiami così, ma i capelli rossi mi ricordano tanto il colore di un granchio ed è un soprannome che uso da troppo tempo, ormai è abitudine chiamarla così.

Ines si allontana di scatto dalla mia mano e sbotta permalosa "Dovresti essere contento per me. Io lo sarei, se tu partissi per inseguire un tuo sogno"

"Il mio sogno è tenerti al mio fianco sempre" faccio un passo nella sua direzione, ma lei indietreggia allontanandomi, non sa quanto mi fa male questo gesto.

"Smettila, ti prego" sospira lei stanca portandosi una mano in fronte "Mi stai...soffocando. Credi che io sia di tua proprietà e mi schiacci con le tue insicurezze, le tue ossessioni."

"Ossessioni?" poso le mani sui fianchi innervosendomi.

"Sì Giorgio, sei ossessionato da me!" quasi mi urla addosso agitando le mani.

Alzo un sopracciglio sorpreso dal suo tono di voce e faccio per replicare, ma lei continua a gridarmi in faccia "Non posso fare qualsiasi cosa che mi controlli sempre. Non vuoi che dia confidenza a nessuno, non vuoi che nessuno mi si avvicini...non è così che ci si comporta tra amici"

"Amici?" sputo schifato.

"Cugini o come ti pare" si corregge lei, ma non ha capito nulla. "Il punto è che io sopporto, sopporto e sopporto, ma a una certa scoppio anch'io. Non ce la faccio più con te"

Il brivido di amartiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora