Cap. 36 - Il buio attorno

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«Pensavo fossi più intelligente, stregone. Quante volte devo dirti che i tuoi poteri non hanno effetto su di me?»

«Mi reputo più intelligente della media, se proprio lo vuoi sapere. E non ti ho portato all'interno del mio dominio per attaccarti»

«E allora perch—»
La realizzazione colpì la voce che ora non era più incorporea, ma aveva delle fattezze ben definite. Gli abiti erano quelli di un'epoca lontana, i lunghi capelli scuri e lisci le ricadevano sulle vesti, e gli occhi, seppur completamente neri, esprimevano un'ira mai sopita.

«Il mio dominio si chiama Vuoto Infinito e si da il caso che tu sia la divinità del vuoto» iniziò a spiegare lo stregone. «Quindi, eccoci qui, nel tuo elemento, dove posso vederti. Sai, è da maleducati portare avanti una conversazione senza farsi vedere dall'altro»

«Questo non cambia niente. Non hai potere su di me, mentre io posso ucciderti da un momento all'altro. E, ti avverto, mi stai veramente facendo innervosire, umano»

«Dov'è Saki?»

«Al sicuro, lontana da te e da tutti quelli come te»

Forse, in fondo, aveva ragione. Era stato lui a convincerla a rientrare nel mondo della stregoneria, a rimettersi in campo fino ad arrivare a quello di battaglia, fino al punto dove si trovavano ora, quello in cui lei si era sacrificata per salvarlo. No, le cose non dovevano andare così. Non era questo che lui aveva voluto.

Ma aveva qualche importanza ora ciò che voleva lui?

«Cos'è che vuoi? Vendetta? Ti aiuterò ad ottenerla. Ricchezze? Idem, nessun problema» disse Gojo.

«Voi umani non sapete cosa è il rispetto, non avete valori. Puoi continuare con le tue stupide offerte mortali, ma è solo una perdita di tempo. Saki ha chiesto il mio aiuto e per farlo ha dovuto sacrificarsi. Non disonorerò il suo sacrificio» rispose lei.

«Allora siamo d'accordo su qualcosa»

Con una rapidità fuori dal normale, lo stregone scagliò un attacco contro la divinità. L'enorme sfera rossa andò a impattare dove si trovava e l'esplosione che ne seguì non lasciava spazio a dubbi. Niente sopravviveva al bagliore rosso. Quando il fumo dell'impatto svanì, non c'era più traccia della divinità del vuoto.

Ma Gojo sapeva che non sarebbe stato così facile.

Si guardò intorno, ma neanche i suoi Sei-occhi riuscivano a scorgere una qualche traccia. Era abituato a notare qualsiasi cosa, per quanto minima. Eppure ora non c'era niente.

«È tutto inutile, stregone» risuonò la voce della divinità.

Gojo si concentrò ancora di più per cercare di localizzarla; sapeva che era lì da qualche parte. Ma dove?

E poi, a un tratto, fu avvolto dal buio. Non si trattava di un fenomeno esterno, della mancanza di luce su ciò che lo circondava. No. Erano i suoi occhi il problema. La divinità gli aveva tolto la vista e i suoi occhi, prima limpidi come acqua, ora erano iniettati d'inchiostro. Completamente neri. Come quelli di Saki quando usava la sua tecnica. Come quelli della divinità.

«Fammi almeno parlare con lei» provò a dire lui, cercando di mantenere la calma e la concentrazione, per non farsi prendere dal panico. Lo aveva colpito dove era più forte. E lo aveva fatto senza alcuno sforzo.

«Hai avuto le tue occasioni per parlare con lei. Ora è troppo tardi» rispose con tono fermo e risoluto la divinità.

In quel momento, incapace di vedere il mondo intorno a lui, tutto il peso della sua situazione gli crollò addosso. Erano state settimane pesanti: prima Shibuya, poi la morte di tanti compagni e —ciliegina sulla torta — Saki sparita. Tutta la sua solitudine, che di solito teneva chiusa in un angolo buio di sé stesso, uscì fuori e lo sommerse completamente. Era questo il prezzo per essere il più forte? Perché non era più così tanto sicuro di riuscire a pagarlo. Non senza di lei.

«Non ho mai pregato nessuno, tantomeno le divinità. Ma ti prego, devo dirle che mi dispiace, che è colpa mia, aveva ragione. Devo dirle che non è mai stato solo un gioco per me. Devo dirle di non avere paura del passato o del giudizio degli altri. E devo ringraziarla, perché solo con lei so chi sono veramente. E ora non so più niente» Cadde in ginocchio, sopraffatto da tutto.

Gli occhi, tornati color cielo, tremarono, incapaci ormai di trattenere le lacrime.

Non era la prima volta che qualcuno lo metteva a tappeto; certo, si trattava di rare evenienze, ma proprio per questo sembravano essere sempre piuttosto pesanti. Ma se l'ultima volta che era successo era un ragazzino, supponente e orgoglioso, ora aveva capito che c'era qualcuno per cui valeva la pena esistere: i suoi allievi e...

«Saki» mormorò tra sé. E subito tornò cosciente.

L'ultima cosa che ricordava era l'attacco della divinità e la sua disperazione. Si tastò il viso, non c'era traccia di lacrime. Non c'era traccia della divinità del vuoto. Ora di fronte a lui era rimasto solo il tempio abbandonato e la foresta che lo circondava.

Qualcosa andò a finire tra le sue ciglia.

Un fiocco di neve.

Quando aveva cominciato a nevicare? Quanto tempo era rimasto incosciente? Si guardò intorno, ancora spaesato e incapace di pensare al prossimo passo.

Fu allora che la vide.

Era distesa sulla neve che aveva già ricoperto il terreno. Tentò di correre, ma le gambe lo abbandonarono. Allora si precipitò da lei come poteva, trascinandosi sul terreno freddo.

«Saki!» disse, una volta raggiunta.

Ma non ricevette nessuna risposta.

Non era ferita; la sua vista era tornata a funzionare come al solito e riusciva a vedere che in lei era tutto nella norma.

Sembrava solo addormentata.

«Saki, svegliati. Ti sembra il momento di dormire? Devi rimproverarmi per tutto quello che ti ho fatto passare. Per favore, svegliati» disse portandole le mani sulle guance.

La teneva tra le braccia, viso contro viso, mentre la neve continuava a cadere su di loro. Fredda come la pelle di Saki.

Era stanco.

Voleva solo chiudere gli occhi, accanto a lei.

Inevitabile [Gojo Satoru]Where stories live. Discover now