Cap. 17 - Horror Vacui

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«Dobbiamo scappare, Nobara è in pericolo» disse Yuji.

«Non ce la faremmo mai, ha trasformato tutto il centro commerciale nel suo dominio» rispose Saki, mentre cercava di pensare a una soluzione che non li vedesse tutti e quattro morti lì dentro.

«Posso evocare Nue e farci trasportare più velocemente» propose Megumi.

«Non sappiamo comunque dove sia l'uscita e potrebbe colpirci da un momento all'altro e, lo sapete, ogni attacco all'interno del dominio va a segno»

Faceva parte della teoria base della stregoneria; il dominio era la forma più raffinata di una tecnica, che si trattasse di stregone o maledizione, e proprio per questo era l'arma più letale. La creazione del dominio, però, non era un'abilità scontata: richiedeva competenza ed energia superiori alla media e non tutti potevano raggiungere quel livello.

Peccato che la maledizione in questione lo sappia creare.

Ma che fare una volta dentro un dominio? L'unica soluzione era rassegnarsi? Saki continuò a ripercorrere tutti gli insegnamenti di Hiro, i libri di teoria, gli allenamenti con Gojo. Due erano le scelte: cercare di uscire dal dominio —e nel loro caso avevano già passato in rassegna questa opzione giungendo alla conclusione che era infattibile— oppure contrastare il dominio con un altro dominio.

Saki dubitava che i ragazzi avessero già raggiunto quel livello, lei stessa non aveva mai creato un dominio. Ma doveva provare. Anzi, ce la doveva fare, prima che fosse troppo tardi.

Chiuse gli occhi, fece un respiro e...

«Horror Vacui»

Ora non si trovavano più all'interno del centro commerciale, il dominio della maledizione era stato scalzato via; quello era il dominio di Saki.

Qui non c'era niente che somigliasse all'esterno.

Non c'era niente e basta.

Solo vuoto scuro.

Come lo erano diventati i suoi occhi.

E in quel nulla, in quell'assenza di tutto, la sensazione era quella di cadere, all'infinito, in un pozzo senza fondo.

Sulla faccia della maledizione era apparsa un'espressione smarrita che cominciava a trasformarsi in disperazione, perché era questo quello che faceva Horror Vacui: portava alla follia il nemico proprio grazie a quel senso di vertigine senza fine.

«Chiudete gli occhi e pensate a qualcosa di sicuro» disse Saki ai ragazzi.

Con un ghigno, anche il nemico fece suo il consiglio, serrando le palpebre.

Ma la maledizioni sono l'antitesi di un essere umano, non hanno quei sentimenti che rendono umani, per l'appunto, quelli che sostengono nei momenti di bisogno.

E, cosa più importante, Saki non aveva ancora attivato l'attacco del dominio.

«Ritorna al nulla» disse.

Fu un attimo; il corpo della maledizione si scompose in una miriade di particelle che rimasero sospese per una frazione di secondo. E poi nulla più.

C'era riuscita, era finita.

«Tutto a posto, ragazzi?» chiese, appena furono tornati tra le pareti ordinarie del centro commerciale.

«Signorina Saki, i suoi occhi...» esclamò Itadori.

«Non vi preoccupate per me. State bene?»

I due studenti fecero un cenno di assenso, mentre Nobara sembrava ancora senza sensi, ma fuori pericolo.

Che è stato?

Quando Saki aveva creato il dominio si era sentiva pervadere da un'ondata di potere, simile a quando aveva tolto il sigillo, solo più forte e vivo stavolta, pulsante.

Come se non avesse aspettato altro.

Ma forse non era lucida e stava esagerando ciò che era successo in realtà; era stata una giornata lunga, ci avrebbe riflettuto più tardi.

In quell'istante il velo cominciò ad alzarsi e Saki non poteva che esserne felice; potevano tornare a casa. E fu ancora più felice quando vide una figura scura avvicinarsi, il bianco dei capelli in netto contrasto con tutto il resto.

«Questo è quello che succede se vado via qualche giorno?»

«Prof!»

«Che ci fai qui, Gojo?» chiese Saki.

«Ho ricevuto una chiamata allarmata» rispose lui.

Utahime!

Saki non ce la faceva a guardarlo; avrebbe dovuto mettere da parte qualsiasi tipo di insensata riluttanza e fare lei quella chiamata, invece di lasciare che fosse il suo rapporto con Gojo a dettare le scelte che aveva fatto e finire per mettere a rischio le vite dei ragazzi. Non c'era da meravigliarsi se ora nel tono dello stregone sentiva un risentimento celato e nella sua postura una rigidità che non gli apparteneva.

«Forza, andiamo. Nobara deve essere visitata e a voi serve un po' di riposo» disse alla fine il professore.

Finalmente si incamminarono verso l'uscita, dove una macchina li stava aspettando per riportarli all'istituto. Saki rimase a qualche passo di distanza dal gruppo, cercando una scusa decente per tornare direttamente a casa.

«Non male come prima missione, eh» disse Gojo.

Si era fermato per aspettarla, le mani in tasca e gli occhi imperscrutabili dietro la benda; per Saki era difficile decifrarlo. Era arrabbiato? Doveva chiedere scusa?

«Mi dispiace, avrei dovuto avvertirti io, però—» cominciò a dire, le parole confuse che uscivano dalla bocca.

«Naa, tranquilla. Tutto è bene quel che finisce bene, no?»

«Non sei arrabbiato con me?»

«Perché dovrei essere arrabbiato con te?» domandò a sua volta, con un sorriso che sfiorava la risata.

Eppure Saki era convinta di aver visto un'ombra sui lineamenti di Gojo appena era arrivato, ma ora, davanti a quel sorriso e alla mano tesa che la stava aspettando, decise di mettere da parte qualsiasi dubbio.

Inevitabile [Gojo Satoru]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora