Cap. 27 - Sangue

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Si trovavano ancora a letto, Gojo appoggiato allo schienale e lei seduta sopra di lui con addosso la camicia dello stregone.

«Non puoi capire che strazio è stato condividere le terme con degli adolescenti» stava dicendo.

«Ah, sì? Quindi non era la tua la voce quella che sentivo insieme agli strilli divertiti di Yuji e Panda?» lo prese in giro lei.

Per quanto si sforzasse, non si era scordata di ciò che le aveva detto Shoko, non poteva. E le parole della dottoressa la assalivano senza preavviso, com'era successo in quel momento.

«Chi lo sa» rispose lui serrando la presa sulle cosce di Saki, dove teneva le mani.

Com'era Satoru da studente? Saremmo andati d'accordo?

E fu in quel momento che un'immagine si fece strada nella sua testa.

"Eravamo un'unica cosa, in tutto e per tutto".

«Che è quell'espressione seria? Ti sto forse annoiando con le mie disavventure? Perché sarebbe impossibile»

«No, infatti» rispose lei con un sorriso appena accennato.

Ma la sua mente ormai era da un'altra parte.

«Allora che c'è?» insistette lo stregone afferrandole entrambe le mani, le venti dita sovrapposte.

«Niente, pensavo solo che mi sarebbe piaciuto conoscerti a quell'età»

«Da studente? Beh, ammetto che ero più immaturo. E irresponsabile forse»

«Eri?» chiese fingendo un'espressione divertita, tentando di allontanare tutto il resto.

«Certo! Prima pensavo solo a divertirmi con i miei compagni, ora invece sono un professore, ho delle—»

Vedendo l'espressione di Saki, Gojo si bloccò a metà frase.

«No, cioè, non ero così male, sul serio. Sono sempre stato il migliore, lo sai, vero?» disse cercando di riprenderla da quel vortice scuro in cui stava cadendo.

«Saki?»

«Tutto ok, è solo che... Mi dispiace non...» farfugliò lei, alzandosi.

Ancora quelle immagini. E poi altre di passati mai stati. E di futuri ipotetici.

Entrò di corsa al bagno e, prima che le lacrime rompessero del tutto gli argini, si sciacquò il viso. Allo specchio, però, poteva vedere ancora gli occhi rossi che la guardavano imploranti.

«Sul serio? Ti faccio questo effetto?» chiese Gojo che l'aveva raggiunta e ora se ne stava appoggiato alla porta.

Saki scosse la testa e si voltò a guardare un punto non definito, ma opposto allo stregone.

Lo udì avvicinarsi e poi si sentì avvolta dal suo calore: Gojo la aveva abbracciata e le accarezzava i capelli. E Saki si sciolse completamente, diventando un tutt'uno col fiume di lacrime che le sgorgava dagli occhi e andava a bagnare il petto di Satoru.

«Shoko mi ha detto delle cose» riuscì a dire alla fine.

Non ci fu risposta da parte dello stregone, così continuò.

«Di te e lei e Geto. È vero?»

Ora Saki si era allontanata e lo guardava negli occhi dove vi cercava una risposta; ma non servì scrutare a lungo.

Gojo fece un cenno di assenso con la testa.

Era l'ultima speranza a cui si era aggrappata, ma ora lui glielo aveva confermato.

«Sono cose di dieci anni fa» disse lo stregone.

L'espressione di Saki doveva essere terrificata, perché Gojo sentì la necessità di giustificarsi.

«Eravamo giovani, in un periodo particolare»

«Quindi è tutto vero?» domandò lei, più rivolta a se stessa che a lui.

Si asciugò le lacrime cercando di ripassare in rassegna ogni parola, ogni comportamento di Gojo per trovarvi le conferme di quelle accuse. Una fredda lucidità era subentrata allo sconforto.

«È stata così carina da dirmi anche che ti sei sempre stufato di tutte le ragazze con cui sei stato, e sembra siano tante. Quindi con me è questione di giorni, o settimane al massimo, no?» Saki sputò fuori tutto il dolore che quelle parole le avevano causato.

«Shoko non aveva il diritto di dirti certe cose»

«Ma ha ragione, non è così?»

Gojo non rispose, ma continuava a guardarla con attenzione.

«È per questo che non hai mai avuto una fidanzata; dopo un po' ti annoi. E perché con me dovrebbe essere diverso?» lo incalzò lei.

«Perché mi piaci»

«Come ti piacciono tutte, poi passa. Anzi, probabilmente ora che non ho più il sigillo, ti sarai già cominciato ad annoiare»

Gojo scuoteva la testa; sapeva che ogni cosa che in quel momento usciva dalla sua bocca suonava nel modo sbagliato.

«E poi anche tua madre, quella volta...»

Ogni pensiero, ogni ricordo si tingeva di nero e non faceva che convincerla che tra di loro era destinata a non funzionare. Come era stata cieca! Il modo in cui era iniziata, gli avvertimenti di Utahime, la freddezza della madre di lui e infine le parole di Shoko.

«Saki, perché ti stai facendo condizionare dal giudizio di altre persone?»

«Perché a quanto pare hanno ragione»

«Quindi per te hanno più peso le loro parole rispetto al tempo passato insieme?»

«Non so nemmeno con chi ho passato tutto questo tempo. Chi è Suguru Geto per te? Perché non me ne hai mai parlato? Finora ho pensato di stare con il vero Satoru, non con "Gojo Satoru", ma me lo sono immaginata, non è così?»

Negli occhi dello stregone si spense qualcosa, l'azzurro acceso si dipinse di una sfumatura opaca.

«Non sono come te, non posso cambiare chi sono. Mi dispiace» rispose lui dopo qualche secondo.

Saki rimase immobile, incapace di muovere anche solo mezzo muscolo. Il rumore della porta di casa che si richiudeva la scosse e, come risvegliata da un incantesimo, sentì il corpo cedere: prima gli occhi inondati dalle lacrime, poi le gambe che non riuscivano più a tenerla in piedi.

Da dove veniva tutto quel dolore? Le parole di Shoko avevano lasciato tagli profondi, così come l'incontro con la madre di Gojo. E poi quella prima volta finita male, una ferita che non si era mai cicatrizzata del tutto. Ma adesso c'era un dolore più fresco, da cui sgorgava sangue rubino.

Erano state quelle ultime parole.

"Mi dispiace".

Era stato quello sguardo rotto.

Inevitabile [Gojo Satoru]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora