Cap. 21 - Come pioggia

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«Non pensavo ti servisse una macchina» disse lei salendo e chiudendo lo sportello.

«No, infatti. Ma la gente normale può rimanerci male se mi teletrasporto»

Per caso alludeva ad altre ragazze? Era possibile, d'altra parte Gojo non era solo lo stregone più forte, ma anche un ragazzo. Saki si voltò verso il finestrino per nascondere l'espressione infastidita che quel pensiero le aveva causato.

Ma ovviamente Gojo non era uno qualunque e se ne accorse subito.

Allungò una mano e la posò sulla coscia della ragazza, stringendola leggermente. Allora Saki si voltò verso di lui e trovò ad aspettarla il solito sorriso che puntualmente le faceva perdere un battito.

Com'era possibile che riusciva a farla sentire sempre così?

«Andiamo fuori città?» chiese lei, cercando di nascondere l'effetto che lui le provocava.

«Più o meno»

Gli edifici cominciavano a diradarsi, mentre la strada davanti a loro si apriva sempre di più al panorama. Continuarono per un po' sulla strada principale, prima di prendere un'uscita e addentrarsi in una zona dove la presenza delle abitazioni si era diradata notevolmente; gli alberi, indisturbati, scorrevano accanto a loro, i profili sfocati l'uno nell'altro. Alla fine arrivarono in un parcheggio, circondato anch'esso dalle piante, dove l'unica impronta umana era una scalinata di pietra che si faceva strada in mezzo al bosco.

Saki continuava a non avere idea di dove potessero trovarsi, ma doveva ammettere che quel posto —qualunque cosa fosse— aveva un che di rassicurante e di pacifico.

Si avviarono per le scale e, una volta arrivati in cima, dagli ultimi gradini cominciò a delinearsi la figura di un edificio imponente e inaspettato in mezzo a tutto quel verde.

Un tempio.

Il modo in cui si presentava all'occhio lasciava chiaramente intendere che si trattava di un tempio ancora in uso; tutto era curato nei minimi dettagli e la ricchezza delle decorazioni faceva sottintendere l'importanza di quel luogo.

Chissà a chi è dedicato.

Una figura uscì dal pergolato per andare incontro ai due stregoni.

«Gojo-sama, è un onore avervi qui» disse l'uomo inchinandosi leggermente. «E avete portato un'ospite» aggiunse spostando lo sguardo.

«Lei è Mizuno Saki» la presentò lo stregone.

«È un piacere accogliere gli ospiti del nostro signore»

«Se non è un problema, andiamo nel padiglione privato»

«Come desiderate»

L'uomo si fece da parte con un altro inchino e i due si incamminarono all'interno del tempio.

«"Gojo-sama"? "Il nostro signore"?» chiese divertita Saki.

«Sì, beh... Questo è il tempio principale della famiglia Gojo. È qui che si riunisce il mio clan per fare tutte quelle cose noiose»

«E vi riunite spesso?»

«Naa, una volta l'anno e ti assicuro che basta e avanza»

«Quindi il tempio è dedicato...» provò a indovinare Saki.

«A me. Per essere precisi al Sei Occhi»

«Ti considerano una specie di divinità? Anche la tua famiglia più ristretta?»

«Che ci vuoi fare, sono nato così»

«Mi sembra che non ti dia fastidio»

«Sì, in effetti mi piace essere al centro dell'attenzione, però venire adorato, dalla tua stessa famiglia... Può essere un po' strano. E poi non è che io abbia mai avuto la possibilità di dire la mia: è sempre stato così e basta. Tu, invece, hai deciso di non essere più quella determinata persona e hai cambiato vita. Ti ho invidiato un po', sai?»

«Tu hai invidiato me? E comunque non era la scelta giusta, l'ho capito grazie a te»

«O forse per colpa mia» disse Gojo dandole una spinta per gioco, a cui Saki non poté che rispondere sorridendo.

Parlando, avevano attraversato tutto il padiglione ed erano usciti sulla terrazza.

Saki rimase senza fiato: davanti a lei si stendeva la città che, però, da lassù, sembrava un paesaggio dipinto. Le luci, che cominciavano a farsi vive nel crepuscolo, rendevano la vista ancora più incredibile.

«Non male, eh?» disse Gojo guardandola divertito.

Rimasero lì a parlare, persi in un flusso di parole che sembrava non volersi interrompere.

Una goccia cadde sulla fronte di Saki, seguita da un'altra e poi altre mille, fino a diventare una cascata violenta e improvvisa che, aiutata dal forte vento, li costrinse a ripararsi sotto la tettoia. Ma la forza del tifone era talmente esplosiva che li aveva inondati nel giro di qualche secondo, così ora si ritrovavano entrambi con i vestiti e i capelli completamente fradici.

Con le mani Saki provò a spostare qualche ciocca di capelli che si era attaccata al viso, passando poi a guardare com'era la situazione nella zona vestiti: una tragedia!

Si voltò, allora, verso Gojo e vide che anche lui aveva tutti i vestiti incollati al corpo, mentre con le mani si portava i capelli argentati indietro.

Rimase ipnotizzata da quella visione e per un attimo non sentì più il freddo dei vestiti bagnati.

Gojo si accorse di quello sguardo e le rispose col solito sorriso.

«Questo non era in programma» aggiunse poi divertito.

Saki tornò a guardare il panorama, beccandosi a sorridere a sua volta.

Quel ragazzo la stupiva sempre più ogni giorno. Aveva mai provato qualcosa di simile? Probabilmente no, e la parte più spaventosa era che quello stesso sentimento non aveva intenzione di calmarsi. Se avesse dovuto spiegare con precisione ciò che provava, l'avrebbe paragonato al suo dominio: una caduta infinita.

Ironico, no?

Fu il tocco di una carezza sulla sua guancia a riportarla da lui: la mano Gojo le sollevava il viso e Saki, seguendo quell'invito, si voltò a guardarlo. Era arrivata quasi a odiare le lenti scure che tutte le volte le nascondevano i suoi occhi preferiti, ma non riuscivano a smorzare del tutto l'azzurro intenso che, ora come sempre, la trasportava in mondi diversi, dove esistevano solo loro due.

Il pollice dello stregone era passato ad accarezzare le labbra di Saki, che ormai non potevano più rimanere digiune.

Furono accontentate l'attimo dopo, quando quelle di Gojo le raggiunsero.

Un bacio quasi candido, tenero. Non c'era l'impeto che li aveva sopraffatti le volte precedenti; stavolta le labbra non si rincorrevano, ma rimanevano ferme, come se parlassero una lingua tutta loro.

E Saki percepì perfettamente che in quel discorso muto c'era tanto altro.

Inevitabile [Gojo Satoru]Where stories live. Discover now