EPILOGO

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Mi avevano odiata in molti dopo aver scelto di scappare da Los Angeles e da tutto ciò che avevo vissuto, quando avevo scelto di lasciare il mio cuore lì, insieme a Beth, Josh e soprattutto insieme a Damon. Sapevo che non avrebbero compreso tutti le ragioni che mi avevano portata a prendere una simile decisione, come sapevo che qualcun altro invece, aveva provato a capirmi. La mia vita era qui ormai, in Italia, con mio fratello e la sua ragazza Sabrina, con mio padre che non mi mollava un attimo e con Gabriele, mio nipote nato due giorni fa e soprattutto con mio figlio che tra due mesi avrei avuto tra le braccia. Faceva caldo, era inizio aprile ma si sentiva già l'aria diversa, non vedevo l'ora di avere mio figlio tra le braccia anche se avevo paura che somigliasse troppo a lui. Erano successe un po' di cose durante i miei sette mesi di gravidanza, Philip ed io avevamo trovato un lavoro, lui in un panificio e aveva imparato a fare il pane così bene che delle volte lo faceva anche a casa per noi, e pensare che a Los Angeles era in grado solo di minacciare le persone. Anche qui lo faceva, solo quando i ragazzi mi si avvicinavano e ci provavano con me, nonostante fosse ben evidente la mia gravidanza, li intimoriva così tanto che scappavano via. Io ero riuscita a trovare lavoro in uno studio di fotografia, avevo comunque seguito la mia passione, anche se adesso ero in maternità, con il pancione non riuscivo a lavorare bene o a stancarmi poco. Avevamo preso un appartamento accanto casa di mio fratello, mio padre ed io, così da non dover pesare sempre sulle sue spalle e poi eravamo abbastanza vicini nel caso in cui avremmo dovuto correre in ospedale. Dall'ultima ecografia era uscita una novità, nella mia pancia crescevano due meravigliosi bambini, un maschio e una femmina, così eravamo tutti contenti e nessuno si offendeva per aver perso la scommessa durante il gender reveal, l'avevo visto fare praticamente a chiunque e avevo voluto farlo anch'io anche se non avevo fatto le cose in grande come gli altri, avevo semplicemente mandato mia cognata a prenotare i palloncini, soprattutto quello grande e nero che era il principale, avevamo allestito la nuova casetta con delle decorazioni e tutti insieme avevamo fatto questa piccola festa. 

Philip scoppiò il palloncino con me quella sera, si era pure emozionato. Da allora mi ripeteva che voleva che lo chiamassi come lui, poi la femmina potevo decidere io come chiamarla. Non sapevo se avrei voluto chiamare mio figlio Philip, io volevo un nome italiano visto che amavo l'Italia e poi mio figlio crescerà qui, vedrò in ogni caso avevo qualche idea sui nomi per i miei figli. Spesso mi capitava di stancarmi tanto anche se rifacevo il letto, così mi sedevo sulla poltrona in pelle nera che avevamo in soggiorno e mi massaggiavo la pancia, era diventato di routine farlo. Quando lo facevo, a parte sentire i calcetti dei miei piccoli, la mia mente vagava e pensava a lui ogni volta. Mi chiedevo sempre come stesse, se ricordasse una minima parte del nostro tempo passato insieme, se gli mancassi almeno quanto lui mancherebbe a me. Delle volte pensavo che tutto questo fosse sbagliato, che lui doveva sapere di queste due meraviglie che crescevano dentro me. Poi mi riprendevo e ricordavo a me stessa perché avevo scelto di partire. Mi piaceva lo stile di vita che avevo qui, ero molto più tranquilla e spensierata ma non era la mia vita, non lo era a pieno senza di lui. Sentivo sempre quel vuoto costante opprimermi, sentivo sempre il peso di questa decisione fin dentro le ossa. Mi era capitato di voler abbandonare tutto, di cedere mentalmente e dire a mio padre che volevo tornare lì, da lui. Mio padre era stato veramente il mio punto fermo qui in Italia, senza di lui sarei tornata indietro dopo il primo mese passato qui.

Lui mi aveva fatto ragionare, mi aveva detto le parole giuste al momento giusto.
Lui mi aveva consolata quando mi sentiva piangere chiusa nella mia stanza.
Lui mi aveva tenuto i capelli quando per i primi mesi avevo avuto nausee e vomiti.

Lui mi aveva accompagnata in tutti i negozi e i centro commerciali del mondo per comprare delle cose ai bambini.
Lui mi aveva portata in giro per Milano per farmi svagare un po' e per allontanare i pensieri negativi. Lui mi aveva sostenuta in ogni modo possibile, gli ero grata per questo, per esserci stato.

Ma non avete idea di quanto io in quel momento, abbia desiderato avere lui al mio fianco a fare quelle cose, l'avevo desiderato con tutta me stessa, ma desiderarlo non bastava per fargli tornare in mente tutte le cose passate, tutti i nostri momenti migliori e peggiori. Stavo bene qui, in Italia, a Milano con la mia famiglia, ma una parte di questa famiglia l'avevo lasciata lì, e non sapevo se l'avrei mai rivista, forse un giorno, chi poteva saperlo? Avevo capito che nella vita nulla era predetto, nulla era stato già scritto o predestinato dalle stelle. La vita era imprevedibile e in quanto tale, mille cose potevano accadere, anche se non era state programmate da noi, anche se non erano previste. E in cuor mio, avrei per sempre sperato che il destino l'avrebbe ricondotto da me.

Nothing is lost🌝Where stories live. Discover now