PROLOGO

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Hope, era questo il nome che mia madre decise di affidarmi alla mia nascita, un nome tanto insolito quanto speciale. Significava 'speranza', mia madre amava dare un significato importante, al nome che avrebbe accompagnato i suoi figli, per tutta la loro vita. Non so come sia possibile che io abbia portato speranza nelle loro vite, già prima di me, di mio fratello, erano sempre stati felici, una coppia felice che si amava da sempre. Ma non aveva importanza, mi piaceva avere un nome diverso da quello delle altre con cui, in ogni caso, avevo davvero poco in comune. Avevo da poco compiuto i diciotto anni, vivevo ancora con i miei genitori a Los Angeles, già, proprio nella città in cui non si dormiva mai. Non era vero, come si può immaginare, anche una città del genere aveva bisogno di riposare, ma io in particolare dormivo eccome. Dormivo per sfuggire alla realtà, perché dormire significava sognare ed io nei sogni avrei voluto viverci, ma siccome non mi era permesso farlo, mi ci rifugiavo. Andavo male in un compito? Quando tornavo a casa dormivo, e sognavo che quel compito era stato il migliore tra quelli della mia classe. Litigavo con un bullo? Dormivo e sognavo che il bullo in questione, fosse messo in punizione, poiché reagivo. Insomma, ogni motivo era una scusa valida per rifugiarmi nel mio mondo, nel mio sogno e fingere che le cose reali, fossero solo un mucchio di sogni andati a male, come la frutta che appassiva dopo un po' di tempo. Mio fratello non viveva più con noi, ormai era adulto e aveva preso la sua decisione, aveva seguito un'italiana per cui aveva perso la testa, era un matto ma sembrava così tanto innamorato che i miei genitori non gli fecero alcun problema. Andò a vivere in seguito la sua storia d'amore, in Italia. Si chiamava Thomas e non riuscivo mai a capirne il significato, che significato poteva nascondere un nome così banale? Non ne avevo la minima idea e probabilmente non mi interessava nemmeno saperlo.

 Frequentavo il quinto liceo in un istituto tecnico, studiavo grafica pubblicitaria, ero affascinata dalle foto e da tutto ciò che le caratterizzava, amavo modificare fotografie e ancor di più creare elaborati che rispecchiassero un tema ben preciso. Le foto non erano solo un modo per mettersi in mostra sui social, per vantarsi della propria bellezza, almeno per me non lo erano mai state. Le foto erano un istante rubato, catturato. Le foto erano il modo più semplice per imprimere un momento, un istante che volevi ricordare per sempre, anche se avresti perso la memoria, anche se avresti perso la capacità di intendere, le foto restavano lì, esattamente dove e come le lasciavi, per sempre. Ero incantata dai colori e dai tramonti, i paesaggi con il tramonto sullo sfondo erano quelli che più amavo fotografare, ogni tramonto era caratterizzato da sfumature di colori diverse, ogni tramonto era magico a modo suo. Imprimere quei colori accesi, quelle nuvole che prendevano forme strane e che delle volte sembravano mimare degli oggetti, era come se possedessi un potere, quello di ricordare sempre le belle sensazioni provate, anche solo riguardando una semplice fotografia. Ero sempre stata una semplice ragazza, solare e un inguaribile sognatrice, romantica e perché no, delle volte anche rompiscatole. Leggevo, guardavo serie tv come ogni normale adolescente e mi rifugiavo anche in esse, sognando ad occhi aperti di vivere prima o poi quell'amore travolgente di cui chiunque parlava nei libri, e di cui chiunque mostrava nei film. Non sapevo cosa volesse dire amare qualcuno, non l'avevo mai provato prima, eppure l'avevo visto.L'avevo visto tra i miei genitori ogni giorno da quando ne avevo memoria, l'avevo visto travolgere anche la mia migliore amica, Elisabeth e lei non era il tipo da cedere all'amore, alla felicità. Eppure, una volta l'aveva fatto e poi dovetti vedere come quest'ultimo l'avesse ridotta in piccoli pezzi da incollare. Era di un anno più grande di me, e al mio contrario, aveva mollato la scuola, dopo gli innumerevoli problemi che aveva già dovuto affrontare da anni, con la sua famiglia se così si potesse definire.

 Un'altra cosa che iniziai a fare, fu dare libero sfogo ai miei pensieri sulle note del mio iPhone, non le aveva lette nessuno e non le doveva leggere nessuno. Ciò che scrivevo doveva restare un segreto, doveva essere custodito sulle note del mio cellulare e basta, inoltre non erano niente di che, tutti potevano scrivere anche frasi migliori delle mie. Erano piccoli sfoghi dopotutto, nessuno avrebbe voluto leggere delle frasi scritte da una ragazzina. Due mesi fa, tra i corridoi della mia scuola, incontrai Josh, un ragazzo che frequentava un indirizzo diverso dal mio, un ragazzo che ad oggi era il mio fidanzato, il mio primo ragazzo. Avevo conosciuto l'amore per la prima volta, con lui. Nonostante la paura di fare la stessa fine di Elisabeth, mi ero fidata di quel ragazzo e non avevo sbagliato nel farlo. Era dolce, gentile, affettuoso con me. Era ciò che ritenevo giusto tra un mare di sbagli, era ciò che per me, sarebbe durato per sempre, come ogni ragazza della mia età, facevo l'errore di credere che una relazione iniziata ad un'età spensierata, possa durare in eterno. Ero arrivata a pensare che fosse il ragazzo perfetto per me, la mia anima gemella che tanto avevo cercato, che tanto avevo voluto conoscere. Più in là capii, capii che ero solo una bambina, illusa che la vita possa essere perfetta, una bambina che non riusciva a crescere. Capii che la mia fiducia in Josh era sprecata, capii che le favole non esistevano, erano solo un modo per illudere le persone. Capii che, per quanto lo volessi, il mio non era il finale che avevo sognato le innumerevoli notti, dove Josh sotto un manto di stelle, dichiarava il suo amore folle per me, dichiarava di voler passare il resto della sua vita con me. Lui non era il mio lieto fine, ed io non ero abbastanza saggia da capirlo, prima che un macigno mi cadesse addosso. Prima che Josh, si rivelasse essere l'opposto di ciò che credevo fosse, prima che Josh, mostrasse la parte oscura di sé, non prima di aver macchiato me, con la sua oscurità. Non lo capii in tempo o fu quel tempo a farmelo capire, non mi era ancora del tutto chiaro, ma una cosa la sapevo con certezza: sarebbe cambiato tutto di lì a poco. E di certo non sarebbe cambiato in meglio, sfortunatamente per me.

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