Imprevisti

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Arrivammo nel parcheggio del ristorante che stava appena fuori Duskwood. La prima volta che mi portò non scesi nemmeno dalla macchina, mi tremavano le gambe e gli chiesi di andare via. Non mi forzò, non lo faceva mai. Non mi spingeva mai a fare niente che non mi sentissi di fare e mi riportò a casa. La seconda mi bloccai sulla porta, ancora una volta chiesi di andare via e anche questa volta fui accontentata senza nessuna discussione.

Ha sempre rispettato i miei tempi, non so cosa gli abbia dato tanta pazienza, ci sono state delle volte in cui mi sarei mandata al diavolo da sola. La terza fu quella buona. Fanculo. Non c'era più, non potevo e non volevo più privarmi di vivere. Non lo meritavo io e non lo meritava Phil.

 Fui io a forzare me stessa, gli afferrai la mano trascinandomelo appresso un passo dopo l'altro e spinsi decisa la porta di ingresso prima che fosse troppo tardi, prima che potessi entrare in quel circolo di pensieri negativi che mi portavo dietro.

Era davvero un ristorante carino nonostante dall'esterno non gli avrei dato un centesimo. Quando uno pensa di andare dal cinese, si immagina subito grosse lanterne, arredi pacchiani oro e rosso, gatti con zampe dondolanti, in un miscuglio di cose che tanto un'occidentale non potrà mai comprendere. Invece rimasi piacevolmente stupita quando entrai.

L'atmosfera era soffusa, il personale discreto e che si muoveva silenziosamente, gli arredi moderni ed eleganti. Aleggiava un profumo delicato di cucina, non il solito odore pungente di cibi fritti. Alle pareti c'erano delle pianelle tutte a giro che sicuramente avevano un gran valore in quanto dipinte a mano una per una, in cui c'era disegnata una carpa nell'acqua, che incontrava durante il percorso altre raffigurazioni e alla fine del giro aveva assunto le sembianze di un dragone.

Fu Phil a raccontarmi la leggenda che narrava di una carpa coraggiosa che riuscì a risalire la cascata situata sulla porta del Drago, superando ostacoli e spiriti malvagi. Gli dèi, impressionati da tanto coraggio la trasformarono in un bellissimo grande drago. Entrando in quel ristorante io ero stata coraggiosa come quella piccola carpa, avevo superato i miei ostacoli e gli spiriti malvagi della mia mente.

Ed entrando feci la scelta giusta perché tra l'altro oltre a superare le mie ansie e i miei buchi neri interiori, scoprì che si mangiava deliziosamente bene.

"Preparati a spendere Hawkins, sono davvero affamata". Lui sorrise, memore dell'ultima volta in cui in realtà, avevo fatto il diavolo a quattro davanti alla cassa per pagare io il conto non sentendo ragioni, davanti alla titolare sempre sorridente e apparentemente paziente, che secondo me, in realtà, pensava che io fossi una strana stranissima donna che alzava la voce.

Quando in un locale ordini dicendo "Il solito" senza nemmeno guardare il menù, beh quello rende l'idea di quante volte tu sia andato lì.

Il solito arrivò svelto come sempre al nostro tavolo. Spezzai le bacchette per separarle e guardai Phil in segno di sfida. Mi aveva insegnato lui a usarle davvero e come spesso accade l'allievo superava il maestro. "No, l'ultima volta ho perso come un principiante, non ti darò la stessa soddisfazione due volte." mi rispose agitando le sue bacchette verso di me. Bofonchiai un fifone mentre già iniziavo a tirar su i noodles con verdure che furono seguiti da gamberi alla piastra e nel mezzo di tutto ciò ci infilai anche degli involtini primavera strepitosi e delle nuvole di drago intinte nella salsa piccante. Finimmo con calma e nei piatti non lasciammo nemmeno una briciola. Per me che sono negata a mettere insieme un pasto degno di questo nome, questo posto era ed è altissima cucina.

Ci alzammo per andare via, santo cielo mi sentivo scoppiare - vedi Alan che adesso la mia pancia è più grossa della tua? - e fu passando tra i tavoli che lo vidi seduto qualche metro più in là con la stessa donna. No diamine no, non tu di nuovo. Ma cos'è uno scherzo? No, non era uno scherzo e come lo avevo visto io, anche lui aveva visto me.

Lo aveva visto anche Phil seguendo il mio sguardo ma stavolta aveva pensato bene di farsi notare affiancandomi e stringendomi a sé in maniera inequivocabile mentre pagava il conto. Per un'attimo mi sembrò di vedere una strana espressione in quegli occhi blu che spiccavano in netto contrasto coi suoi capelli neri ma durò talmente poco che probabilmente me lo ero immaginato. Fortunatamente tornò a rivolgersi verso la sua compagna o quello che era.

"Certo che Duskwood è proprio piccola" esclamai una volta in auto. "Grazie per avermi protetta mio cavaliere " . Mi allungai sul sedile per baciarlo. Ovviamente non avevo bisogno di protezione, non per quel genere di cose almeno. Ma faceva piacere avere qualcuno accanto che si prendesse cura di te. E soprattutto nel mio caso, che ti impedisse di fare minchiate.

"Il dovere chiama. - disse guardando l'orologio- Devo andare al lavoro, vieni con me?" Non una parola sull'incontro fatto. Scelsi di andare a casa. Era ancora presto per piazzarmi da lui, avevo casa da sistemare e delle lavatrici da fare. Gli dissi che lo avrei raggiunto più tardi.  Una volta lasciata a casa accesi Alexa e le feci riprodurre della musica a caso. Odiavo il troppo silenzio. Il silenzio faceva pensare troppo e i miei pensieri erano delle grosse incognite. Mentre mi accingevo ballando ad avviare l'ultima asciugatrice cominciai a notarlo.

Un suono ritmico e continuo. Non poteva essere, non abbaiava quasi mai. Spensi Alexa, mi sporsi dalla finestra e invece era proprio lui. Cerberus. Si era accorto di me e adesso abbaiava nella mia direzione. "Cosa c'è, non è ora di biscotti, la tua padrona mi manderà il conto del veterinario se continuo ad ingozzarti". Niente, non c'era verso che smettesse nonostante fosse un cane perfettamente educato.

Decisi di scendere a calmarlo prima che tutto l'isolato cominciasse a urlargli dalle finestre.
" -Ehi devi smetterla di fare casino -". dissi inginocchiandomi fuori dal cancello alla sua altezza. Strano che la signora non fosse intervenuta come faceva subito. Strano anche che fosse andata dalla figlia fuori città e non mi avesse avvisata come faceva di solito.

Continuava ad abbaiare a me e poi alla casa. Alla casa e a me. C'era decisamente qualcosa che non andava. Decisi di scavalcare il cancello, dopo aver suonato il campanello più volte. D'altronde chi vuoi che sgridi un poliziotto? Fu allora che la vidi. Frau Töpfer giaceva a terra nel patio tra la casa e il giardino. Oh merda. No no no. Corsi da lei col cuore in gola. Le poggiai due dita sul collo. Era viva. Santo cielo era viva e io ripresi a respirare. Doveva essere caduta o svenuta, non lo sapevo.

Non aveva ferite a eccezione di un ematoma che cominciava a comparire su parte del viso. Chiamai subito l'ambulanza che fortunatamente arrivò subito. Appena si riprese raccontò di essere scivolata mentre andava in giardino e da lì non ricordava nient'altro. La parte peggiore della caduta fu che si era sicuramente rotta il femore e mi dissero che non sarebbe tornata a casa per almeno un mesetto.

"-ti prego Hailey prenditi cura di lui altrimenti non vado da nessuna parte-" mi disse indicando il suo fedele compagno. Solo dopo che glielo promisi accettò di farsi caricare in ambulanza. Madonna avevo perso due anni di vita a vederla stesa li. Guardai il grosso cane e pensai al mio piccolo appartamento. Un elefante in un negozio di porcellane.
E adesso che ci faccio io con te?

I'm here (Italian Version)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora