Capitolo 14

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Il fastidioso allarme di una sveglia interrompe il mio sonno.
Sento dietro di me, Tae che si allunga per spegnerla o posticiparla, per poi tornare ad abbracciarmi appoggiando la testa sulla mia spalla.
«Buongiorno, che ore sono?» chiedo confusa, stropicciandomi gli occhi.
«Le sette e mezza» sussurra al mio orecchio. Un brivido mi attraversa.
«Oggi non vado all'università...» affermo, non sentendomi ancora pronta ad affrontare le persone al di fuori di questa casa.
«Era già in programma e ne abbiamo parlato ieri che non ci andrai per un po'. Questa sveglia è per l'allenamento, che cominci anche tu».
«Non voglio alzarmi» piagnucolo, provocandogli una risata roca.
«Lo so che è bello stare tra le mie braccia...» sussurra con una voce sensuale.
«Hai resistito almeno un minuto nel tuo letto, dopo aver spento la lampada?» domanda subito dopo.
Scuoto la testa, facendolo ridere più forte e stringere di più l'abbraccio.
«Non mi dispiace averti qui. Almeno non devo accendere il camino per il freddo: sei caldissima» mi informa e sento le mie guance andare a fuoco.
«Lo so. La mia temperatura corporea è leggermente più alta della tua» borbotto ovvia, sapendo di averla intorno ai quaranta gradi.
Mia madre ha sempre pensato che fossi calda, ma il fatto che non volesse usare la tecnologia e per provare la temperatura usasseancora il termometro a mercurio andava a mio favore e, tutte le volte, prima di mostraglielo, lo tiravo fuori e facevo scendere la temperatura sbattendolo dalla punta.
«Potrebbe essere anche un poco più alta» mi volto incuriosita per guardarlo «Da quando Meg non c'è più, c'è stata una variazione e sia io che gli altri ragazzi l'abbiamo notato; è per questo che Namjoon ieri sera ti ha messa alla prova». Annuisco, guardando la maglietta un po' larga che indossa.
«Onestamente non pensavo che venissi qui dopo ieri sera...» ammette, forse un po' imbarazzato.
Gli chiedo il motivo, incuriosita.
«Pensavo che saresti andata a dormire con Jimin. Ieri sera sembravate così vicini, mentre guardavamo il film» sollevo lo sguardo per guardarlo in faccia e mi ritrovo con il suo viso così vicino che i nostri nasi quasi si sfiorano.
«Io e Jimin siamo solo amici» mormoro, perdendomi nei suoi occhi venati d'oro.
«E io e te non siamo amici?» chiede lui con un sorriso appena accennato e con quello sguardo intenso nel mio.
Ringrazio la sveglia che riprende a suonare e salto fuori dal letto, correndo nel bagno con Tae che mi urla dietro di tornare lì.
Chiudo la porta dando un giro di chiave perché so che non si farebbe problemi a entrare.
Lego i capelli in una crocchia e mi lavo la faccia. Poi, riprendo lo spazzolino che ho usato ieri e mi lavo i denti.

«Muoviti che vorrei lavarmi i denti anche io» sento la sua voce attutita dietro alla porta.
«Un secondo» esclamo, andando ad aprire la porta.
Entra mettendosi alle mie spalle mentre mi lego meglio i capelli in una coda alta.
«Dobbiamo parlare» afferma con le braccia incrociate, facendo incontrare i nostri sguardi nello specchio.
«Siamo amici» rispondo e lui mi guarda con un sopracciglio alzato.
Faccio spallucce e mi dirigo verso la cabina armadio.
Mi cambio in fretta indossando una tuta e una maglietta maniche corte chiara.
La felpa sarà gentilmente offerta dal ragazzo in bagno.
Apro l'anta da cui avevo preso quella nera, il giorno prima.
Ne trovo un'altra dello stesso colore ma con la cerniera, sorrido soddisfatta, prendendola dalla gruccia.
«Cosa stai rubando ancora?» domanda Tae facendo il suo ingresso in pigiama.
«Niente» rispondo, mentre indosso l'indumento.
«Ti ho già detto che non mi piace condividere...» ripete, come il giorno prima.
«E io ti ho risposto che dovresti imparare a farlo». Esco dalla cabina armadio con un sorrisetto, ma subito mi rendo conto di non sapere dove andare.
Mi volto per chiedere informazioni, ma il riccio mi da le spalle senza maglietta mentre fruga in un cassetto e io mi soffermo a guardarlo: ha un fisico asciutto con i muscoli ben definiti in bella mostra.
«Invece di stare sulla porta a fissarmi, potresti dirmi di cosa hai bisogno...» resta ancora di schiena senza voltarsi.
Mi sento avvampare e mi si incolla la lingua al palato sino a quando farnetico un: «Non so dove andare». Continuo ad essere attratta dalla linea nel mezzo che si interrompe quando raggiunge l'elastico dei pantaloni del pigiama.
A quel punto si volta, dandomi la possibilità di ammirare i suoi leggeri addominali e il suo petto muscoloso.
Fa un sorrisetto, sapendo di essere motivo di interesse.
«Non morderti il labbro, è già abbastanza difficile così» mi rimprovera, prima di infilarsi la maglietta che ha preso dal cassetto e avvicinarsi.
«Andiamo» sussurra a un soffio dal mio orecchio, uscendo dalla stanza. Lo seguo fino al soggiorno dove c'è il mio divano lettoche rifacciamo in silenzio e chiudendolo di nuovo in posizione sofà.

Checkmate | K.Th.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora