Capitolo 12

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Il viaggio verso casa di Meg si svolge in silenzio.
Mi trovo sul sedile posteriore dietro a Tae, che è al volante.
Il biondino è al mio fianco, dopo essersi aggiudicato il posto a seguito di una discussione con Hobi che voleva continuare a tenermi la mano nel caso in cui avessi avuto una nuova crisi.
Alla fine ha rinunciato contro la testardaggine di Jimin e si è accomodato sul sedile del passeggero.

Il riccio lascia la macchina proprio davanti alla casa.
Scendo dando un'occhiata alla mia piccola macchina grigia ancora parcheggiata lì, affiancata da quella dei genitori di Meg.
Cammino per il vialetto iniziando a pensare a cosa dire ai suoi, ma che altro posso dire se non mi dispiace?
Suono il campanello torturandomi le mani.
rivelando una signora bionda che conosco bene: è distrutta, gli occhi gonfi e arrossati, cerchiati da pesanti occhiaie violacee.
«Signora Jones...» le parole si interrompono sulle mie labbra e non riesco a proseguire la frase.
Le lacrime, che non hanno avuto occasione di uscire questa mattina, mi rigano le guance e, alzando lo sguardo, noto le stesse gocce sui suoi zigomi.
Vorrei scusarmi per non riuscire a blaterare nulla se non mi dispiace mentre mi ritrovo tra le sue braccia sottili.
«Oh tesoro... dai, vieni, entra» sussurra Margaret scostandosi.
«Voi ragazzi volete entrate?» domanda dolcemente la mamma di Meg guardando i tre, rimasti appoggiati alla macchina.
«Non si preoccupi, l'aspettiamo qui» afferma Tae con un sorriso triste.
«Vuoi una tazza di thè?» domanda, dirigendosi già verso la cucina.
La raggiungo scuotendo la testa. Quindi mi guida verso il divano in salotto, dove ci sediamo in silenzio.
«Mi sembra inutile chiederle come sta...» le dico sincera guardandola, mentre tiene lo sguardo puntato sul pavimento.
«Quante volte devo dirti di darmi del tu, ti considero come una figlia da anni, ormai» mi guarda accennando un sorriso.
«Non avrei mai voluto che fossi tu a trovarla, è una di quelle immagini che non ti dimenticherai e spesso causano dei traumi. Meggy non avrebbe mai voluto che la vedessi così l'ultima volta». Sto per ricominciare a piangere, soprattutto perché dovevo esserci io al suo posto.
«La ricorderò sempre sorridente o mentre rideva dopo una battuta stupida» sorrido al ricordo.
«La polizia ha scoperto qualcosa?» chiedo poco dopo per evitare questo triste silenzio così pesante e nonostante sono a conoscenza del fatto che non troveranno mai nulla se ci sono dietro gli Interdit.
«Non hanno nessun sospettato. Hanno analizzato alcune telecamere della zona ma non hanno trovato niente di sospetto. Credo che stiano aspettando che qualcuno si faccia avanti dopo aver visto qualcosa e possa aiutarli a seguire una pista» sospira facendo una pausa, mentre si sporge per prendere un fazzoletto dal tavolino «Non possiamo fare altro se non aspettare sperando di avere un po' di giustizia per Meg». Annuisco non dicendo nulla. Non riesco neppure a immaginare quanto sia doloroso perdere un figlio.
«Sai, quando sono arrivata questa notte, speravo che mi corresse incontro scendendo le scale, ma non è successo... Non l'ho neanche salutata prima di partire per il viaggio». Nuove lacrime solcano le sue guance e io le afferro una mano cercando di confortarla.
«Dov'è suo marito?» chiedo cercandolo con lo sguardo; volevo fare anche a lui le condoglianze.
«Sta riposando... è stata una notte stressante per entrambi» ammette portandosi la mano libera sul viso.
«Se vuole posso passare domani per farle un po' di compagnia» dico senza pensarci troppo volendo tirarla su di morale.
«Più che altro ti chiederei un po' di aiuto nell'organizzare il funerale... mi sembra ci siano così tante cose da fare».
«Si certo. Ora se non le dispiace, la lascio riposare».
«Grazie. Passi domani per le cinque?» annuisco e mi alzo dal divano, ricordandomi il motivo per cui sono qui.
«Dovrei recuperare la mia borsa con le chiavi della macchina, così posso liberarvi il vialetto». Margaret indica la borsa sull'attaccapanni, dicendo di averla trovata sul pavimento una volta rientrata.
Andiamo nell'ingresso e mi apre la porta, salutandomi calorosamente.
Scendo i tre gradini del portico e alzo lo sguardo sui ragazzi appoggiati alla macchina a chiacchierare. Rivolgono un cenno alla signora, prima che lei chiuda la porta.
Do un'occhiata al cielo, notando che da quando mi sono svegliata si è annuvolato oscurandosi.
«Vado io davanti, voi seguitemi» affermo tirando fuori le chiavi della macchina, una volta vicino ai ragazzi che mi guardano tristemente.
«Vengo con te». Jimin mi segue mentre vado verso la macchina.
Gli rivolgo un sorriso e insieme torniamo verso il vialetto.
Saliamo in fretta in macchina, metto la retromarcia e mi immetto in strada con il suv nero che si mette subito dietro di me.

Checkmate | K.Th.Where stories live. Discover now